Formula 1 e marò
La Formula 1 è sbarcata in India, ospitata nel Buddh International Circuit di Greater Noida, città satellite all’estrema periferia di New Delhi, fermamente voluta da uno dei magnati dell’industria indiana, Vijai Mallya, proprietario del team Force India. Mallya, uno dei simboli dell’ascesa rampante dell’economia del Paese asiatico, produttore di whisky e titolare di una aerolinea low cost, la Kingfisher Airline, attualmente sull'orlo della bancarotta, è riuscito a portare in India un Gran premio di Formula 1 inserito nel calendario internazionale, al termine di un anno di competizione appassionante fra Red Bull e Ferrari.
A sorpresa, tuttavia, al di là delle emozioni riservate dall’inseguimento di Alonso a caccia di Vettel, il Gran premio dell’India ha segnato un'altra impasse nella questione dei marò italiani, che da mesi sono in attesa di una sentenza per il processo a seguito della morte di due pescatori al largo delle coste del Kerala. Proprio per ravvivare la questione dei due marines italiani la Ferrari ha deciso di correre con la bandiera della Marina italiana e non con il tricolore nazionale.
«Il tricolore della Marina militare sulle monoposto della Ferrari al Gran premio dell’India – recitava il sito ufficiale della società – rappresenta un omaggio a un’eccellenza del nostro Paese. Nel massimo rispetto delle autorità indiane, la Ferrari ribadisce che quest’iniziativa non ha e non vuole avere alcuna valenza politica».
La decisione, tuttavia, non è stata ben accolta dal governo di Delhi. Il ministero degli Esteri ha, infatti, obiettato che il gesto della Ferrari poteva essere un segno di mancanza di sensibilità nei confronti delle famiglie dei due marinai che avevano perso la vita nel febbraio scorso. Ovviamente, la risposta da parte Ferrari ha sottolineato come la decisione mirasse non a urtare la sensibilità dei familiari o dei connazionali dei pescatori, ma semplicemente a riportare in prima pagina una vicenda che sembrava ormai dimenticata: quella di due militari italiani in attesa di giudizio.
La questione è, senza dubbio, stata una mancanza di tatto diplomatico nei confronti del Paese che ha ospitato la competizione sportiva, che nulla ha a che fare con la vicenda dei nostri due marò. Lo ha sottolineato il portavoce del ministero degli Esteri di New Delhi che ha messo in evidenza come far uso di eventi sportivi per la promozione di cause estranee allo sport non è consono allo spirito di nessuna attività sportiva.
La questione è diventata un vero affare di Stato in un momento, fra l’altro, delicato per il ministero degli Esteri indiano, che proprio in questi giorni ha visto il cambio di guardia fra il ministro uscente, il dimissionario Krishna, e il neo nominato Salman Kurshid. L’India sta infatti attraversando un delicato momento politico e il Primo ministro Manmohan Singh ha compiuto un rimpasto di governo con 22 nuovi titolari di ministeri importanti. A parte la girandola di nomi, vari sono i quarantenni introdotti nelle sale dei bottoni della politica di Delhi. Con questa mossa il Primo ministro spera di poter arrivare fino alle prossime elezioni previste per il 2014.
Si comprende, quindi, che la mossa di riportare sulle prime pagine delle cronache la questione dei marò ha rappresentato un’iniziativa perlomeno inopportuna e fastidiosa in questo frangente politico. È probabile che, a prescindere dalla Formula 1, non sia una mossa che favorirà la posizione dei due italiani. Nonostante le rassicurazioni della Ferrari sull'assenza di motivazioni politiche, la percezione che se ne è avuta nel Paese asiatico è stata tutt’altro che favorevole a ristabilire un atteggiamento di simpatia nei confronti dei marines e dell’Italia.