Fortezza Europa, indifferenza ostentata

L’indifferenza ostentata verso il dolore di tante persone che tentano di raggiungere l’Europa è indice di un decadimento morale a cui non possiamo né dobbiamo abituarci. La soluzione non è costruire fortezze o recinti
Una bambina nel campo migranti di Lesbo (AP Photo/Panagiotis Balaskas)

Al di là delle vicende di politica internazionale che hanno determinato questa ennesima crisi di migranti, l’emergenza al confine tra Polonia e Bielorussia va indiscutibilmente letta alla luce di quanto accaduto negli ultimi due decenni.

Nel tempo i singoli Stati hanno adottato misure via via più restrittive, sigillando i loro confini da Est a Ovest, da Nord a Sud. Le Canarie prima, Lampedusa, Lesbo, il fiume Evros, Lipa e Kuznika poi, non sono solo dei luoghi simbolo delle migrazioni contemporanee, ma punti precisi sulla carta geografica che si distendono lungo una linea che diventa confine invalicabile per chi fugge.

L’immagine della cosiddetta Fortezza Europa, negli anni utilizzata metaforicamente per descrivere l’evoluzione delle politiche migratorie nel vecchio continente, raffigura in maniera plastica l’espressione arcigna di un’Europa sempre più riluttante di fronte alla crescente pressione migratoria.

La precisa volontà di chiudersi alla storia, quella dei migranti e dei rifugiati, è sintomo di un malessere diffuso che attanaglia ormai le società occidentali che difendono i loro privilegi a costo di vedere violati sistematicamente i diritti fondamentali degli “altri”.

L’indifferenza ostentata verso il dolore di tante persone che tentano di raggiungere l’Europa è indice di un decadimento morale a cui non possiamo né dobbiamo abituarci. Eppure avremmo tutti gli strumenti per comprendere quanto sta accadendo alle nostre porte e per capire che la soluzione non è costruire fortezze o recinti, bensì praticare quella solidarietà agita che, nella sua accezione più alta, richiama i valori di fratellanza e umanità.

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