Fissare il male negli occhi
di
Michele Genisio
Fonte: Città Nuova - rivista+app con audio-articoli+tutti i contenuti del sito web+libri dossier
Fonte: Città Nuova - rivista+app con audio-articoli+tutti i contenuti del sito web+libri dossier
Flannery O’Connor, scrittrice cult in America. Un'imperdibile raccolta di inediti per conoscerla meglio.
Così vede il mondo Flannery O’Connor: incompiuto. Come un grande cantiere con su scritto “lavori in corso”. Un mondo creato da Dio all’insegna della libertà, ma forse proprio per questo continuamente rovinato dal maligno, e continuamente alimentato dalla grazia. Una lotta. Come in un ring. Lei è folgorata dalla frase evangelica: «Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono».
La grazia per lei non è innocua, come di solito si pensa. «A volte la grazia – scrive la O’Connor – può essere violenta o potrebbe dover competere con il tipo di male che posso concretamente compiere». Entra a gamba tesa sul mistero della vita, Flannery: la presenza del male che rende incompiuta la creazione. Fissare negli occhi il male può essere imbarazzante per un credente. Ma è assai peggio, in nome d’una visione di fede, non guardare alla vita così com’è.
«È quando la sua fede è debole, non quando è forte, che uno ha paura di un’onesta rappresentazione della realtà». Accettare l’incompiutezza è tutto quello che possiamo fare per non disperderci in teorie inutili, seppur religiose: accettare la realtà anche se a volte appare sconcertante e sembra contraddire la certezza nella vittoria del bene e nell’amore costante di Dio. È infatti solo nell’incompiutezza della realtà che possiamo incontrare veramente l’Eterno e avere un rapporto autentico con gli altri.
Se lo sguardo sulla realtà è necessario a tutti, è assolutamente indispensabile allo scrittore. Flannery O’Connor, di origine irlandese, nasce nel Sud degli Usa nel 1925. È fervente cattolica, ma allo stesso tempo certa della sua vocazione di scrittrice. Dice: «Scrivo come scrivo perché sono (non sebbene sia) cattolica… Se c’è una cosa tremenda a scrivere quando si è cristiani è che per te la realtà suprema è l’incarnazione, la realtà presente è l’incarnazione, e all’incarnazione non crede più nessuno». Ma, d’altro canto, Flannery non fa sconti neppure al lettore devoto che «ha ridotto la sua concezione del soprannaturale a un pio cliché». È convita che la fede non limiti l’artista, ma gli fornisca una visione più ampia per comprendere il mondo. «Non ho mai percepito l’essere cattolica come un limite alla libertà dello scrittore, piuttosto l’opposto. Mrs Tate mi diceva che dopo essere diventata cattolica, sentiva per la prima volta di poter usare gli occhi e accettare quello che vedeva, non doveva creare un nuovo universo, ma poteva prendere quello che trovava… Proprio perché sono cattolica non posso permettermi d’essere meno artista».
La O’Connor ha una vita breve. Muore a 39 anni, nel ’64, per lupus eritematoso. Della sua continua lotta con la malattia parla raramente. Nel ’60 annota: «Tra poco mi ricovero al Piedmont Hospital per farmi ispezionare le ossa. Si stanno sciogliendo o sgretolando o diventando porose o che so io». Sulla sua sofferenza, poco altro. Non si sposa, la sua vita è tutta proiettata nella missione di scrittrice. Quando la malattia lo consente, s’interessa della sua fattoria e alleva gli amati pavoni. Ha un debole per i volatili. A sei anni insegna a un pollo a camminare all’indietro. L’evento è filmato. Le immagini fanno il giro del Paese. Scrive poi scherzosamente: «Fu il momento culminante della mia vita. Tutto quello che è accaduto dopo non ha raggiunto quel livello».
La sua opera è scarna: due romanzi (La saggezza nel sangue, Garzanti; Il cielo è dei violenti, Einaudi), alcuni racconti, saggi, recensioni di libri. Ma per la potenza della sua visione è considerata in America una scrittrice cult. Ha folgorato tanti e diversi artisti, che si ritengono ispirati da lei: Attilio Bertolucci, John Huston, Quentin Tarantino, Bruce Springsteen, per citarne alcuni. Ora il gesuita Antonio Spadaro cura l’edizione di alcuni suoi saggi e lettere pubblicati per la prima volta in Italia: Il volto incompiuto (Rizzoli, 2011). Un’occasione per incontrare una scrittrice così avversa ai vaghi discorsi spirituali, all’intellettualità e alle teorie, che ammoniva: «Mostra quello che vuoi dire, e non avrai bisogno di dirlo». “Vedere” con gli occhi della O’Connor è un’esperienza a volte ruvida, ma salutare.
Box
«È bene capire che la massima dose di serietà ammette la massima dose di comicità. Solo se siamo certi della nostra fede possiamo vedere il lato comico dell’universo».
Flannery O’Connor