Finte schermaglie per non cambiare (quasi) nulla

Sarà la (mancata) riforma della legge elettorale a intonare il "de-profundis" sulla Seconda repubblica. Come nel rito di seppellimento dei defunti. Cioè di questi partiti
Parlamento

Ormai il disegno è palese. Si continua a cincischiare, facendo finta che si stia seriamente discutendo, nelle sedi parlamentari, per trovare un'intesa sulla nuova legge elettorale. In realtà l’intesa (nascosta) c’è già: ci faranno tornare a votare per la terza volta con il Porcellum. La strategia? Continuare a imprecare tutti, con ipocrita indignazione, contro quella legge, fingendo di aborrirla e di volerla cambiare; così, fino alla vigilia del voto.

Poi il presidente della Repubblica rivolgerà, per l’ennesima e ultima volta, il suo accorato appello alle Camere affinché si faccia un estremo tentativo per andare al voto con una legge elettorale comunque diversa da quella attuale. E, i partiti, con un colpo di coda, avranno un "sussulto di dignità" (sic): «Condividiamo l’appello di Napolitano – ci diranno i loro portavoce – e noi ce l’abbiamo proprio messa tutta. Ma purtroppo non c’è più il tempo per approvare una riforma organica e condivisa». E, al più, per superare l’eccezione sollevata dalla Corte costituzionale nel 2008 riguardo al Porcellum, in tutta fretta faranno approvare in Parlamento, a larga maggioranza, un’unica modifica: l’innalzamento al 40 per cento della soglia minima perché una coalizione possa usufruire del premio di maggioranza che le consenta di governare. Punto e basta.

Il resto è, purtroppo, un déjà-vu, un rituale noto sin dal 2006. Le segreterie centrali dei partiti – vecchi e nuovi (persino il Movimento 5 stelle di Grillo non potrà sottrarsi) – si dedicheranno a un compito delicato, quello di comporre le "liste bloccate", scegliendo, al posto di tutti noi cittadini elettori, coloro che ci rappresenteranno in Parlamento. Certamente, a loro valutazione, i migliori. E fuori dalla porta metteranno il cartello “Stiamo lavorando per voi”. Quasi a chiederci un “grazie” per questo impegnativo lavoro di "supplenza democratica" di cui sono costretti a farsi carico, loro malgrado.
«D’altronde, cosa volevate? – continueranno a ripeterci –. Il sistema delle preferenze è a rischio “inquinamento mafioso”, mentre le oligarchie partitiche ne sono immuni». E i quotidiani fatti di cronaca, di corruzione e collusioni con le mafie, che interessano proprio esponenti di vertice di questa casta? «Non dateci troppo credito: sono solo persecuzioni mediatiche e giudiziarie».

E aggiungeranno: «Non guardate alle ultime elezioni regionali siciliane; sono un’eccezione». Sì, è vero, dopo gli ultimi due governatori (uno che sconta una condanna in carcere per concorso esterno alla mafia,e l’altro sotto processo per l’accusa di reati analoghi) stavolta è stato eletto presidente Crocetta, un “condannato a morte dalla mafia”, e il primo partito è risultato il Movimento 5 stelle di Grillo, su cui tutto può dirsi tranne che su di esso abbia potuto investire la mafia.
Una rivoluzione. Senza liste bloccate e con l’utilizzo delle preferenze da parte dei cittadini elettori. Certo, le eccezioni non fanno la regola, ma… nemmeno la negano.

«Sì, ma – continueranno a ripetervi, sparando la seconda cartuccia dopo quella del "rischio inquinamento" – il sistema delle preferenze innalza a dismisura le spese delle campagne elettorali, e solo i ricchi possono essere eletti». Vi cito un contro-esempio. Nella circoscrizione della mia provincia, ci sono stati, è vero, deputati eletti con campagne elettorali di centinaia di migliaia di euro, ma anche un candidato che è approdato all’Assemblea regionale siciliana senza aver stampato un solo manifesto e distribuito nemmeno un volantino fac-simile. Ha lavorato soprattutto con i social network, registrando 6.500 consensi personali (gli stessi, grossomodo, conseguiti dagli altri 5 eletti nella circoscrizione), pressocché a costo zero. È un giovane trentenne, si chiama Stefano Zito, ha un lavoro e vive con sobria dignità. Ancora un'eccezione? Può darsi, ma quando le eccezioni crescono di numero forse la regola comincia e scricchiolare. Come i luoghi comuni.

Anche perché, sia quelli che hanno fatto le campagne milionarie che quelli che hanno speso solo pochi euro non si sono auto-candidati, ma sono stati inseriti nelle liste proprio dalle segreterie dei partiti. E spetta a queste ultime la selezione a monte del ceto politico, con criteri meritocratici. E se si paventa che siano solo i ricchi (magari anche di dubbia moralità pubblica) a prevalere nelle competizioni elettorali, provo ad avanzare una provocazione: poniamo un tetto rigoroso ai costi delle campagne elettorali (con spese documentabili e certificate) e mettiamo in lista solo gente onesta e dalle storie personali trasparenti.

E se si voterà ancora con le liste bloccate del Porcellum? Si rendano quantomeno obbligatorie le elezioni primarie di partito e di circoscrizione, per la individuazione dei candidati da inserire nelle liste e con quale graduatoria. È un doveroso tributo alla democrazia e alla sovranità dei cittadini. In caso contrario, al de profundis dei partiti farà seguito il dies irae: astensionismo alle stelle e aumento del voto di protesta. E non serviranno prefiche da pagare per piangere ai funerali.

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