Feuilleton libanese

Il premier designato, Moustapha Adib getta la spugna. Emmanuel Macron perde le staffe, e pronuncia un discorso infuocato. Il vero problema riguarda i comportamenti degli sciiti libanesi di Amal ed Hezbollah
Lebanon Protests (AP Photo/Bilal Hussein)

Sembrava che il tentativo affidato all’ambasciatore a Berlino, Moustapha Adib, dovesse andare in porto, perché in suo appoggio si era schierato il presidente francese Macron, forte del sostegno dell’Unione europea, in particolare della cancelliera Merkel, e del presidente statunitense Trump. In sostanza, l’accordo tra il presidente francese e i partiti al governo in Libano era di formare un governo di programma composto da tecnici indipendenti, come la thaoura, la rivoluzione, chiedeva dal 17 ottobre, e come appariva assolutamente necessario per risollevare un Paese tramortito dall’incredibile esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto scorso. Pena il mancato arrivo degli aiuti internazionali e nuove sanzioni ad personam sui beni di certi esponenti di rilievo della politica libanese. Adib ha fallito perché il tandem sciita Amal (Berri) e Hezbollah (Nasrallah) non ha ceduto sul voler nominare gli sciiti del governo, in particolare il ministro dell’Economia, che secondo gli accordi che avevano portato alla presidenza Michele Aoun doveva essere sempre e comunque uno sciita. Perché tale ministero? Perché in Libano è la chiave di ogni movimento di fondi, è il terminale degli aiuti provenienti dall’estero, è il principale responsabile delle trattative con le organizzazioni finanziare internazionali, è il regista del sistema bancario e finanziario libanese.

Macron, terminale della pressione internazionale in Libano, ha pronunciato parole di inaudita durezza contro la classe politica libanese, cercando di costringere l’insipiente congrega al comando del Paese dei cedri a cedere. Cosa tutt’altro che sicura, perché è ormai evidente che in Libano sta avvenendo una non dichiarata guerra tra gli Usa e i suoi alleati da una parte, e Iran con Russia, Cina e altri partecipanti dall’altra. Una mini-guerra mondiale concentrata nel piccolo territorio del Libano che, va ricordato, conta 4 milioni di abitanti (più un milione e passa di immigrati) e un territorio grande come l’Abruzzo.

Mustapha Adib, premier designato del Libano  (AP Photo/Bilal Hussein, File)
Mustapha Adib, premier designato del Libano (AP Photo/Bilal Hussein, File)

Cosa ha detto Macron? Ha accusato i leader libanesi di «aver tradito i propri impegni» nei confronti della Francia e della comunità internazionale. «Solo la straordinaria forza del popolo libanese ha permesso al Paese di preservare ciò che poteva ancora essere conservato – ha anche detto Macron –. La Francia è stata al suo fianco sin dalle prime ore e lo sarà sempre», ma «forza e amicizia incrollabili sono state tenute in ostaggio dai giochi mortali della corruzione e del terrore» della classe politica. Ha pure aggiunto che le diverse parti «hanno scelto di mettere al primo posto i propri interessi personali, di condannare il Libano al caos invece di beneficiare degli aiuti internazionali di cui il popolo libanese ha bisogno». E ancora: «Nessuno ha tenuto fede agli impegni presi il primo settembre, nessuno di voi può vincere contro gli altri», al punto che le autorità libanesi «hanno la piena e pesante responsabilità di questo fallimento. Mi vergogno per la leadership libanese», che fa vivere un «sistema di corruzione dove tutti rimangono perché tutti hanno intascato. Oggi poche decine di persone stanno abbattendo un Paese».

Accuse durissime, accolte da almeno la metà dei libanesi con sollievo, certo non dalla parte sciita che ha dovuto accusare un’altra gragnuola di accuse da parte del presidente francese, che ha detto testualmente: «Amal e Hezbollah hanno deciso esplicitamente che nulla deve cambiare». Aggiungendo che «ad ogni passo volevano nominare i loro ministri e il presidente Berri ha ammesso che era una decisione di Hezbollah». Contro il partito filo-iraniano ha avuto parole sferzanti: «Hezbollah non può essere allo stesso tempo un esercito in guerra contro Israele, una milizia scatenata contro i civili in Siria e un partito rispettabile in Libano. Non deve credersi più forte, deve dimostrare di rispettare il Libano nel suo insieme, mentre ha fatto il contrario in questi giorni».

Prospettive? Oscure per il momento. Si attendono le reazioni del fronte sciita, che si spera non siano violente. Il presidente francese ha comunque concesso una «ultima possibilità» per la formazione di un nuovo governo. Ha garantito che la road map di riforme presentata dalla Francia il primo settembre resta valida e che la responsabilità di quello che avverrà rimane totalmente nelle mani della leadership libanese. Macron ha infine detto che riunirà entro venti giorni i membri del gruppo di sostegno internazionale per il Libano «per consolidare l’unità della comunità internazionale sui prossimi passi, il primo dei quali sarà quello di chiedere che i risultati dell’indagine sulle cause dell’esplosione del 4 agosto siano finalmente accertati e resi pubblici e che siano designati i responsabili».

 

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