Finalmente una commedia!
A Roma il Teatro dell’Opera, nell’anno verdiano e wagneriano, ha avuto la bella idea di farci rilassare da tanti drammi e visioni con il simpaticissimo Don Pasquale di Donizetti, assente da almeno una decina d’anni. La storiella è quella solita del vecchio zitellone che per fare un dispetto al nipote Ernesto vuol sposarsi proprio lui. Ma non ha fatto i conti col dottor Malatesta, amico del nipote, che lo fa sposare con la fiamma di costui, la scaltra Norina, sotto le vesti di una sua sorella. Il vecchio diventa matto perché la donna gliene fa passare di tutti i colori e alla fine si rende conto che è meglio lasciar stare e che il nipote sposi chi vuole, cioè appunto la furba Norina.
La commedia, di gran successo a Parigi nel 1842, continua a piacere ancora, e molto. Gli ingredienti ci sono tutti: un ritmo rapido e spiazzante, duetti di buffi comici, la sposina maliziosa e civettuola, e poi la musica in tempo di valzer, sospirosa e furba quanto basta. Se poi ci si mette un languido duetto d’amore, una serenata notturna e un pizzico di dramma – la sposina dà un solenne ceffone al marito – che fa risuonare la vena patetica di Donizetti, tutto è fatto.
La musica è bella, l’orchestra vellutata, agile e scaltra. Mai un minuto di noia, di ripetitività, sempre brio, astuzia e una gran bonomia, perché Donizetti è un bergamasco di cuore che piange o ride a seconda dei drammi, ma sempre sincero. Manca lo spiritello caustico e cinico di Rossini, qui è un gioco fatto per intrattenere e divertirsi con un riso e una piccola lacrima.
Ruggero Cappuccio ha avuto l’abilità di inscenare l’opera a Palazzo Altemps a Roma con gigantografie di foto, rapidi e semplici cambi di scena e una recitazione mai spiritata, ma cordiale e allegra com’è la musica. Dirigeva una vecchia volpe del belcanto come Bruno Campanella, attento a non coprire le voci con l’orchestra – una rarità, oggi – a tener bassi gli ottoni e lievi gli accompagnamenti, e a far sorridere i legni con i loro commenti maliziosi o languidi. Molto bello il duetto “Tornami a dir che m’ami” con il tappeto delle viole, soffice come un giardino notturno.
Nel cast – il secondo – si facevano notare Andrea Concetti (Don Pasquale) e Alessandro Luongo (Malatesta), oltre alla sprizzante Norina di Rosa Feola. Buono il coro.
Per chi volesse risentire questa commedia deliziosa e divertente consigliamo l’antica incisione con un grandissimo Tito Schipa e, più recente, quella malinconia e graziosa diretta Riccardo Muti, in cd e dvd.