Francesco e i rapporti con ebrei e musulmani

Il nuovo vescovo di Roma piace ai cattolici, ma riceve anche il plauso del rabbino David Rosen e del patriarca libanese maronita Béchara Boutros Raï
Papa Francesco

Il fenomeno di papa Francesco, quest’uomo scelto dai cardinali “dall’altra parte del mondo”, è sotto gli occhi di tutti. Mi dicevano, in questi giorni, alcuni teen-agers che per la prima volta i compagni di classe non li irridono per il loro impegno cristiano e, allo stesso tempo, alcuni intellettuali che si definiscono senza un riferimento religioso, stanno intessendo le lodi di quest’uomo che in due settimane ha cambiato l’immagine della Chiesa. Ovviamente, ora viene il momento delle scelte importanti, quelle che definiranno i primi anni del pontificato, ma non può non lasciare increduli, in un certo senso, l’eco unanime di affetto e ammirazione per il nuovo papa, per il suo stile sobrio, le sue scelte controcorrente nel quotidiano di un mondo da sempre misterioso ed ovattato, per l’osservatore comune, quale è il Vaticano. A conferma di questo, sorprendono le dichiarazioni rilasciate da leaders religiosi di due mondi, quello ebraico e quello musulmano, che si trovano sulla stessa lunghezza d’onda nei confronti di papa Francesco.

La agenzia Zenit ha pubblicato nei giorni scorsi due interviste molto interessanti, rispettivamente al rabbino David Rosen, direttore interreligioso dell’American Jewish Committee (AJC), che da anni occupa un ruolo di primo piano nel dialogo tra l’ebraismo e la Chiesa cattolica, ed al patriarca libanese maronita Béchara Boutros Raï, che ha riportato anche reazioni dell’ambiente dell’islam. Rosen ha sottolineato come alcuni “vaticanisti” avessero previsto, dopo Benedetto XVI e dopo Giovanni Paolo II, una diminuzione di interesse da parte della Santa Sede per i rapporti con gli ebrei. «Si sono tutti sbagliati», ha dichiarato con chiarezza il rabbino di Gerusalemme. Già le parole rivolte nel corso dell’udienza ai Delegati fraterni di Chiese, Comunità ecclesiali e Organismi ecumenici internazionali, Rappresentanti del popolo ebraico e di Religioni non Cristiane, fanno intravedere come «i rapporti giudaico-cattolici saranno un obiettivo importante di questo pontificato». 

In effetti, papa Francesco ha sottolineato con le sue parole la volontà di un impegno particolare per i rapporti giudaico-cattolici e, nota Rosen, «quando ha parlato durante la messa inaugurale, ha dato il benvenuto ai “rappresentanti ebraici e ai rappresentanti di altre religioni", quindi siamo stati gli unici rappresentanti, insieme ad altri gruppi cristiani, ad essere menzionati per nome».

Segni importanti, quindi, che non sono improvvisazioni, ma che vengono da lunghi anni di frequentazione ed amicizia fra il card. Bergoglio e la comunità ebraica di Buenos Aires. Rosen stesso ha ricordato quanto sia stata apprezzata la vicinanza del cardinale della capitale argentina in occasione dell’attentato contro il Centro AMIA in cui morirono 85 ebrei. «Lui fu uno dei primi ad arrivare sul luogo – ha ricordato l’esponente ebraico – per mostrare la sua solidarietà e anche per rilasciare una dichiarazione lanciando un appello alle autorità argentine per arrestare i colpevoli». Non solo, ma Bergoglio lo scorso anno ha tenuto nella cattedrale un evento commemorativo della Kristallnacht (Notte dei Cristalli). Inoltre, è importante notare come Rosen, osservatore attento e profondo conoscitore dei rapporti fra la Chiesa ed il mondo ebraico, di cui ha vissuto in prima persona gli ultimi due decenni, apprezzi il contributo dei due papi che hanno preceduto Francesco. «Il pontificato di papa Benedetto XVI – ha dichiarato – è stato estremamente importante e penso che molte persone nella comunità ebraica non capiscano quanto sia stato importante. Infatti, non solo ha seguito le orme di Giovanni Paolo II e in un certo senso le ha estese – per esempio ha visitato più sinagoghe in otto anni di quante Giovanni Paolo II nel suo intero pontificato – ma, pur seguendo le orme di Giovanni Paolo II, ha fatto qualcosa di molto importante […], compiendo esattamente le stesse azioni, ha infatti iscritto queste azioni nel tessuto del pontificato e della Chiesa come tale».

Da parte sua, il patriarca Raï ha notato come la notizia della fumata bianca sia stata seguita in diretta da tutte le emittenti radio televisive del Libano e di altri diversi Paesi arabi. «Il nuovo papa si è subito conquistato la simpatia e ha acceso l’entusiasmo nei cuori dei cristiani libanesi. Anche in quelli dei Paesi arabi, che auspicano un leader che possa intervenire in favore della pace e della convivenza fraterna e pacifica fra tutti i componenti dei loro rispettivi Paesi (in particolare Siria, Egitto, Iraq) che vivono oggi momenti di dura prova». D’altra parte, nota il patriarca, anche i musulmani moderati, sunniti, sciiti e drusi, sia in Libano che in altri Paesi arabi, «sperano molto nel nuovo papa e vedono nel Capo della Chiesa una persona carismatica che ispira rispetto e fiducia».

Anche il patriarca ha sottolineato come un ruolo fondamentale sia stato giocato dai due papati precedenti. Le visite di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in Libano e in alcuni Paesi arabi «hanno lasciato un’ottima impressione ed un positivo impatto nella mente dei musulmani [che] hanno constatato che il Papa è un uomo pacifico, che invita solo alla riconciliazione, al dialogo, alla preghiera e al rispetto della dignità dell’uomo e denuncia apertamente ogni forma di violenza, guerra e distruzione». Un segno della collaborazione che il mondo islamico desidera avere con la Santa Sede viene anche, secondo l’esponente della Chiesa medio-orientale, dalla «notevole presenza di capi di Stato e delegazioni del mondo musulmano alla messa di inizio pontificato. [si tratta di] un chiaro riflesso della loro volontà di apertura alla Chiesa in generale e alla politica di pace del Vaticano». Proprio in occasione del suo saluto al Corpo diplomatico papa Francesco ha dichiarato che «è importante intensificare il dialogo tra le varie religioni, penso innanzitutto a quello con l’Islam, e ho molto apprezzato la presenza, durante la messa di inizio del mio ministero, di tante autorità civili e religiose del mondo islamico».

C’è in entrambi gli esponenti del bacino medio-orientale, che nel corso degli ultimi decenni è stato un vero calderone di tensioni, scontri e guerre, un guardare con grande fiducia al nuovo pontificato e una certezza di fondo che il papa farà seguire a queste sue parole degli atti concreti, a cui ebrei e musulmani moderati potranno rispondere positivamente. Ma c’è anche in entrambi una coscienza di continuità fra i tre pontificati. Papa Francesco ha portato, senza dubbio, una grande ventata di ottimismo, normalità e trasparenza, suscitando entusiasmo, ma mai a scapito di coloro che l’hanno preceduto. C’è la coscienza di una continuità importante e vitale.

(fonti: Zenith)

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