Franca Rame: una vita a teatro
Era l'8 marzo di qualche anno fa quando, nella palestra del Mamiani, liceo classico della Capitale, vidi per la prima volta il monologo Stupro di Franca Rame. Ricordo quel pugno nello stomaco come fosse oggi. La forza e la crudeltà, la dolorosa presenza del ricordo, l’immagine vibrante, lucida e disillusa, della violenza da lei subita e rivissuta davanti a noi. Ricordo il silenzio e l’ascolto degli studenti raccolti intorno a lei nella palestra e poi l’esplosione di un applauso fortissimo, che sembrava stringere Franca in un abbraccio simbolico e commosso.
Lo stesso calore, la stessa commozione provata nell’apprendere la notizia della sua morte, nella sua casa a Milano. Franca Rame è stata un’attrice, una grande attrice. Ma è stata anche e soprattutto un personaggio pubblico molto controverso e spesso al centro di polemiche relative alle posizioni estreme.
La lotta femminista, l’adesione al Soccorso rosso, la decisione di schierarsi al fianco di Achille Lollo, nel 1973, a seguito del triste e noto evento del rogo di Primavalle, l’impegno politico nel 2006 con l’Italia dei Valori. Franca Rame non si è sottratta alle conseguenze di scelte legate a una presa di posizione chiara e dichiarata, magari in taluni casi discutibile, ma sempre coerente.
Nel suo percorso di vita, come in quello artistico, ha scelto di compromettersi: dagli inizi della sua carriera, che l’hanno vista spesso in ruoli da vamp per la sua avvenenza e bellezza, fino all’incontro con Dario Fo, che ha impresso una svolta decisiva nella sua vita sentimentale prima ancora che nella sua carriera. È un legame, il loro, non solo amoroso – una «coppia aperta, quasi spalancata», come titola uno spettacolo di Fo –, ma anche artistico e ideologico: insieme partecipano alla rinascita culturale del Paese, incontrando spesso il sospetto delle gerarchie più conservatrici.
Il teatro di Franca Rame e Dario Fo non è mai una mera acrobazia intellettuale, ma conserva sempre un nodo cruciale, ideologico, umano molto profondo. È il teatro civile che rifugge i luoghi deputati e va nella fabbriche dismesse, nelle case popolari, nei circoli Arci. Il teatro che è prima di tutto impegno civile, strumento privilegiato di condivisione e di lotta.
Guardo già con preoccupazione al futuro del nostro nuovo teatro civile, sempre meno politico e sempre più politicizzato, sempre meno libero e sempre più rinchiuso nel lusso dei teatri occupati. E provo nostalgia per quel pugno allo stomaco, per quei ragazzi nella palestra del Mamiani, per Franca Rame.