Francesco e la ferita di Madhu

Il papa si è recato al santuario mariano che per centiania di anni ha rappresentato un punto d'unità per il Paese. Poi la guerra, i bombardamenti sui campi vicini divenuti villaggi di profughi e infine la rimozione della statua della Madonna per metterla al sicuro fino al 2010. Da questo luogo si riparte per rafforzare il processo di pace tra guerriglieri tamil e governo cingalese
Il papa a Madhu

Madhu, una parola che in tutto lo Sri Lanka ha un significato sacro, non importa a quale religione si appartiene. Ho visitato questo angolo sperduto dello Sri Lanka durante una tregua a metà del primo decennio di questo millennio. I segni del conflitto erano evidenti: distruzione dappertutto, strade pressoché impraticabili e interruzioni con posti di blocco da parte dell’esercito nazionale singalese. Nei villaggi fra Vavuniya, Mannar e Jaffna circolavano i giovani guerriglieri tamil del LTTE nelle loro tipiche tute paramilitari azzurre e nere. La cittadina, poco più di un villaggio, accoglie un santuario dedicato a Nostra Signora del Rosario, costruito circa quattrocento anni fa in tipico stile coloniale portoghese a Madhu. La distanza da Colombo, la capitale, non arriva a quella fra Firenze e Roma – solo 220 chilometri -, ma lo stato delle strade ed i posti di blocco costringevano ad un viaggio estenuante che poteva durare dalle 8 alle 10 ore e alcune volte anche di più. Eppure, Madhu, lo si avvertiva già in quei tempi bui, continuava ad essere un punto di unificazione del Paese.

Madhu rappresenta, in un certo senso, le contraddizioni della guerra combattuta in Sri Lanka e al contempo disegna il processo di riconciliazione intrapreso. Si trova nel cuore della regione per anni controllata dai guerriglieri tamil, ma fino allo scoppio della guerra era visitato da singalesi, cristiani e non. La statua della Madonna spesso portata in giro nelle diverse città e diocesi, raccoglieva centinaia di migliaia di persone, un vero punto di incontro e di integrazione. Lo stesso fenomeno accompagnava la celebrazione della festa annuale. Era normale affittare pulmini per partire da Colombo o, persino, da Galle all’estrema punta sud dell’isola, per una visita anche solo di una giornata a Madhu. Dal 1990 la chiesa ha ospitato migliaia di persone e la zona definita smilitarizzata divenne un vero campo profughi. Ciò malgrado, non gli sono stati risparmiati i bombardamenti, tanto che il santuario fu chiuso e la statua della Madonna portata via e messa al sicuro. Poté tornare solo nel 2010 e una grande folla partecipò, quel 15 agosto, alla tradizionale festa alla quale partecipano non solo i cristiani.

L’arrivo del papa in questo angolo dello Sri Lanka nella parte settentrionale non lontano dalla città di Mannar, è stato salutato da un mare di gente che ha accompagnato il momento con canti in lingua tamil e suono di tamburi. Bergoglio ha liberato una colomba, segno di pace, ma anche di giustizia. Anche qui papa Francesco non ha girato attorno ai problemi e alle ferite che bruciano ancora. «Ci sono famiglie qui oggi – ha detto – che hanno sofferto immensamente nel lungo conflitto che ha lacerato il cuore dello Sri Lanka. Molte persone, dal nord e dal sud egualmente, sono state uccise nella terribile violenza e nello spargimento di sangue di questi anni. Nessun Srilankese può dimenticare i tragici eventi legati a questo stesso luogo, o il triste giorno in cui la venerabile statua di Maria, risalente all'arrivo dei primi cristiani in Sri Lanka, venne portata via dal suo santuario».

A fronte della cruda realtà, non solo passata, ma ancora presente, Papa Francesco ha evocato la figura di Maria, come punto d’incontro fra uomini e donne di etnie e religioni diverse. «La Madonna è rimasta sempre con voi. Lei è madre di ogni casa, di ogni famiglia ferita, di tutti coloro che stanno cercando di ritornare ad una esistenza pacifica. Oggi la ringraziamo per aver protetto il popolo dello Sri Lanka da tanti pericoli, passati e presenti. Maria non dimentica mai i suoi figli di questa splendida Isola. Come è sempre rimasta accanto al suo Figlio sulla Croce, così è sempre rimasta accanto ai suoi figli srilankesi sofferenti. Oggi vogliamo ringraziare la Madonna per questa presenza».

Alla Madonna di Madhu, papa Francesco ha affidato anche il delicato periodo della ricostruzione non solo del Paese e delle sue infrastrutture, ma soprattutto dello spirito e dell’umanità della gente. «Vogliamo chiedere alla Madre Maria di accompagnare con le sue preghiere gli sforzi degli Srilankesi di entrambe le comunità Tamil e Singalese per ricostruire l'unità che è stata perduta. Come la sua statua è rientrata al suo santuario di Madhu dopo la guerra, così preghiamo che tutti i suoi figli e figlie Srilankesi possano ritornare alla casa di Dio in un rinnovato spirito di riconciliazione e fratellanza».

Il viaggio di Francesco si sta rivelando, quindi, un momento di grande importanza per tutto il Paese. Lo dimostrano anche alcuni commenti di personalità sia del mondo buddhista che di quello musulmano. AsiaNews riferisce il commento della dott.ssa Pushpa Ramlani, buddista e docente di scienze sociali a Colombo che a proposito del viaggio dice: «Èuna benedizione. Ho fatto il liceo al St. Ursula's Convent di Badulla e sono stata cresciuta nel rispetto di tutte le religioni, le culture e le etnie. Se desideriamo vivere in pace e in armonia nel nostro Paese, allora dobbiamo lavorare insieme. Gesù ha insegnato ad amare il nostro prossimo come noi stessi. Noi srilankesi dobbiamo pensarci come appartenenti a un'unica nazionalità, a prescindere dall'etnia, dalla fede o dalla casta di appartenenza. La nostra prima priorità deve essere quella di [creare] una società pluralistica. E credo davvero che anche il papa si auguri lo stesso». Anche Dinasena Rathugamage, un giornalista buddhista di Vavuniya al confine tra la regione singalese e quella tamil, ha riconosciuto: «Come buddista, ho grande rispetto per papa Francesco, perché è il leader spirituale di milioni di cattolici nel mondo. Egli rappresenta un esempio da seguire non solo per quello che dice, ma per come si conduce nella vita». L’attivista musulmano Abdul Rasak, impegnato nella difesa dei diritti umani, ha ammesso: «Anche noi amiamo questo papa perché è stato critico in passate occasioni, e ha fatto i passi necessari per risolvere alcuni scandali. Nel fare questo, egli ha mostrato che ci può essere una trasformazione sociale persino nella Chiesa. Questa è una buona lezione per tutti noi: i nostri leader politici e religiosi devono seguire il suo esempio».

Nonostante, la notizia del viaggio nel piccolo Paese asiatico sia stata relegata dalla stampa e dai media occidentali in generale a notizia di seconda o terza fila, l’impatto di Francesco anche con la gente dello Sri Lanka è stato forte e ha aperto strade di dialogo. Alcuni dei suoi interventi, ai confini del mondo – almeno per un’Europa ferita dagli eventi degli ultimi giorni –  se colti e adeguatamente diffusi potrebbero offrire spunti importanti per la pace, l’incontro delle culture e l’integrazione fra uomini e donne di fedi diverse.

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