Finalmente un governo a Beirut
Fuochi d’artificio a Beirut per festeggiare l’accordo raggiunto sul nuovo governo, dopo una difficile gestazione durata quasi 9 mesi dalle elezioni politiche del maggio scorso. Il premier uscente Saad Hariri è riuscito a riconfermarsi alla guida di un governo di unità nazionale formato da tutti i partiti, incluso il movimento sciita libanese Hezbollah, che fa parte della coalizione cristiano-sciita che ha vinto le elezioni.
L’ultimo ostacolo superato, che ha consentito ad Hariri di presentare al presidente della repubblica Michel Aoun la lista del nuovo esecutivo, è stato il consenso del leader cristiano delle Forze Libanesi, Samy Gemayel, all’insediamento come ministro della Salute di Jamil Jabak, molto vicino a Hezbollah.
La questione della forte presenza del Partito di Dio (Hezbollah) in Libano crea da sempre problemi soprattutto fuori dal Paese, a causa dell’ostilità di sauditi, israeliani e statunitensi, ferocemente ostili ad una determinante presenza sciita nella politica e addirittura nel governo del Paese dei cedri. In Occidente, inoltre, non è facile comprendere, complici i pregiudizi diffusi dai media per decenni, che gli sciiti sono oltre un terzo dei cittadini libanesi, pressappoco alla pari con i cristiani e più dei sunniti; e che non tutti gli sciiti libanesi sostengono Hezbollah, ma anche altre formazioni come Amal, tutte comunque nell’arco costituzionale.
La nuova compagine di governo individuata da Hariri dovrebbe comprendere 29 o 30 ministri e fra essi una novità molto interessante è costituita da ben 4 donne a capo dei dicasteri dell’energia, delle politiche giovanili e femminili, dello sviluppo amministrativo e addirittura degli interni.
Il Libano ha un estremo bisogno di un governo stabile per affrontare i gravi problemi del paese, che ha un debito pubblico vicino al 150% del Pil e deve districarsi in mezzo a forti pressioni internazionali.