Forze di riproduzione e società: la dimensione ecologica del lavoro di cura

Stefania Barca, ricercatrice presso l’Università di Santiago de Compostela, offre una prospettiva sulle “forze di riproduzione”, un concetto chiave per comprendere le dinamiche sociali, ambientali e di genere. Barca, studiosa di Storia ambientale e di genere, con un forte impegno politico, mira a collegare la sua ricerca con i movimenti della società civile, come quelli per la decrescita, il femminismo e la giustizia climatica. Su questi temi l’abbiamo intervistata.
Quali le origini e il significato del concetto di forze di riproduzione?
Il concetto di forze di riproduzione trae origine dal femminismo marxista, come reazione al concetto di forze di produzione del materialismo storico. Mentre quest’ultimo si concentra sul lavoro industriale, la tecnologia e la scienza come motori del progresso, il femminismo marxista sottolinea l’importanza del lavoro riproduttivo, ovvero il lavoro di cura in tutte le sue forme, spesso svolto al di fuori del rapporto salariale. Questo include il lavoro domestico, la cura sanitaria, la cura della comunità e la cura dell’ambiente. L’obiettivo è rendere visibile questo lavoro, riconoscendone il ruolo fondamentale nel produrre cambiamento sociale e benessere collettivo.
Le forze di riproduzione sono agenti di cambiamento?
Le forze di riproduzione non sono mere attività individuali, ma si manifestano in collettivi organizzati che agiscono per il cambiamento sociale. Movimenti come l’ecofemminismo, nato negli anni ’70, si battono contro la militarizzazione, il nucleare, l’inquinamento e l’estrattivismo. Un esempio storico è la lotta delle madri di Bristol negli anni ’80 contro l’installazione di una centrale nucleare, dimostrando come le forze di riproduzione si oppongono alla distruzione del pianeta.
L’esperienza dell’Ilva a Taranto evidenzia come operai e cittadini, inclusi gruppi di genitori, collaborino per un futuro oltre l’industria pesante. Questo dimostra che le forze di riproduzione non sono legate a uno specifico genere o identità, ma sono piuttosto un insieme di forze che agiscono in difesa della salute e del benessere pubblico.
Un esempio può essere l’esperienza in Amazzonia…
Un esempio emblematico di forze di riproduzione in azione fu l’alleanza tra il movimento indigeno e i lavoratori della gomma in Amazzonia negli anni ’80. Questa alleanza, nata dalla lotta comune contro lo sfruttamento e la distruzione della foresta, ha portato alla creazione di “riserve estrattive gestite dalle comunità locali per la rigenerazione e la protezione dell’ecosistema. Nonostante questo successo, le comunità in queste aree protette sono soggette a violenze e pressioni continue da parte di chi privilegia gli interessi economici a breve termine, come lo sfruttamento del legname e la deforestazione per monocolture.
Questa situazione sottolinea la responsabilità dei Paesi ricchi, come quelli europei, che consumano le risorse amazzoniche. L’uccisione di attivisti come Chico Mendes e la religiosa Dorothy Stang è un tragico segnale del prezzo pagato da chi difende la vita e l’ambiente.
Quali incentivi e prospettive per il futuro?
Gli incentivi per la transizione ecologica non devono derivare esclusivamente dal mercato. Il mercato non può essere eliminato, ma bisogna regolarlo e limitarlo, poiché la sua logica intrinseca va contro la conservazione ambientale. L’umanità non è solamente quella descritta dalla narrazione egemonica, basata sull’avidità e la distruzione, ci sono anche forze che proteggono e difendono la vita. È fondamentale coltivare e sostenere queste potenzialità umane, promuovendo uno sviluppo in armonia con il pianeta.
In conclusione, le forze di riproduzione rappresentano un potente strumento analitico per comprendere la complessità delle sfide che affrontiamo e per immaginare un futuro più giusto e sostenibile, dove la cura e la protezione del vivente siano al centro del nostro sistema economico e sociale.
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