Francesco ai Focolari: «Contemplare, uscire, fare scuola»
È la prima volta che papa Francesco si rivolge pubblicamente ai Focolari, in particolare all’Assemblea del Movimento riunita dall’inizio del mese a Castel Gandolfo, dove ha provveduto alle elezioni della presidente (confermata Maria Voce), del co-presidente (lo spagnolo Jesús Morán) e dei 30 consiglieri generali per i prossimi sei anni. 473 persone di 137 Paesi si sono riunite nella Sala Clementina in Vaticano per ascoltare le parole del papa.
In un clima di gioia contenuta, la presidente Maria Voce si è così rivolta al papa: «Le persone qui presenti, di varie età, culture, vocazioni, laici e consacrati, vergini e coniugati, hanno vissuto un’esperienza appassionante di comunione nella quale, per il costante e sempre rinnovato amore scambievole, hanno percorso un cammino di discernimento comunitario, in ascolto dello Spirito, nella individuazione delle linee da seguire per poter rispondere ai dolori e alle speranze dell’umanità di oggi con il nostro specifico carisma di unità».
Significativo il suo accenno all’Evangelii Gaudium: «È stata quasi una scuola-laboratorio per esercitarci a condividere, a pensare e lavorare con Gesù fra noi, riscoprendoci popolo nato dal Vangelo e chiamato perciò a vivere e testimoniare il nostro carisma e a donarlo a tutti. La sua esortazione apostolica è stata, senza dubbio, uno dei fari che ha illuminato i nostri lavori». Altra nota significativa che testimonia il carattere “ecumenico” dell’Assemblea dei Focolari: «Ci siamo sentiti particolarmente sollecitati a ricercare con fiducia nuove possibili vie per un coinvolgimento e una partecipazione sempre più pieni alla vita e alla conduzione del Movimento dei fratelli e sorelle cristiani di varie Chiese che ne fanno parte».
Papa Francesco ha così esordito: «L’Opera di Maria – nota a tutti col nome di Movimento dei Focolari – è nata nel seno della Chiesa Cattolica da un piccolo seme, che nel corso degli anni ha dato vita a un albero che ora distende i suoi rami in tutte le espressioni della famiglia cristiana e anche tra membri delle diverse religioni e tra molti che coltivano la giustizia e la solidarietà insieme alla ricerca della verità. Questa Opera è sgorgata da un dono dello Spirito Santo – senza dubbio! – il carisma dell’unità che il Padre vuole donare alla Chiesa e al mondo per contribuire a realizzare con incisività e profezia la preghiera di Gesù: “Perché tutti siano una sola cosa”».
Il pontefice ha ricordato «con grande affetto e riconoscenza» Chiara Lubich, fondatrice dell’Opera di Maria, nonché «straordinaria testimone di questo dono, che nella sua feconda esistenza ha portato il profumo di Gesù in tante realtà umane e in tante parti del mondo. Fedele al carisma da cui è nato e a cui si alimenta, il Movimento dei Focolari si trova oggi di fronte allo stesso compito che attende tutta la Chiesa: offrire, con responsabilità e creatività, il suo peculiare contributo a questa nuova stagione dell’evangelizzazione. La creatività è importante, non si può andare avanti senza».
Francesco ha quindi proseguito consegnando tre parole al Movimento dei Focolari e a coloro che, in vari modi, ne condividono lo spirito e gli ideali: «Contemplare, uscire, fare scuola».
Innanzitutto – ha sottolineato il papa – contemplare. «Oggi abbiamo più che mai bisogno di contemplare Dio e le meraviglie del suo amore, di dimorare in Lui, che in Gesù è venuto a porre la sua tenda in mezzo a noi. Contemplare significa inoltre vivere nella compagnia con i fratelli e le sorelle, spezzare con loro il Pane della comunione e della fraternità (…) perché “la contemplazione che lascia fuori gli altri è un inganno”. È narcisismo».
Riprendendo le parole di Chiara Lubich, papa Francesco ha incoraggiato i focolarini «a rimanere fedeli a questo ideale di contemplazione, a perseverare nella ricerca dell’unione con Dio e nell’amore vicendevole coi fratelli e le sorelle, attingendo alle ricchezze della Parola di Dio e della Tradizione della Chiesa, a questo anelito di comunione e di unità che lo Spirito Santo ha suscitato per il nostro tempo. E fate dono a tutti di questo tesoro!».
La seconda parola, ha aggiunto il pontefice, «molto importante perché esprime il movimento dell’evangelizzazione, è uscire. Uscire come Gesù è uscito dal seno del Padre per annunciare la parola dell’amore a tutti, fino a donare tutto sé stesso sul legno della croce. Dobbiamo imparare da Lui, da Gesù, «questa dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e seminare sempre di nuovo, sempre oltre per comunicare a tutti generosamente l’amore di Dio, con rispetto» e gratuità «perché la Redenzione è stata fatta nella gratuità. Il perdono dei peccati non si può “pagare”. Lo ha “pagato” Cristo una volta, per tutti! Dare con gratuità, gratuitamente, quello che abbiamo ricevuto. E la gratuità va insieme alla creatività: le due vanno insieme.
Per fare questo, occorre diventare esperti in quell’arte che si chiama “dialogo” e che non s’impara a buon mercato. Non possiamo accontentarci di mezze misure, non possiamo indugiare, ma piuttosto, con l’aiuto di Dio, puntare in alto e allargare lo sguardo!».
Dobbiamo uscire, ha ribadito papa Francesco, «Perché – l’ho detto altre volte – la Chiesa sembra un ospedale da campo. E quando si va in un ospedale da campo, il primo lavoro è curare le ferite, non fare il dosaggio del colesterolo… questo verrà dopo… È chiaro?».
E infine la terza parola: fare scuola. «San Giovanni Paolo II – ha ricordato il papa – ha invitato tutta la Chiesa a diventare “casa e scuola della comunione”, e voi avete preso sul serio questa consegna. Occorre formare, come esige il Vangelo, uomini e donne nuovi e a tal fine è necessaria una scuola di umanità sulla misura dell’umanità di Gesù. Senza una adeguata opera di formazione delle nuove generazioni, è illusorio pensare di poter realizzare un progetto serio e duraturo a servizio di una nuova umanità.
Chiara Lubich aveva a suo tempo coniato un’espressione che rimane di grande attualità: oggi – diceva – occorre formare “uomini-mondo”, uomini e donne con l’anima, il cuore, la mente di Gesù e per questo capaci di riconoscere e di interpretare i bisogni, le preoccupazioni e le speranze che albergano nel cuore di ogni uomo».