Focolarini e politica
La questione sarebbe risolta se si schierassero. Invece, i focolarini non compiono in politica una scelta di campo. Anzi, sembrerebbe che la facciano, ma non lo dicono. Di più, la mascherano, trincerandosi dietro tante considerazioni. Ad infiammare gli animi sulla disputa – ma guarda un po’ questi focolarini! – ci si sono messi anche i Dico e il Family Day. O meglio, i titoli di alcuni quotidiani sui due argomenti. Eppure, sino a poco prima, il Movimento dei focolari era scarsamente considerato dalla stampa laica. Poi, d’improvviso (e senza alcun fondamento), è assurto agli onori della cronaca e fatto passare ora come sostenitore, ora come sobillatore. Non è mancata nemmeno l’ebbrezza di veder comparire il termine focolarini in prima pagina su Repubblica, salvo poi non trovare nulla nel testo dell’articolo. Chissà, il titolista voleva semplicemente salutarli. A sciogliere l’angosciante dubbio sono state le premesse del futuro Partito democratico. Più precisamente, la lista dei 45 padri e madri della nuova formazione comprendeva il nome di Letizia De Torre, attuale sottosegretario alla Pubblica Istruzione, del Movimento politico per l’unità. Ora, tutto era chiaro. Secondo la semplificata vulgata dei quotidiani, i focolarini stavano nel centro-sinistra, anzi, sceglievano il Partito democratico. Nella logica politica corrente, alimentata dal bipolarismo, in cui schierarsi è obbligatorio, l’interpretazione sulle scelte dei focolarini è così immediata, chiara e rassicurante. Invece, si tratta di rassicurare che così non è. Non perché i focolarini siano refrattari alle scelte di campo, ma perché l’opzione maturata negli anni e sostenuta dalla fondatrice Chiara Lubich porta a sperimentare la fraternità come categoria anche in politica con tutti quelli che raccolgono una tale sfida: mantenere le proprie identità politiche, ma comprenderle e viverle per comporre il disegno del bene comune. L’effetto è vedere scardinata la logica dell’o con noi o contro di noi. Ecco, perché questi sfuggenti focolarini non intendono stare né di qua, né di là. Anzi, stanno di qua e di là. Anche alla Camera e al Senato della nostra Repubblica. L’esperienza dei parlamentari del Movimento politico per l’unità – che attinge alla spiritualità dei Focolari – è un pezzo dell’Italia politica di oggi, quella che sceglie di rimboccarsi le maniche e dice no alla logica dello scontro, che mette in luce, in quelle aule, la realtà più vera dell’Italia, le tante persone che si chiedono: come posso prendermi cura del mio Paese? Il Movimento per l’unità è un centro di elaborazione politica, dove si opera per produrre comportamenti e iniziative che integrino la ricchezza delle diverse visioni. Il Movimento accoglie politici dei vari livelli, cittadini, diplomatici, funzionari, senza chiedere appartenenze, lontano dalla prospettiva di trasformarsi in un partito, e li coinvolge in un percorso di unità verso il bene comune. I valori di fondo – dalla vita alla pace, dalla famiglia alla giustizia sociale -sono intesi non come un confine che divide, ma un cammino da compiere dialogando, per chiarire e arricchire insieme il contenuto dei valori stessi. È quanto avviene anche in vari Paesi d’Europa, dell’America Latina, come in Corea del Sud. Il metodo è quello di studiare insieme i problemi – racconta Egidio Banti, senatore della Margherita -, portare avanti progetti con l’umiltà delle piccole cose. La vera unità è quella capace di comprendere tutti. Il metodo rivela un’impostazione. Tra di noi – precisa Maria Burani Procaccini, senatrice di Forza Italia -nessuno intralcia l’altro, anzi se ne fa sponsor, assicurandogli spazio. È questo lo spirito con cui cerco di muovermi, e vedo che i giovani amano questa trasversalità intelligente. Ma l’identità potrebbe diventare evanescente. È il rischio che può correre il sottosegretario Letizia De Torre nella sala parto del Partito democratico con Margherita e Ds. Certo, c’è bisogno di un’identità precisa e solida, ma poi questa deve favorire il dialogo sino a diventare un dono per l’altro. Se capisci le ragioni che stanno dietro le istanze dell’altro, il lavoro che fai diventa migliore, più completo. Ho visto che è vincente . Gianni Kessler, parlamentare Ds nella scorsa legislatura, è impegnato nella costruzione del Partito democratico. Lo muovono una convinzione (La fede non può diventare un’etichetta da usare per giustificare scelte di campo), un’urgenza (Aumentare la nostra capacità di dialogare) e un obbiettivo (Moltiplicare i luoghi in cui ascoltarsi per confrontarsi sulle decisioni da prendere per il Paese, conformando alla fraternità il nostro stile e il nostro agire). Sembrano un po’ atipici, questi politici. Giacomo Santini, senatore di Forza Italia, riferisce: Col Movimento per l’unità si scopre che nei due schieramenti c’è gente che ha il coraggio di dire: Io sono d’accordo con lui anche se è dall’altra parte. Lo conferma Teresio Delfino, parlamentare Udc, è stato sottosegretario alle Attività agricole nel governo Berlusconi. Nel Movimento politico c’è, anzitutto, approfondimento e condivisione dei valori fondamentali – sottolinea -, poi ognuno risponde alla propria storia e sensibilità, e ogni scelta è libera e motivata. Ma la possibilità di confronto consente di formulare proposte ampie, perché basate su valori condivisi, più facilmente traducibili in atti legislativi concreti. Dal Paese sale la richiesta di un modo nuovo di stare dentro la politica e di elaborare contenuti innovativi. Solo insieme a tutti, credenti e non, si può arrivare a tanto – è il pensiero di Emanuela Baio Dossi, senatrice della Margherita -.Una peculiarità del Movimento per l’unità è che noi politici siamo accompagnati dalla parte viva della società che sta fuori delle istituzioni: chi lavora nell’economia, nella sanità, nella scuola, nei media…. È il patto eletto-elettore, prassi delle persone del Movimento, che non solo scelgono un candidato, ma una volta in carica, lo sostengono, lo controllano, lo consigliano, lo stimolano. Sia che stia di qua, sia che stia di là. Sia al Comune, sia al Parlamento.