Figli: scelti dal medico o dai genitori?
Il dibattito dopo il Nobel per la medicina a Robert Edwards. Intervista a Daniela Notarfonso.
Due eventi accaduti di recente hanno riportato al centro del dibattito politico-sociale il tema della fecondazione assistita. Il 4 ottobre è stato attribuito il Nobel per la medicina a Robert Edwards, “padre” della fecondazione in provetta. Pochi giorni dopo, il Tribunale di Firenze ha rimandato la Legge 40 alla Corte costituzionale nella parte che vieta la fecondazione eterologa, che si ottiene con ovuli o seme esterni alla coppia.
Si riapre dunque un confronto delicato e difficile, che parte da «una sofferenza profonda, che ha a che fare con l’esperienza più intima di ogni persona: la sterilità, che irrompe nella vita di una famiglia in modo lacerante». Daniela Notarfonso, medico bioeticista di Roma, vicepresidente di “Scienza e vita” e direttore di un consultorio familiare, di coppie che non riescono ad avere figli ne incontra tante. Spesso sono persone confuse, indirizzate verso centri che praticano la fecondazione assistita senza essere stati né informati né consultati.
Il Nobel ad Edwards è stato contestato dalla Chiesa. Perché?
«Non si contesta la qualità scientifica della scoperta, ma l’approccio riduzionistico che c’è dietro. Il merito di Edwards è di aver ottimizzato le tecniche utilizzate in veterinaria, applicandole alla donna. Ma c’è il pericolo di trasformare la procreazione, trasmissione di un patrimonio di vita, in un meccanismo tecnico scientifico e questo credo che non renda un servizio all’uomo».
Vale a dire?
«Il primo punto riguarda la procreazione, diventata mera riproduzione. Il secondo è lo spreco degli embrioni: quando si scelgono quelli da impiantare, molti vengono scartati e congelati. Per far nascere un bambino si verifica una selezione, ma se si accenna la minima critica si viene tacciati come retrogradi».
Poi c’è il problema della salute della donna…
«La fecondazione assistita necessita di un’aggressione, dal punto di vista terapeutico, al corpo della donna: bombardamento di ormoni, prelievo di ovociti. Tutte queste cose lasciano perplessa la Chiesa cattolica, che guarda al significato più profondo della procreazione. È il rispetto della vita la differenza tra l’uomo e l’animale. Inoltre, non è stato fatto nulla per rimuovere le cause dell’infertilità».
Non si cura l’infertilità perché non conviene?
«L’infertilità è cresciuta ed è legata a fattori quali inquinamento, stress, aumento dell’età media in cui si pensa a un figlio, incremento delle malattie sessualmente trasmesse e mancanza di politiche sociali per le famiglie giovani. Esistono poi problematiche che andrebbero approfondite. Nel volere un figlio a tutti i costi, bisognerebbe tener presente che nessuno può essere considerato uno strumento per soddisfare un bisogno di un altro. Andrebbero studiati gli effetti sul nascituro, scelto tra altri embrioni non come risultante di un atto d’amore, ma per la scelta di un medico. È stato il prescelto, ma sarebbe potuto essere l’embrione eliminato. Questo genera un’insicurezza esistenziale, che non si accorda con il rispetto per l’unicità di ogni uomo, necessaria misura di ogni relazione: non è certo una questione di poco conto».