Fine del Far West?
L’11 dicembre 2003 il Senato ha approvato la legge sulla procreazione artificiale; è, nella sostanza, il medesimo testo licenziato dalla Camera. Ai deputati ritornerà per un passaggio tecnico che non dovrebbe riservare sorprese. Lo scontro politico è stato forte; la visione che ne hanno fornito i media, sostenuta anche da un buon numero di politici, è stata quella di uno scontro fra “cattolici” e “laici”; mettiamo tra virgolette i due termini per l’ambiguità di significato che essi sempre più hanno assunto; e anche perché questo modo di presentare la vicenda non ci sembra esatto. La votazione finale ha contato 169 adesioni alle legge. Basterebbe questa cifra per stabilire che non è una legge “cattolica”: non ci sono 169 voti cattolici al Senato. E non è “cattolica” nei contenuti: la dottrina infatti esclude la fecondazione omologa, che la legge consente; così come non accetta l’equiparazione che la legge stabilisce fra “coppie di fatto” e coppie sposate nell’accesso alle tecniche di riproduzione. Dunque, i politici cattolici, nell’una e nell’altra coalizione, che si sono battuti per questa legge si sono assunti autonomamente e in coscienza le loro responsabilità, cercando di arrivare ad un testo che portasse il minor danno possibile. Del resto, ci sono stati parlamentari cattolici – pochi, in realtà – che si sono pronunciati contro la legge. Da dove arrivano, allora, i 169 voti? La legge è stata fortemente voluta dalla coalizione di governo. Forse qualche parlamentare del centro-destra ha votato a favore della legge senza esserne convinto, per obbedienza alla linea ufficiale dello schieramento; ma se casi del genere vi sono stati, non sono certamente numerosi: chi ha voluto dissentire lo ha fatto, e ha trovato numerosi organi di stampa e televisioni pronti ad amplificarne la voce. Il voto è stato trasversale agli schieramenti, con personalità politiche del centro-sinistra attivamente impegnate a favore della legge. La spiegazione, dunque, sta altrove; credo infatti che gli argomenti – di retta ragione, non di fede – proposti dai cattolici siano stati moralmente, giuridicamente e politicamente validi, al punto da far convergere sulle loro posizioni anche chi, non cattolico, ha riconosciuto la loro giustezza. È esatto allora dire che, con questa legge, la fede cattolica ha assunto una rilevanza pubblica: ma non perché sia stato imposto un punto di vista confessionale, bensì perché la fede ha saputo suggerire indicazioni che si sono tradotte in diritto e in azione politica, nel rispetto dell’ambito proprio di questi, a sostegno – e non a detrimento – dei diritti delle persone e dei compiti dello stato. Il primo articolo di questa legge assicura la tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il “concepito”. Il concepito è dunque tutelato. E questo è un atto di grande civiltà politica, che pone le basi per la fedeltà che il concepito, diventato adulto e cittadino consapevole, rivolgerà allo stato che lo ha protetto. È un’assunzione corretta e lungimirante, da parte dello stato, del primo dei propri compiti: la protezione del più debole. Coerenza vorrebbe che lo stesso stato proteggesse anche tutti gli altri deboli, e non solo i concepiti: i bambini, i giovani in cerca di lavoro, gli adulti che lo hanno perso. Tutte queste cose lo stato non riesce a farle; e certamente, fra coloro che hanno votato a favore del concepito, molti non hanno una adeguata consapevolezza che la protezione del debole comporta una ventaglio molto ampio di obblighi: l’avere protetto il concepito non li assolve da altre omissioni. Ma proprio per questo la protezione del concepito assume un enorme valore sociale: è l’affermazione del principio di tutela di tutti coloro che non hanno la forza per imporre i propri diritti. Coerentemente, il testo proibisce che questo soggetto umano – l’embrione – possa venire congelato, clonato, usato come materiale per sperimentazioni. Una parte della “comunità scientifica” è insorta: come si può impedire la ricerca – ha protestato – verso la quale nutrono speranze tanti ammalati? Una parte degli scienziati crede effettivamente a tale assunto. Ma in altri casi è lecito dubitarne: la ricerca sulle cellule staminali prelevate dagli adulti sta dando, infatti, ottimi risultati; sperimentare sugli embrioni non è affatto una necessità. Ci possono essere, invece, motivi di interesse: arrivare prima degli altri a un nuovo brevetto porta fama e guadagno. Il legislatore non ha bloccato