Figli di un Dio minore
Il presidente Napolitano, durante l'incontro con la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, si è espresso a favore del diritto di cittadinanza per chi è nato o cresciuto in Italia. Due le proposte di legge di iniziativa popolare in questo senso
Il fatto che in Italia non esista una legge che garantisca la cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da genitori immigrati è «una follia e un’assurdità». L’appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato oggetto per tutta la giornata di ieri di un vivace e continuo rimbalzo di dichiarazioni tra le varie forze politiche. Sta di fatto che anche questa volta il presidente Napolitano ha saputo mettere al centro dell’attenzione un tema particolarmente caro al mondo associativo. E fa piacere che lo abbia fatto ricevendo ieri al Quirinale una delegazione della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) che è in prima linea insieme ad un vasto cartello di 19 associazioni nel promuovere la campagna "L’Italia sono anch’io".
Era stato il pastore Massimo Aquilante, presidente della Fcei, a parlare della campagna nel suo saluto al presidente Napolitano. L’iniziativa, che merita di essere approfondita (www.litaliasonoanchio.it/), sta portando avanti due proposte di legge di iniziativa popolare: la prima mira ad assegnare allo ius soli, cioè il diritto di essere cittadini del Paese nel quale si nasce, un ruolo di primario rilievo; la seconda chiede il riconoscimento del diritto di voto amministrativo per chi risiede per un periodo congruo (cinque anni). La campagna nasce dalla considerazione che oggi nel nostro Paese vivono oltre 5 milioni di persone di origine straniera. Molti di loro sono bambini e ragazzi nati o cresciuti qui, che solo al compimento del 18° anno di età si vedono riconosciuta la possibilità di ottenere la cittadinanza, iniziando nella maggior parte dei casi un lungo percorso burocratico.
Ieri Napolitano ha usato parole molto belle per descrivere la situazione in cui si trovano i minori figli di immigrati nel nostro Paese. Centinaia di migliaia di bambini che parlano la nostro lingua, conoscono e studiano la nostra storia, frequentano le nostre scuole e che «non sono riconosciuti come cittadini». «L’Italia – ha detto Napolitano – ha bisogno di loro per acquisire nuove e vitali energie in una società invecchiata, se non sclerotizzata».
Immediate le reazioni delle associazioni che sostengono la campagna popolare. «È vero ciò che dice il presidente della Repubblica – dice presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero -: negare la cittadinanza italiana a questi bambini è una vera follia. Solo un pregiudizio ideologico e demagogico ha impedito finora di procedere in questa direzione, come richiesto da larga fetta della società civile». E da Fiuggi, dove è in corso il convegno annuale della Caritas Nazionale, il suo direttore mons. Vittorio Nozza ha espresso l’auspicio «che si metta mano in maniera seria, graduale e responsabile ad una legge concreta, rivedendo e ritoccando quei provvedimenti che finora non hanno facilitato l’integrazione dei figli degli immigrati nella società italiana».