Formazione docenti e lotta alle povertà educative

Le priorità e le strategie del Governo per rimettere la scuola al centro dell’attenzione del Paese. I criteri di abilitazione, il nuovo Piano Infanzia, i Patti educativi di comunità, la Didattica integrata digitale (Did), il Tempo pieno territoriale. 400 cantieri educativi e 7200 organizzazioni già all’opera.
(AP Photo/Matilde Campodonico)

Potenziare la formazione iniziale e il reclutamento connesso alla formazione con la semplificazione dei concorsi. Questo l’Atto di indirizzo del ministro Bianchi del 16 settembre 2021. Bisogna rimettere al centro, anche per combattere le povertà educative, la formazione in ingresso dei docenti con percorsi abilitanti a regime e accesso diretto con tre anni di servizio.

Il Ministero punta su un modello formativo strutturato, stabile nel tempo, in collaborazione con le Università, al fine di sviluppare le competenze necessarie per svolgere la professione docente. Vanno semplificate poi le procedure concorsuali prevedendo una periodica continuità delle prove. Formazione e reclutamento, università e scuole devono pertanto procedere insieme. L’abilitazione deve avvenire con percorsi a forte impatto professionalizzante, visto che si vuole mettere scuola, università e ricerca al centro del nuovo modello di sviluppo sostenibile del nostro Paese.

La formazione iniziale di qualità costa e non va scaricata sui giovani precari. Pertanto vanno previsti investimenti futuri stabili nel Bilancio dello Stato, dopo i previsti fondi PNRR. La formazione va vista come diritto e dovere lungo tutto l’arco della vita professionale, considerate la complessità e difficoltà della relazione educativa.

Il Decreto Sostegni bis, ovvero il Decreto legge n. 73 del 2021, rappresenta il primo tassello che andrà a comporre il nuovo percorso per diventare insegnanti. I concorsi ordinari già banditi sono il primo passo della riforma. Lo scenario è così descritto nel PNRR: «L’obiettivo è determinare un significativo miglioramento della qualità dei percorsi educativi per offrire a studentesse e studenti sempre migliori livelli di conoscenze, capacità interpersonali e metodologiche applicative, nonché coprire con regolarità e stabilità le cattedre disponibili con insegnanti di ruolo. La formazione e sperimentazione con metodologie innovative consentiranno un processo di selezione basato non solo sul livello di conoscenza, ma anche sui metodi didattici acquisiti e sulla capacità di relazionarsi con la comunità educativa. Una volta approvata la riforma, è previsto il reclutamento, attraverso il nuovo sistema, di 70.000 docenti entro il 2024».

Il ministro Bianchi sta elaborando una riforma basata su lauree abilitanti con 60 CFU nel settore pedagogico, di cui 24 ottenuti tramite tirocinio per un primo assaggio pratico della professione docente. Chi avrà ottenuto la laurea abilitante per le scuole secondarie con i 60 crediti potrà accedere ai concorsi con procedura semplificata. È prevista una sola prova scritta a risposte chiuse. Chi supera la selezione passerà all’anno di formazione e prova, che prevede una valutazione finale. Se questa sarà positiva, si prevede una conferma in ruolo.

Gli investimenti in formazione iniziale ed in servizio di qualità dei docenti rappresentano una risposta concreta alle sfide poste dalle povertà educative. La scuola è infatti lo spazio principale di lotta a povertà e disuguaglianze. Il Child Guarantee o Garanzia europea per l’infanzia, nella lotta contro la povertà educativa e l’esclusione minorile della UE, è lo strumento adottato.

Il 21 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo Piano Infanzia. È un obiettivo di giustizia sociale, ma anche di preparazione di giovani leve adeguate alle future esigenze del mercato del lavoro in termini di competenze e di capacità relazionali. In questo campo rientrano i Patti educativi di comunità, che hanno il compito di attivare la partecipazione e il protagonismo di adolescenti e giovani. Mettendo in rete risorse umane e professionali della scuola e delle associazioni di volontariato, istituzioni culturali e reti di scuole offrono ai ragazzi strumenti di autoformazione e di orientamento alla scoperta di interessi e potenzialità per una piena inclusione sociale.

La Dad, Didattica a distanza, provoca disuguaglianze, hanno affermato il ministro Bianchi ed il presidente del Consiglio Draghi. Può essere uno strumento complementare in pandemia, per soggetti positivi ed in quarantena ma non sostitutivi della scuola in presenza. Così è avvenuto in gennaio con il 93,4 % di classi in presenza.

Per questi motivi i docenti vanno formati alla Did, Didattica integrata digitale, modalità didattica che unisce attività interattive a distanza con altre in presenza.  Ci troviamo di fronte ad una vera emergenza scuola. La didattica è in sofferenza a causa del Covid e la dispersione scolastica getta ombre sul futuro del Paese. Tredici ragazzi su cento abbandonano le aule. Dieci su cento frequentano senza studiare.

«L’ interruzione delle lezioni in presenza ha inferto un duro colpo alla formazione dei ragazzi. È aumentata la quota di allievi in situazione di forte fragilità.  I più colpiti sono i ragazzi che provengono da contesti difficili ed in condizioni economiche complicate». Così afferma Roberto Ricci, presidente di Invalsi. L’ascensore sociale è bloccato.

È urgente arrestare il declino della scuola investendo in essa, soprattutto al Sud, essendo sottofinanziata rispetto ai Paesi UE più avanzati. Un modo per raggiungere i giovani in difficoltà è costruire patti ed alleanze educative con la comunità territoriale impegnando tutti gli educatori presenti in parrocchie e associazioni locali. Dobbiamo riportare i ragazzi all’interno delle scuole contrastando la disuguaglianza educativa. Il 23 % dei ragazzi tra i 18 ed i 24 anni ha abbandonato scuola e percorsi formativi

Il PNRR è, in conclusione, un’occasione storica da non perdere, afferma Marco Rossi Doria. Siamo un Paese con pochi giovani e molti anziani, causa la denatalità. Il tasso di povertà assoluta minorile è triplicato dal 2005, passando dal 3,9 al 13,5 % del 2020. Parliamo di un milione e 273 mila bambini. A questo aggiungiamo quasi due milioni in povertà relativa. Un bambino su tre parte in svantaggio. Siamo al livello di Romania, Bulgaria, Grecia e Polonia.

Ora con Next Generation EU possiamo invertire la rotta con un nuovo welfare educativo. La classe politica deve mettere la scuola al centro nei prossimi decenni con investimenti massici e competenze di chi sa intervenire con efficacia. Va superato il criterio della spesa storica e dei bandi per una accorta regia del Ministero in interventi mirati su aree critiche del Paese, città metropolitane, Sud in particolare. Costruzione di nuove belle scuole, nidi, mense, tempo pieno e formazione eccellente dei docenti. Ministero, Regioni e Comuni devono andare a braccetto.

I fondi per i Patti di comunità non vanno dati a pioggia, ma ad alleanze vere tra scuole e Terzo Settore che vedano le prime guidare i processi educativi. Va realizzato un ” tempo pieno territoriale ” per i nostri ragazzi.

Ci sono 400 cantieri educativi avviati con 7200 organizzazioni all’ opera per ridurre la dispersione in modo drastico.  Serve tenere le scuole aperte con seri ristori educativi.

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