la ricerca: ha stabilito la strada entro la quale essa può camminare senza ledere i diritti umani: o pensiamo veramente che scienziati e tecnici abbiano la facoltà di derogare a qualunque forma di rispetto per l’uomo presente, in nome di un beneficio futuro? Ogni legge ha in sé anche un valore culturale ed educativo: stabilendo ciò che è lecito e ciò che è illecito, contribuisce a formare la coscienza dei cittadini e ne orienta i comportamenti. Il messaggio culturale che la legge sulla procreazione artificiale trasmette è particolarmente ricco e complesso, con elementi fortemente positivi ma, anche, con rilevanti incoerenze. Afferma l’importanza della vita, in particolare della vita del debole; assume come prevalente il punto di vista del bambino e dei suoi diritti, sconfessando l’idea che esista un “diritto al figlio” a tutti i costi, mentre riconosce e protegge il diritto del bambino ad avere dei genitori: tale riconoscimento sarebbe stato rinforzato se, fra i requisiti di accesso alle tecniche, si fosse messo il matrimonio, cosicché l’ammissione dei conviventi è un punto debole della legge. La legge riconosce il valore del desiderio di maternità e paternità: lo favorisce consentendo l’accesso a tecniche che provocano dei danni che l’etica non può accettare, anche se si sforza di contenerli. È possibile ci sia chi, davanti a questi elementi contraddittori, in coscienza respinga la legge. Per parte nostra la giudichiamo, in gran parte, una buona legge, tenendo conto della situazione selvaggia che va a regolamentare, e delle condizioni politiche che davvero non consentivano di fare meglio. È una base di partenza che certamente si dovrà perfezionare, soprattutto tenendo conto delle novità che ulteriori progressi nelle tecniche, già nel breve periodo, potranno introdurre. Dizionario della procreazione artificiale Atto sessuale. L’atto sessuale è un atto personale e coniugale: è cioè un atto che coinvolge la totalità delle persone dei coniugi, in maniera libera, responsabile, esclusiva. Ciò significa che tale atto spetta solo ai due coniugi tra di loro, e che in quest’atto concorrono insieme, perché sia vero atto umano, le componenti biologica, psicologica (affettiva) e spirituale; la vita nascente non può essere separata dall’amore coniugale che la genera. L’essere umano, infatti, è sociale per natura; questa sua socialità è inscritta nella sua natura fin dall’inizio della vita: l’atto sessuale è la realtà sociale originaria. L’atto sessuale riguarda direttamente non solo i coniugi, ma anche la vita della persona che inizia il processo che porterà alla nascita. Caratteristiche di un intervento terapeutico. In generale, perché un intervento sia effettivamente terapeutico non basta l’intenzione dei soggetti coinvolti, ma esistono criteri oggettivi. Tra questi, ricordiamo che l’intervento è terapeutico quando si interviene sulla parte malata per salvare l’organismo sano; e che deve esserci una probabilità di riuscita proporzionata al rischio, oppure una proporzione tra i danni causati e i benefici. Le tecniche di procreazione artificiale non rimuovono le cause dell’infertilità e sterilità e, per portare un embrione alla meta (la nascita di un bambino), se ne perdono numerosi altri. Queste tecniche, dunque, non sono una cura, e neppure rispettano i criteri di probabilità e di proporzionalità. Quando è eticamente accettabile un intervento nell’ambito della procreazione? Un intervento medico è realmente terapeutico e dunque eticamente accettabile solo se realizza un aiuto all’atto coniugale, che risultasse di per sé completo, ma non efficace ai fini della procreazione; tale intervento non deve essere manipolatorio, né sostitutivo dell’atto coniugale. Dal punto di vista etico dunque, la fecondazione assistita (sia omologa che eterologa), essendo un atto sostitutivo dell’atto coniugale, non può essere accettata. Poiché però nelle legislazioni di un numero sempre maggiore di paesi si sta imponendo l’ammissione di tali metodiche, sembra opportuno impegnarsi per ottenere leggi vicine quanto più possibile al giudizio dell’etica, limitando cioè i danni causati da queste leggi. Fecondazione medicalmente assistita: omologa ed eterologa. È una fecondazione – cioè unione dei gameti – ottenuta con modalità diverse dal rapporto sessuale; nel caso della legge in questione, l’embrione viene creato in provetta. È una fecondazione “omologa” quando utilizza cellule germinali provenienti dalla coppia che ne fa richiesta; è “eterologa” quando interviene un donatore, che fornisce gli spermatozoi o le cellule- uovo. La fecondazione eterologa, vietata dalla legge appena approvata, comporta pesanti conseguenze; anzitutto, ognuno di noi ha diritto di sapere chi sono i suoi genitori: ma tale diritto all’identità viene negato, in quanto i donatori rimangono anonimi. Tale anonimato può compromettere la salute del figlio, nel momento in cui dovesse venire curato per una malattia genetica: verrebbero a mancare le informazioni legate all’identità dei genitori. Il figlio, inoltre, potrà trovare difficoltà nel processo di identificazione col padre (nel caso di donatore uomo). L’eterologa favorisce il pericolo del formarsi di una tendenza eugenistica: chi compra il seme, infatti, può voler scegliere la razza, e ottenere garanzie sulla salute e l’intelligenza del nascituro: da qui ad altre ulteriori selezioni il passo è breve. Si sostiene, per giustificare l’eterologa, che anche nei casi di adozione il bambino non cresce con i genitori biologici: ma l’adozione si giustifica col diritto di un bambino ad avere dei genitori, mentre non esiste un diritto dei coniugi di avere un figlio con qualunque mezzo. Embrione. Per embrione si intende la cellula uovo fecondata, a partire dalla penetrazione dello spermatozoo nella cellula uovo. L’embrione è un essere umano: di potenziale ha lo sviluppo che continuerà, del resto, anche dopo la nascita. La legge approvata dal Senato prescrive che ogni procedimento di procreazione artificiale possa produrre al massimo tre embrioni, che dovranno venire immediatamente impiantati. Vieta dunque la produzione di embrioni in soprannumero e, di conseguenza, il loro congelamento. Vieta inoltre la sperimentazione sugli embrioni, la clonazione e ogni altro intervento che non sia di carattere terapeutico per l’embrione stesso. Fino ad oggi, la produzione di embrioni in soprannumero ha fatto sì che ne esistano oltre 24 mila congelati. Resteranno disponibili per le coppie che li hanno concepiti e potranno essere dati in adozione ad altre coppie. Matrimonio. È preferibile che la fecondazione assistita sia riservata alle coppie unite in matrimonio, perché l’atto pubblico del matrimonio indica, da parte dei contraenti, una fiducia nel legame e una volontà espressa pubblicamente di proseguirlo fino alla morte, una consapevolezza della sua natura sociale e delle responsabilità che ne derivano: tutti elementi che costituiscono una migliore garanzia per i diritti del nascituro. È il punto di vista del nascituro, infatti, che lo stato deve adottare come determinante per l’ammissione alle tecniche di procreazione artificiale. Il testo licenziato dal senato ammette, però, “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi “. Via libera dunque alle cosiddette “coppie di fatto”; escluse, invece le “mamme-nonne”, le coppie omosessuali, i singoli. UNA LUNGA STRADA L’approvazione della legge è un risultato raggiunto attraverso l’azione congiunta di molteplici fattori: l’azione di alcuni parlamentari che hanno fatto opera di informazione e di convincimento presso i loro colleghi; l’impegno costante di organizzazioni quali il Movimento per la vita e il Forum delle associazioni familiari; e, in particolare, l’azione capillare messa in atto dal Movimento Famiglie Nuove, che non solo ha agito nelle famiglie e attraverso di esse, ma ha fornito la maggior parte delle forze all’azione di sensibilizzazione capillare dei parlamentari attuata fin dalla precedente legislatura. Inoltre, non va dimenticata l’azione del gruppo di deputati appartenenti ai diversi schieramenti, sostenuti dalla Fondazione Toni Weber che, insieme alle scuole di formazione politica “Res nova”, animò la campagna per una giusta legge sulla procreazione artificiale: quei deputati misero a punto un testo che costituì la base per quello che, a suo tempo, fu prima approvato dalla Camera e, poi, bocciato dal Senato; il gruppo trasversale non ottenne la legge, ma introdusse concretamente nella realtà parlamentare alcuni princìpi fondamentali, lasciandoli in eredità alla presente legislatura: anzitutto l’autorevolezza e la corretta autonomia del singolo parlamentare, che rappresenta la nazione e, pur nella fedeltà al proprio partito, non può identificarsi con esso; e, ancora, il principio che argomenti di fondamentale importanza come quelli che riguardano la vita, non possono essere oggetto di accordi vincolanti fra i partiti, ma appartengono alla libera coscienza del parlamentare.