Francesco, bilancio di un anno
La notizia più importante: i rapporti con la Cina. «Siamo vicini alla Cina. Io ho mandato una lettera al presidente della Cina quando è stato eletto, tre giorni dopo di me. E lui mi ha risposto. Se i rapporti ci sono. È un popolo grande a cui voglio bene». Il papa comunica la notizia di uno scambio di lettere, che ad oggi non era pubblico e poi sottolinea che dei rapporti ci sono. Dunque non ci si è fermati allo scambio di lettere. Qualcosa di più sta accadendo, sotto la regia e la spinta del papa stesso. Fino ad oggi diversi hanno preteso di fare i mediatori per conto della Santa Sede, pensando più ai propri interessi che a una grande visione di Chiesa e complicando così dei già difficili contatti, con il risultato di creare una grande confusione. In questa direzione molte cose nuove accadranno, capaci di sorprenderci e di cambiare la presenza del Vangelo sull’orizzonte del mondo. È finito il tempo della scomunica delle culture ed è iniziato quello dell’incontro, del guardare miliardi di persone con gli occhi di Dio e non con quello delle ideologie della paura.
Il papa ritorna anche sul tema della misericordia e della tenerezza. L’intervistatore gli dice che «la tenerezza e la misericordia sono l’essenza del suo messaggio pastorale», e il papa continua «e del Vangelo. È il centro del Vangelo. Altrimenti non si capisce Gesù Cristo, la tenerezza del Padre che lo manda ad ascoltarci, a guarirci, a salvarci». Ecco, il papa va al centro della questione. C’è una gerarchia delle verità, secondo la formula del Vaticano II. Dice il papa nella Evangelii Gaudium: «Il Concilio ha affermato che esiste un ordine o piuttosto una gerarchia delle verità nella dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana. Questo vale per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento morale».
Ecco la centralità del Vangelo, della misericordia e della tenerezza del mistero di Cristo. Francesco d’Assisi, nel testamento, distingueva tra la Forma Romanae Ecclesiae, che toccava ai preti, e la Forma del Sancti Evangeli, che riguardava Francesco d’Assisi e i suoi fratelli. Papa Francesco va oltre e fa della forma del santo Vangelo la forma della Chiesa romana. Si comprende allora il passaggio sui cosiddetti “princìpi non negoziabili”, che ha il suo fondamento nella gerarchia delle verità e nel primato del Vangelo: «Non ho mai compreso l’espressione “valori non negoziabili”. I valori sono valori a basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve n’è una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano essere valori negoziabili».
In un attimo viene cancellata una strategia che ha prodotto grande sofferenza nella Chiesa, anche in quella italiana. Ancora ieri nella messa delle Ceneri, il papa, abbandonando il testo scritto, ha detto: «Quando guardo al piccolo ambiente quotidiano, alcune lotte di potere, per gli spazi, io penso: “Ma questa gente gioca a Dio creatore, ancora non se ne sono accorti che non sono Dio”». Solo chi pensa di essere Dio può sostituire al primato del Vangelo i princìpi non negoziabili. Di fronte al primato del Vangelo tutto viene giudicato da questo primato, che scandisce la gerarchia delle verità. E il Vangelo è la verità crocifissa.
Infine, papa Francesco parla di sé come di una persona normale, che piange, che ride, che ha amici come tutti. E dice: «Dipingere il papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo». Ma il gesto che diventa l’icona di questo anno di pontificato è il bacio al disabile, mentre si avviava a celebrare la messa di inaugurazione del pontificato. Allora la normalità di papa Francesco è una “normalità normata” dal Vangelo. In quel gesto ha detto anche a noi: «Va anche tu e fa lo stesso», nella fatica dei giorni, nella condivisione del dolore di tutti. E allora può valere per lui quello che Hannah Arendt ha detto di papa Giovanni: «Un cristiano diventato papa».