Focolari in dialogo con chi non crede
La voce delle persone di convinzione non religiosa non deve mancare in un movimento cattolico. L’esperienza del Movimento dei Focolari
“Che una suora pensa, non me lo sarei mai immaginato” diceva S., uno studente austriaco, che completava il gruppo del Movimento dei Focolari al forum sociale mondiale 2011 a Dakar. Una giovane religiosa senegalese aveva posto, infatti, una domanda molto puntuale a Walter Baier, attuale coordinatore di “transform!europe” ed ex-capo del Partito Comunista austriaco, inducendolo a esporre in maniera limpida le similitudini tra l’ideale cristiano e quello marxista, alla luce della sua esperienza di dialogo con il Movimento dei Focolari che dura da dodici anni: “Ciò che ho imparato [dai progetti dei Focolari] è che la solidarietà parte dal concreto, iniziando dai più bisognosi. Quindi nessun comunismo, nessun marxismo senza questo senso di empatia! L’opzione dei poveri è di più del semplice amore del prossimo, perché vuol dire vedere il mondo con gli occhi dei più bisognosi.
Abbiamo bisogno di un’etica e di una morale nuove e di sviluppare nel dialogo il senso della vita. Nessuno può imporre un’autorità per portare avanti la sua idea e nessuno può dettare la direzione, ma dobbiamo incrementare il dialogo, unendo le forze per cambiare l’etica. In seguito ci vuole anche un luogo politico e un cambiamento delle leggi economiche.
Ci vuole proprio l’amore, per essere capaci di fare politica non soltanto in maniera professionale, cioè sapendo solo manovrare i meccanismi della politica… Ci vuole dedizione. Senza l’amore non funziona nessun cambiamento di strutture. Chiamiamolo come vogliamo: fratellanza, amore, solidarietà”. Che Marga Ferré dell’Izquierida Unida (Partito Comunista spagnolo) sia d’accordo con Baier, fa vedere come questa sua apertura ormai non sia più soltanto un interesse personale. Anzi, egli sente perfino una specie di mandato da parte di Chiara Lubich, che nell’aprile 2007 lo incoraggiò ad aprire e a portare avanti un dialogo sui valori comuni tra cristiani e marxisti, in vista di un’Europa unita.
Dal dialogo all’unità
Fin qui parliamo di dialogo, ma nel Movimento dei Focolari c’è di più. Le persone di convinzioni non religiose non sono considerate soltanto dei partner apprezzati, ma che poi restano al di fuori. Esse possono, invece, far parte delle diverse diramazioni del Movimento, condividendone gli scopi e – secondo la loro coscienza – i cardini della spiritualità dell’unità.
Sono loro stessi a chiedere un cammino ben stagliato di crescita spirituale. A questo punto non si parla più di dialogo, ma di unità, che alcuni “soci fondatori” hanno costruito con la Lubich, che aveva per loro un amore di predilezione tutto particolare.
In un messaggio al convegno del 1992, dal titolo “Costruire insieme un mondo unito”, la fondatrice dei Focolari scrive alle persone di convinzioni non religiose: “… se è tutt’uno, il nostro Movimento presenta anche varie componenti, ognuna delle quali ha da dire la sua parola nel coro e nell’armonia dell’insieme. Questo convegno raccoglie una rappresentanza di quegli amici o fratelli nostri (più di 100.000) di varie culture che, se non hanno interesse in genere per una fede religiosa, non sono certamente indifferenti alle grandi, immense problematiche del nostro tempo. Anzi sono intenzionati a mettere le loro forze, i tesori dei loro cuori e del loro sapere al servizio dell’umanità… In questo momento tutto il Movimento è con voi e guarda voi. La vostra partecipazione alla nostra Opera è essenziale per noi. Senza di voi (come senza le altre sue componenti) essa perderebbe la sua identità. Occorre dunque che diamo il meglio di noi e cresciamo di numero in tutto il mondo”[1].
Persone con un credo di tipo non religioso hanno quindi da dire la loro parola e la loro presenza è essenziale per il Movimento dei Focolari. La loro partecipazione nelle diverse espressioni del Movimento è contemplata negli statuti generali, approvati dalla Santa Sede. Tra i 100.000 amici ci sono circa 1.000 che frequentano regolarmente manifestazioni dei Focolari, si incontrano in gruppi di dialogo o partecipano a diverse iniziative. Tra questi un centinaio si identifica in modo forte con i fini e lo spirito del Movimento e fa proprio l’invito a dare il meglio di sé e a crescere di numero.
La predilezione per le persone di convinzioni non religiose nasce dall’amore di Chiara Lubich per Gesù Abbandonato sulla croce. Il dialogo parte da un amore senza limiti e senza secondi fini. Al loro convegno del 1998 Chiara chiarisce la differenza tra tolleranza e dialogo: “Naturalmente il dialogo è vero, se è animato dall’amore vero. Ora l’amore vero è vero se è disinteressato; se no non è amore… È egoismo… che ci sia magari un interesse nell’amare, anche nel dialogo stesso. Sarebbe un dialogo costruito senza l’amore, quindi non sarebbe un dialogo, sarebbe un’altra cosa: proselitismo. Proselitismo dev’essere fuori da questa porta, non può esserci perché altrimenti non c’è dialogo. Il dialogo significa amare, donare quello che abbiamo dentro per amore dell’altro, e poi anche ricevere, arricchirsi”[2].
