Fiumicino, tra jet e navi onerarie
A pochi passi dall'aeroporto si trova l'antico scalo navale voluto dall'imperatore Claudio.
Ci troviamo nell’area dell’aeroporto romano di Fiumicino, e precisamente sul terrazzo del Museo delle navi romane, dove Franca, l’addetta al servizio di vigilanza, ci sta dando cognizione del sito. Qui era l’antico porto voluto dall’imperatore Claudio tra il 42 e il 54 d.C. per dotare di uno sbocco a mare la capitale: opera grandiosa, di circa 80 ettari, con un molo foraneo lungo 800 metri e un faro alto, si dice, pressappoco quanto l’attuale torre di controllo; ma anche opera criticata in quanto si prestava – come poi avvenne – al progressivo insabbiamento dovuto all’azione tenace del Tevere. Più tardi, tra il 103 e il 112 d.C., la necessità di uno scalo efficiente determinò Traiano a realizzare un più interno bacino artificiale di 33 ettari, collegato mediante darsene al precedente. Un jet decolla maestoso proprio da dove, con un po’ di fantasia, si può immaginare l’arrivo delle grandi navi onerarie, che affluivano da tutte le rotte dell’impero coi loro carichi di derrate, di vini, di olii, di spezie, di metalli, di stoffe e di cento altri generi, non esclusi gli schiavi. Di alcune di esse, scavi recenti in quest’area – dove manco a farlo apposta oggi si ripete in altra forma il movimento di passeggeri e merci di ieri – ci hanno restituito le chiglie e parte del fasciame, insieme a testimonianze relative al loro corredo.
È una piccola flotta composta da quattro navi mercantili, una barca da pesca e frammenti di altre navi, ora ospitata in questo interessantissimo ma ancora poco conosciuto museo. Ci entri un po’ stordito dal labirinto delle rotatorie aeroportuali, e ti sembra di entrare in un altro mondo, piacevolmente sorpreso dall’aria di famiglia che si respira tra gli addetti ai servizi.
Collocate su telai metallici, le due onerarie maggiori costituiscono un superbo colpo d’occhio per le linee non prive di eleganza delle chiglie, come pure per le soluzioni tecniche adottate. Ma chi la fa quasi da padrona qui è la cosiddetta "barca del pescatore", un vero "unicum" che, per la sezione asimmetrica dello scafo e il tipo di propulsione (un solo rematore in piedi a poppa) può essere considerata il prototipo delle gondole veneziane.
Siamo fortunati. Oggi è prevista anche una visita guidata al vicino porto di Traiano, di cui si va attuando a poco a poco il recupero, dopo l’eliminazione dello zoo safari che vi si era installato: parte di esso è ancora da espropriare, parte invece è interessata da lavori di sistemazione e di restauro delle strutture scavate nel secolo scorso dai Torlonia.
Si sale in auto e dopo circa un chilometro ci si trova nell’area del porto traianeo, che poi non si limitava solo alle installazioni marittime e commerciali; attorno, infatti, si era sviluppata una vera e propria città, denominata Porto dalla fine del II secolo d.C.: essa, da appendice mercantile di Ostia, nell’arco di due secoli finì per superare quest’ultima come importanza. Fra l’altro, Porto conobbe una diffusione del cristianesimo ancora maggiore della città ostiense, ebbe numerosi martiri e fu anche sede vescovile.
Avanziamo in mezzo alla fitta boscaglia composta da lecci, cipressi, allori, pini, platani, tigli ed altre essenze, habitat ideale per molte specie faunistiche: qui ad ogni pie’ sospinto emergono i ruderi dei magazzini, dei portici, del palazzo imperiale, delle mura costantiniane. Vengono in mente certe visioni piranesiane. Purtroppo l’intatto bacino dove potevano attraccare contemporaneamente più di cento navigli risulta visibile solo a distanza, in quanto ancora proprietà privata. L’acqua vi arriva dal canale di Fiumicino attraverso un condotto moderno, e il suo esagono azzurro incastonato nel verde è tra le prime cose che colpiscono l’occhio del passeggero che si leva in volo.
Molto c’è ancora da fare perché il progetto di questo straordinario parco alle porte di Roma giunga – è proprio il caso di dirlo – in… porto. Ma quanto è stato già attuato fa ben sperare. Esso, fra l’altro, è solo parte di un più vasto parco archeologico-naturalistico – già definito ma ancora sulla carta – che, distendendosi tra la capitale e la linea della costa, tutelerebbe e riqualificherebbe una superficie di circa trentamila ettari, ponendo un freno alle continue lottizzazioni e al dilagare dell’abusivismo edilizio.