Fondatori vivi!

Un incontro speciale: Chiara incontra i gen-re, la "generazione nuova dei religiosi". Il 30 giugno 1987 nel ricordo di uno dei protagonisti.
Victor Gil
Quando Chiara è partita per il cielo, ero insieme ad altri religiosi della mia Provincia a fare gli esercizi spirituali annuali. Sarebbe stato bello esserle più vicino in quel momento, anche fisicamente. Ma non fu possibile. 

 

Seppure distante, ho vissuto quell’“arrivederci” in un modo tutto speciale: sentii il bisogno di ringraziare Dio per il grande dono che la sua persona e la sua spiritualità avevano rappresentato per la mia vita e la mia vocazione. Tramite sms venivo aggiornato sugli ultimi eventi e questo mi aiutava ad esserle spiritualmente unito.

 

Il 15 marzo, quando ricevetti la notizia della morte di Chiara, scrissi: “Chiara continuerà dal cielo ad aiutarmi, per giungere al mio ‘dover essere’, quello che Dio mi ha indicato tramite lei: uscire ‘vittorioso’ da tutte le prove, grazie alla fede e all’amore per Gesù e realizzando le sue opere (quelle che Lui fa in me). Chiara di Gesù Abbandonato, prega per me, affinché sia fedele alla mia vocazione e allo Sposo della mia anima. Grazie di tutto quanto mi hai dato e per avermi guardato con lo stesso sguardo di Dio: con quegli occhi di misericordia che ricreano e rinnovano nel proprio dover essere”.

 

Qualche giorno dopo, quando fu celebrato il suo funerale, aggiunsi: “Grazie mio Dio, per Chiara. È stata per me un Tuo strumento: mi ha fatto sperimentare il tuo sguardo di amore su di me (‘e fissatolo, lo amò’); mi ha rafforzato nella mia missione, tramite la Parola di Vita che mi ha dato: ‘Colui che crede in me farà le opere che Io faccio, e ne farà ancora di più grandi’; mi ha dato l’orizzonte di senso della mia vita, facendomi conoscere ed amare Gesù Abbandonato (‘lo Sposo dell’anima’), introducendomi nella relazione con Gesù in mezzo, quando mi ha insegnato l’arte d’amare cristiana, nel farmi capire come guardare ed amare la Chiesa, incamminandomi nella via di Maria, nel farmi innamorare dell’unità… Grazie, Padre, dammi il tuo Spirito perché sia fedele a questa vocazione che tu mi hai dato e possa aggiungere il mio granello di sabbia, affinché tutti siano uno”.

 

Vivere la Parola

 

Cominciai a conoscere Chiara quando avevo 18 anni, durante il mio anno di noviziato. Ero in un momento di crisi, difficile. Avevo appena iniziando il mio cammino come religioso, ma non riuscivo a capire né a seguire quello che il maestro mi proponeva, mi risultava antiquato, e senza nessuna consonanza con il cristianesimo che avevo vissuto fino a quel momento nei gruppi giovanili, piuttosto segnati col “sigillo” del Vaticano II, con la voglia di cambiare, di aprire nuove strade.

 

Sentivo un rifiuto viscerale verso quello che il maestro mi consigliava, e cercare di obbedire e credere a tutto quello superava le mie forze. Arrivò un momento in cui la situazione divenne insostenibile e il maestro mi diede un termine di scadenza: in 15 giorni avrei dovuto decidere se continuare il noviziato, cambiando però totalmente il mio atteggiamento, oppure ritornare a casa mia.

 

In quel momento mi nacque dal profondo dell’anima una preghiera: “Oh Signore, io sono convinto che tu mi chiami a seguirti per questa strada della vita religiosa, ma io non so come fare… mostrami Tu la via, e quello che devo fare. Ma… hai soltanto 15 giorni per farlo”.

 

Così mi misi in attesa. Lui accettò la sfida e, pochi giorni dopo, sentii che un compagno parlava di Chiara. Era proprio l’unico che riusciva a vivere bene quello che ci veniva richiesto nel noviziato e, in più, aveva dei gesti concreti d’amore verso gli altri che attiravano la mia attenzione.

 

Ad un certo punto lo avvicinai direttamente e gli domandai come riuscisse ad obbedire e a vivere quelle cose delle quali, probabilmente, neanche lui era convinto. Egli condivise con me la sua esperienza della Parola di Vita, scritta da una signora italiana che lavorava per l’unità, e mi propose di viverla insieme e dopo di condividere le nostre esperienze. Tutto questo mi sembrò veramente qualcosa di nuovo. Io associavo la Parola piuttosto a qualcosa da meditare nei momenti di preghiera, ma che dopo non entrava per nulla nella mia vita quotidiana.

