I film sulla strage di Bologna
Poco. Troppo poco, finora, il cinema ha fatto per tenere viva la memoria sulla terribile strage di Bologna. Quella del 2 agosto del 1980, che uccise 85 innocenti e ne ferì altri 200. Sprazzi, accenni, piccole cose, qualche documentario e un solo film di finzione, piccolo e con i suoi limiti. Il cinema che manca, sulla bomba che scoppiò alle 10 e 25 di un sabato mattina per molti di vacanza, non è quello che vuole speculare su tanta violenza, ma quello che saprebbe imprimere indissolubilmente una pagina di storia dolorosa in molte coscienze. Un cinema per non dimenticare e per stringere in un abbraccio i parenti di quei morti. Dovrebbe essere un film coraggioso e insieme popolare, capace, con gli strumenti della miglior finzione, di penetrare onestamente l’emotività di chi guarda. Un film forte al punto da tatuare sotto la pelle di tanti, l’accaduto di quel giorno. Finora, come detto, forse per la complessità oscura della materia, il cinema ha preso solo di striscio l’argomento, e quando l’ha fatto direttamente l’ha centrato senza grandi strumenti a disposizione, quindi senza particolare forza. Del resto, per parlare di Piazza Fontana – altra aberrante strage italiana, tragicamente datata 12 dicembre 1969 – il cinema ci ha messo 43 anni: il film è quello di Marco Tullio Giordana, Romanzo di una strage, del 2012, mentre il primo minuscolo accenno cinematografico sulla barbarie del 2 agosto 1980 è del 2002 e viene dal regista – e soprattutto cantautore – Luciano Ligabue. Il film si intitola da Zero a Dieci ed è la storia di alcuni amici che tornano a Rimini dopo molti anni, per tentare, vanamente, di ritrovarvi le stesse emozioni di una vacanza vissuta da ragazzini. In quell’ormai lontana circostanza, uno di loro non raggiunse mai la destinazione, perché la potente esplosione lo travolse nel capoluogo emiliano. All’inizio del film gli amici lo ricordano, portando anche alcune rapide considerazioni sulla tragedia, e se tutto si riduce a qualche fugace parola, tre anni più tardi, nel film Romanzo criminale di Michele Placido, del 2005, sono soprattutto le immagini a parlare: il Freddo, un personaggio del film ispirato all’esponente della banda della Magliana Maurizio Abbatino, si trova alla stazione di Bologna quando tutto salta in aria. Le sequenze ricostruite si alternano a quelle, ancora più raccapriccianti, dei materiali di repertorio, e sono documenti fortemente disturbanti, dolorosi, insopportabili. Non parlano solo i corpi tirati fuori dalle macerie e dalle lamiere, ma anche le espressioni sconvolte di chi si trovava in quel momento nei paraggi, distrutto seppure non ferito. Il film di Placido accenna alle responsabilità della strage, raccontando che alla banda fu chiesto di prelevare l’uomo che lasciò la valigia contenente l’esplosivo, per poi ucciderlo subito dopo, in una località appena fuori Bologna. Romanzo criminale è una commistione modaiola e sbrigativa di finzione e storia tragica italiana, dove la fantasia si mescola liberamente a fatti reali, ma quando il Freddo viene catturato e interrogato, riguardo alla strage di Bologna parla senza mezzi termini di strage di stato, urlando al commissario che lo interroga che quella è «roba vostra». Anche nella serie omonima diretta Stefano Sollima, nel 2008, si parla della strage di Bologna, e addirittura una puntata intera – l’undicesima della prima stagione – è dedicata a quel momento così difficile, cupo e straziante della storia repubblicana. Più o meno le teorie sono le stesse: criminali assoldati da poteri oscuri per i loro macabri disegni politici. Teorie piazzate là dagli sceneggiatori prima che i protagonisti sgommino verso altre puntate ed altre avventure fascinosamente criminali. Un film tutto sulla strage di Bologna, tuttavia, esiste: si intitola Bologna, 2 agosto 1980 – i giorni della collera ed è stato diretto nel 2014 dai registi Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio. È un film asciutto, che ricorda quelli di genere poliziesco degli anni settanta e segue le carte dei processi, ricostruendo la vicenda a partire dall’accertata responsabilità degli esponenti dei N.a.r: Francesca Mambro e Valerio Fioravanti (nel film con nomi fittizi), entrati in un giro di grandi interessi di potere incrociati e ancora tutti da decodificare. Il film racconta il poco che si sa con certezza sulla strage e non si avventura in maniera decisa in una costruzione autoriale che produca una tesi particolare circa i mandanti della strage, ancora impuniti. Cerca di restituire il clima di quegli anni e quel 2 agosto del 1980, ma il compito, seppur svolto con palese impegno, non può dirsi del tutto risolto, né per coraggio né per forza espressiva. Ecco perché, sulla strage di Bologna manca ancora il film importante, quello potente, quello davvero efficace. Nel frattempo, tuttavia, accanto ai titoli citati va inserito anche un piccolo lavoro dal titolo La linea gialla, del 2015, mai distribuito in sala, ma solo in undici puntate sul sito La Repubblica.it. Nasce da un’idea dei giornalisti Aldo Balzanelli ed Emilio Marrese, che scrive il soggetto e la sceneggiatura. Ha per protagonista Valentina Lodovini nei panni di Angela Fresu, la più piccola delle 85 vittime della strage: una ragazzina toscana che aveva solo tre anni e morì insieme a sua madre, il cui corpo non venne mai ritrovato, talmente era vicino all’ordigno. Il film immagina che ormai adulta, Angela torni a Bologna nei giorni della commemorazione annuale e lentamente, ascoltando varie voci in giro per la città – e forse anche la sua anima profonda – prenda coscienza della sua tragica storia. Il film riesce ad essere leggero, teneramente poetico e a commuovere. Alcuni repertori stordiscono, mentre qua e là spuntano riflessioni non banali circa quell’eccidio che colpì persone provenienti da 50 paesi diversi. L’ultima parte del racconto è un reportage recente sulla famiglia di Angela: sono interviste ai suoi parenti più stretti, ad altre vite spezzate e ancora oggi segnate da quel tremendo, assurdo e inspiegabile giorno.