Un percorso di traduzione
In un percorso pluriennale, iniziato ancora da Chiara, si è incominciato a tradurre le linee della spiritualità focolarina in concetti e termini laici. Dio-Amore e la scelta di Dio veniva tradotto in “scelta dei valori assoluti”, seguire il raggio della volontà di Dio diventava “ascolto della coscienza” e così via: “So che state approfondendo alcuni punti della spiritualità del Movimento dei Focolari, manifestataci da Dio nei primi anni della nostra esperienza, origine di ogni successivo sviluppo del Movimento. Altrettanto essenziale è l’approfondimento dei valori umani fondamentali, base di ogni progresso umano e sociale, nei quali ci riconosciamo noi tutti. Il nostro rapporto può divenire ancora più stretto se ci illuminiamo reciprocamente sul rispettivo valore della coscienza personale e comunitaria, quella voce interiore che può guidare i nostri passi”[3].
“L’arte d’amare” è poi un concetto comune sia a Chiara Lubich, sia a pensatori laici come E. Fromm. Fra poco saremo impegnati nella traduzione di un altro cardine della spiritualità dell’unità: “Gesù nel suo abbandono dal Padre” in croce. I contenuti di questi punti vengono riflettuti, elaborati e vissuti in un percorso triennale dai diversi gruppi del dialogo nei diversi continenti. Alla fine sono presentati a un pubblico più vasto in un convegno internazionale.
Questo percorso comune si basa su un altro messaggio della Lubich: “Per noi, per la nostra fede… Gesù è dunque Dio e Uomo insieme. E, se particolarmente a Dio in Lui guardiamo, quando trattiamo, dialoghiamo con altri cristiani o con fedeli di altre religioni, sull’Uomo-Gesù fissiamo lo sguardo quando con voi desideriamo spenderci per il bene dell’uomo, le sue necessità, ma anche quando vogliamo comprendere le sue immense potenzialità e le sue ricchezze” (2001). E tre anni più tardi aggiunge: “Sapete, carissimi amici di convinzioni non religiose, che senza di voi il Movimento dei Focolari perderebbe la sua identità. Voi infatti possedete in grande misura quei valori umani e belli che vorremmo divenissero patrimonio di tanti e che sono essenziali al nostro comune ideale: la fratellanza universale” (2004).
Più che in concetti questi amici traducono l’eredità di Chiara Lubich in realizzazioni concrete, anzi in uno stile di vita. Come l’impegno di un sindaco per le necessità di persone o gruppi che hanno un orientamento politico diverso dal suo, facendo tesoro dell’incoraggiamento di Chiara ad “amare il partito dell’altro come il proprio”. Come il gruppo di medici che collabora gratuitamente con l’ospedale di Fontem nella foresta tropicale del Camerun o il musicista catalano che fa da punto di riferimento per un complesso musicale di quindicenni. Altri lavorano per gente svantaggiata in diversi continenti, vendendo artigianato di Betlemme o allestendo una libreria mobile in una zona depressa dell’America Latina. Da non credenti si battono per la libertà di espressione religiosa per gli immigrati nell’Europa ecc.
“Ci deve essere un’intersezione tra Chiara e gli atei, un’esperienza comune, se no, non si spiega”, commentava il vescovo ausiliare di Graz, F. Lackner, egli stesso seguace di un carisma, quello di Francesco d’Assisi, sapendo del legame intimo tra Chiara e gli amici di convinzione non religiosa. Torniamo ancora a Dakar e allo studente ateo. Eravamo ospitati dagli Oblati di Maria Immacolata. Giuseppe, il responsabile della provincia religiosa ci aveva preparato in maniera magnifica la stanza e tutto. Spesso era lui a servire noi e i suoi confratelli a tavola e a fare tanti altri servizi. Il clima di fratellanza che trovavamo in quella casa quindi non era solo occasionale. “Che meraviglia stare in un paese del tutto sconosciuto e avere un luogo dove trovarsi davvero a casa!”, esclamava S. la terza sera al nostro viaggio di ritorno dal forum sociale mondiale alla casa degli Oblati.
[1] C. Lubich, Messaggio al congresso, in C. Dal Rì – A. Diana (edd.), Costruire insieme un mondo unito. Atti del congresso 2-3 maggio 1992, Città Nuova, Roma 1992, pp. 13-14.
[2] Id., Risposta sul non proselitismo (8 febbraio 1998), in C. Dal Rì – A. Diana (edd.), Atti del corso di approfondimento per “amici del dialogo”, cit., p. 20.
[3] Id., Messaggio (6 aprile 2006).