Fidene, un gatto e una capanna
Nella borgata romana di Villa Spada si può visitare l'antica Fidene.
Cosa ci fa in quello spiazzo recintato, sullo sfondo di moderni edifici, una capanna di foggia arcaica, dall’elegante tetto a quattro spioventi? Siamo al chilometro 11 della via Salaria, sulla sinistra del Tevere, nell’area della borgata romana di Villa Spada. Qui, scavi iniziati negli anni Settanta, stanno riportando alla luce l’antica Fidene, la cui origine si fa risalire nientemeno che al figlio di Enea, Ascanio.
Sono tornati alla luce, fra l’altro, i resti ben conservati di una capanna dell’età del ferro, ora di nuovo interrata per protezione. E questo è, appunto, il suo modello in scala reale: un riuscito tentativo di interpretazione dei dati archeologici, tappa di un più vasto progetto di musealizzazione e di sistemazione a verde di quest’area.
Che tipi questi archeologi! Da una quantità di indizi minimi sono in grado di imbastirti una telenovela, compresa la vicenda pietosa di un gatto, i cui ossicini appaiono meticolosamente ordinati dentro una bacheca. Si tratta – pensate! – del più antico micio domestico attestato in Italia (risale a oltre 2700 anni fa). Poveraccio, finì bruciato con l’intera capanna: probabilmente era legato ad un palo quando essa prese fuoco, forse comunicato da qualche scintilla del focolare.
Ma com’era fatta una capanna dell’età del ferro? Questa di Fidene aveva una pianta rettangolare e una superficie abitativa non troppo ampia, circa 30 mq: a giudicare dal rinvenimento di alcuni recipienti atti alla conservazione di oli e altre derrate, decisamente troppo grossi per le esigenze di pochi, sembra fungesse anche da magazzino alimentare per un intero clan, distribuito in capanne vicine.
L’ingresso è preceduto da un piccolo portico. Le pareti sono di argilla impastata con frammenti ceramici ed elementi vegetali. Quattro pali portanti sostengono il tetto di canne e paglia, che sulla sommità lascia due aperture per l’illuminazione e l’esalazione dei fumi. Nella parte sud si preparavano e consumavano i pasti, forse anche si dormiva. La metà nord, invece, era adibita quasi esclusivamente a deposito alimentare, come testimoniano i contenitori grandi e piccoli riprodotti in copia.
È facile, visitando la capanna, immaginare la vita quotidiana di una comunità prevalentemente agricola, simile a quella che ancor oggi si svolge in tante parti del mondo. Vita bruscamente interrotta dall’incendio che ne sigillò le tracce per questo XXI secolo, restituendoci il sapore intimo di una dimensione comune all’uomo di tutti i tempi: il suo rapporto con la casa. Di qui, il fascino di certe scoperte e di certe riattualizzazioni.