Fine vita: punti interrogativi

Un commento sulla triste vicenda del Dj Fabo. Alcuni chiarimenti sulla legge del "fine vita" e alcune domande di senso sulla vita

La notizia meriterebbe rispetto e silenzio: un uomo di 39 anni, Fabiano, reso gravemente invalido da un incidente, rimasto perfettamente lucido e con un’attesa di vita probabilmente non molto diversa da quella dei suoi coetanei, disperato per la terribile invalidità decide di suicidarsi. Viene accompagnato in uno Stato che approva il suicidio assistito, e con un’ “approfondita” (?) valutazione di meno di 24 ore è “aiutato” a morire. Cioè viene ucciso (o messo nelle condizioni di uccidersi), per pietà. Questa la definizione “bioetica”, lasciando volutamente da parte le polemiche estremiste sugli interessi economici, ben noti, delle società organizzate che provvedono a tali procedure.

Vuoto, disperazione, dolore, compassione, astensione dal giudizio sono le uniche parole “autenticamente umane” che meriterebbero di essere utilizzate.

Chi volesse analizzare seriamente il “caso” di Dj Fabo sulla base della “legge del fine vita” (o meglio sulle disposizioni – o forse dichiarazioni, vedremo…anticipate di trattamento) in discussione in Parlamento non potrebbe che riconoscere che in nessun modo la legge, se approvata, avrebbe permesso al giovane di concludere in questo modo la sua vita… vita che non era “alla fine” (la legge in discussione non prevede l’eutanasia, tanto per essere chiari. Né “attiva” né “passiva” se proprio vogliamo usare una terminologia ambigua e confondente che non avrebbe più molto senso di essere usata: tutt’altro è la sedazione intenzionale profonda, ma non è questo l’ambito in cui approfondire il tema). “Male dell’anima” oltre che del corpo ferito, che – forse – avrebbe potuto essere in altri modi curato. Chissà… Chi può dirlo?

Non sono i ritardi della legge ad “averlo sulla coscienza”, come è stato detto da qualcuno.  La società intera forse dovrebbe farsi un esame di coscienza, ma siamo ancora capaci di coscienza? Di vicinanza? Di senso e significato? Di società? Lasciateci il diritto, in questo momento, di rimanere in silenzio, con nella mente e nel cuore le infinite storie quotidiane che nelle case e nelle famiglie “vanno diversamente”: ma sarebbe un oltraggio anche per queste infinite storie “sbandierarle” e “urlarle” come in uno stadio dove il tifo accieca e toglie lucidità. E un giovane è morto. Questa mattina. “Con una  procedura durata circa mezzora”. Musica di sottofondo. Pubblicità.

I tuttologi spaventano per le loro certezze. Se ne vedono  tanti, alcuni particolarmente prestigiosi e molto presenti.

Rimanere, in silenzio, dicevamo, senza risposte, ma “rimanere”, “stare”, “stare accanto”… Da qui si aprirebbe il grande capitolo delle cure palliative, il grande diritto “a non soffrire” che è uno dei diritti più dichiarati (senza di per sé bisogno di altre leggi), ma al tempo stesso fra i più misconosciuti.

Non varrebbe la pena di unire le forze per questo? La legge 38/2010 prevede questo diritto per ogni cittadino italiano, ed è una legge fra le più avanzate d’Europa. La legge sulle Dat in discussione in Parlamento ci pone in linea con le posizioni delle articolate legislazioni europee, come quella francese.

I “casi limite” sanno di forzatura, di tentativi di “spallata” che  finiscono solo per frammentare, accendere gli animi e in definitiva ritardare l’approvazione della legge o forse di rovinarla: qualche risultato deteriore in tal senso sembra lo stiano già ottenendo… Ma è questo ciò che si vuole?

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