Fiducia al governo e maggioranza inedita

Va costruito un “nuovo” progetto, più capace di esprimere le istanze generali e le questioni aperte dalla società civile.
Umberto Bossi e Silvio Berlusconi

Un 29 settembre, suo 74esimo compleanno, che non dimenticherà, Silvio Berlusconi. Alle 11,00 era in Aula alla Camera per presentare le linee programmatiche aggiornate del proprio governo, per chiedere nuovamente la fiducia. E l’esito del voto è stato apparentemente tranquillizzante: ben 342 voti a favore, a fronte dei 316 minimi necessari, e l’opposizione che si ferma a 275; ma non era certo dei migliori lo stato d’animo del presidente del Consiglio. Un annuncio lo si era avuto sin dal suo intervento iniziale: un discorso pieno di buona volontà, dai toni smussati e dalle molteplici aperture all’opposizione “di centro” (tutela della vita, quoziente familiare, investimenti per il Sud…).

 

Eppure, un discorso dolorosamente stanco. Dietro le ripetute buone intenzioni, elencate con meticolosa precisione (al punto di citare anche la conclusione della Salerno-Reggio Calabria…) traspariva un inedito Berlusconi, apparentemente debole e disorientato, costretto in rigidi panni. Per la prima volta, infatti, la fiducia doveva conquistarsela davvero (e dovrà mantenerla anche in futuro) e non solo sul piano dei numeri. Quelli, si sapeva che ci sarebbero stati; in più, il giorno prima ben sette deputati si erano dimessi dai propri gruppi di opposizione per convogliare nella maggioranza, e passi per la defezione inattesa dei tre liberal-democratici.

 

Il dibattito ha rivelato la situazione. Se dalla Lega (a parte, com’è ovvio, dal Pdl) sono arrivate parole nitide di sostegno, dai deputati di Futuro e libertà e del Movimento per le autonomie è arrivato invece un “sì” condizionato, divenuto pesante al momento dell’esame del voto: il consenso finale, infatti, dipende proprio dai voti dei deputati appartenenti a quei due gruppi.

 

Un autentico cambio di prospettiva, per il governo e per lo stesso Berlusconi, che vede ridisegnato il proprio profilo di leader, al punto che i giornali del giorno dopo non possono omettere la citazione delle elezioni anticipate. Ma occorre tenere i nervi saldi. La maggioranza c’è e sulla sua nuova conformazione, frutto dell’emergere di tutte le ispirazioni culturali presenti al suo interno, va costruito un “nuovo” governo (magari con la stessa composizione), più capace di esprimere istanze generali: proprio il compito che attende il presidente del Consiglio. Un’occasione per affrontare finalmente le grandi questioni aperte, quelle stesse invocate da Emma Marcegaglia, alla guida di Confindustria, o dai sindacati o dalle famiglie, sempre più in sofferenza.

 

Una parola sul dibattito: tra tanti interventi competenti e costruttivi, seppur magari da posizioni critiche, va stigmatizzato lo spettacolo sconveniente offerto da Antonio Di Pietro, davvero non degno di un’Aula parlamentare. Non si può sperare di costruire un’alternativa con la violenza, seppure solo verbale.

 

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