 

Così mi lanciai a mettere in pratica la Parola e ogni sera ci scambiavamo le esperienze fatte in quella giornata, scrivendole in un pezzo di carta che mettevamo sotto la porta. Una delle prime esperienze fu quella di amare il nemico. Sapevo bene chi era per me il nemico in quel momento. Allora iniziai ad obbedire al maestro, non perché fossi convinto della sua proposta, ma perché dovevo vivere il Vangelo ed amare il nemico.

 

Con questa luce riuscii a guardarlo, ad offrirgli un bel sorriso, a parlargli… e intanto io riacquistavo pian piano la pace e la gioia. Poco tempo dopo gli altri compagni vennero a sapere della nostra esperienza e vollero unirsi a noi: in questo modo ogni settimana mettevamo in bacheca un grande cartello con la Parola da vivere e la sera, durante la compieta, lasciavamo un momento per condividere liberamente le esperienze fatte durante il giorno.

 

I 15 giorni passarono, e il maestro mi disse che aveva visto in me un grande cambiamento e che era molto contento del mio nuovo atteggiamento. Anche per me fu una sorpresa, e mi convinsi che quella era la risposta che Dio mi dava e la strada che lui mi indicava per seguirlo come religioso.

 

L’arte di amare

 

Finito il noviziato mi inviarono in un’altra città. Per me era chiarissimo che dovevo cercare coloro che seguivano la spiritualità di Chiara. Parlai con un compagno dell’esperienza fatta e incominciammo a cercare insieme. Ma non c’era modo di trovarli: guardavamo gli avvisi nelle parrocchie, domandavamo in giro… nulla.

 

Eravamo quasi rassegnati a perdere il nostro progetto, quando mi arrivò quasi per caso un invito a partecipare ad un incontro di religiosi che si sarebbe svolto nel tempo di Natale. Al mio maestro sembrò una bella idea e vi andai, senza conoscere nessuno dei 70 religiosi di ogni età e carisma che parteciparono a quell’incontro. Rimasi colpito dall’accoglienza, dall’intensità dell’ascolto e dal primo momento mi sentii a mio agio. Lì ascoltai per la prima volta Chiara che spiegava l’arte di amare: accolsi quella proposta come indirizzata proprio a me.

 

Ritornato a casa, condivisi col mio compagno tutta l’esperienza vissuta e ci proponemmo di viverla con tutte le nostre forze. Acquistammo tutti i libri di Chiara che trovammo, e ogni sera ci incontravamo per leggere insieme qualche brano e condividere le nostre esperienze.

 

Dopo qualche mese ci invitarono ad un incontro internazionale per giovani religiosi che si sarebbe tenuto in Svizzera durante l’estate. Ci sembrava impossibile anche accennare soltanto una proposta simile al nostro Provinciale (eravamo convinti che ci avrebbe rimproverato e ci avrebbe fatto un bel discorso sulla povertà religiosa). Ma ci fidammo e decidemmo di correre il rischio. Il Provinciale, con grande meraviglia da parte nostra, invece di arrabbiarsi, si illuminò e ci raccontò di come era stato colpito favorevolmente anche lui da una visita che aveva fatto a Loppiano e… ci diede il permesso. Diventava sempre più chiaro che questa era la nostra strada!

 

Gesù Abbandonato

 

Quell’incontro in Svizzera mi segnò profondamente. Soprattutto quando sentii Chiara parlare di Gesù Abbandonato. Capii che se io avessi scelto lui come ideale della mia vita, sarei riuscito a vivere il carisma del mio fondatore e allo stesso tempo questa via nuova che il Signore mi aveva messo davanti. In Gesù Abbandonato si realizzava quella sintesi piena che evitava le “doppie appartenenze”. Pian piano cercai di fare sempre più mio l’ideale di Chiara.

 

Lei mi offriva non soltanto una spiritualità da vivere, ma anche una famiglia di fratelli con i quali percorrere insieme la strada verso Dio. All’inizio il mio rapporto fu quasi esclusivamente con i gen-re, la “generazione nuova dei religiosi”. Ogni domenica pomeriggio ci radunavamo a Madrid per formarci, condividere esperienze… e incontrarci non era mai faticoso, anzi, era un vero piacere.

 

In estate proponevamo dei campeggi estivi per i ragazzi dei seminari minori di altre Congregazioni religiose (qualche anno siamo arrivati a 200 partecipanti): era l’opportunità di condividere con gli altri l’ideale di Chiara, di viverlo, di darne testimonianza. Il rapporto continuava lungo l’anno, attraverso le lettere, qualche incontro, una piccola rivista… Anni di vita intensa.

 

Un giorno indimenticabile

 

Ad un certo punto del mio cammino chiesi al Provinciale di potermi inserire in una esperienza nuova di comunità “mista” con altri giovani dei nostri gruppi di fede. Lui, invece, decise di inviarmi a Roma per studiare teologia… Di nuovo si manifestava il fatto che il Signore mi voleva nella famiglia di Chiara. E così fu. Poco tempo dopo il mio arrivo, infatti, mi invitarono a far parte del Centro dei gen-re che Chiara voleva creare. Ogni domenica pomeriggio andavamo a Castel Gandolfo e cercavamo di seguire da vicino ed animare la vita dei gen-re di tutto il mondo.

 

Conoscere Chiara “più da vicino” fu splendido. La prima occasione si presentò con il Collegamento. Ciascuno di noi la salutò personalmente e ricordo che mi colpii la sua naturalezza: “la santità non si scontra con la normalità”, pensai.

 

E giunse infine il 30 giugno 1987. Un giorno così speciale che non dimenticherò mai. Chiara volle incontrare un piccolo gruppo di giovani religiosi (eravamo in venti), per rispondere alle nostre domande e affidarci la sua “visione” dei gen-re. Intuivamo che era un momento molto importante e ci preparammo fino in fondo, vedendo tutto in unità.

 

Chiara ci salutò personalmente, manifestando tutto il suo interesse per ciascuno. E poi ci lanciò una sfida: essere i nostri fondatori vivi, oggi, sotto la guida di Maria Desolata, essendo fedeli alla scelta di Gesù Abbandonato. Ricordo che sperimentai una grande gioia per la sua presenza, e nelle sue parole vidi “clarificata”, illuminata, la mia vocazione.

 

Sperimentai anche lo sguardo di Dio su di me, pieno di misericordia e non di giudizio… e mi sentii libero. Ricordo che Chiara ci lasciò quel giorno, come “parola”, il brano del Vangelo che fa riferimento al giovane ricco: “Gesù, fissatolo, lo amò”. Proprio come mi ero sentito io.

 

Poco prima di questo incontro stavo pensando di presentare la domanda per la professione solenne, ma ero indeciso, non sentendomi ancora ben preparato. Il mio sguardo su me stesso era piuttosto negativo, ma Chiara in quel giorno riuscì a togliermi ogni dubbio.

 

Pochi giorni dopo arrivò una sua lettera nella quale mi dava la Parola di vita personale e il nome nuovo che le avevo chiesto. Fu come gettare benzina sul fuoco. Un nuovo punto di partenza in cui vedevo con nitidezza la mia missione e vocazione. Presentai la domanda per la professione solenne e mi lanciai a vivere come Chiara ci aveva detto. Sono stati degli anni intensi, con tanta vita. L’esperienza di unità con i giovani religiosi di altri carismi e di altre nazioni mi ha allargato la mente e il cuore, preparandomi e irrobustendomi per il futuro.

 

L’avventura continua

 

Sono passati diversi anni, ci si lascia la giovinezza alle spalle e si prendono altre responsabilità nella propria Famiglia religiosa. Eppure rimangono fermi quei punti forti, continuo a credere e a scommettere sull’autenticità dei valori che Chiara ci presentò e dei quali si fece testimone. Ne ho sperimentati anche i frutti, che hanno confermato la validità dello stile di vita da lei proposto.

 

Negli ultimi anni il mio lavoro si è svolto soprattutto nella formazione dei giovani religiosi di diverse nazionalità del mio Ordine. Quanto è grande l’aiuto che l’ideale di Chiara continua a darmi per poter affrontare la sfida formativa: “farmi uno”con coloro che sono diversi da me, edificare l’unità nella diversità, saper comporre in armonia i diversi aspetti della vita, guardare gli altri con occhi nuovi!

 

Continuo a partecipare alla vita della famiglia che Dio mi ha fatto conoscere. Attualmente partecipo alla vita di una comunità locale del Movimento, nel mio quartiere. Siamo 15-20 persone, di vocazione, età ed origine molto diverse. Questi fratelli e sorelle sono un vero regalo e un aiuto per vivere la vocazione all’unità. E l’avventura continua…

 

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