Festival della vita nascente: parola a una famiglia numerosa
Sabato 27 marzo, più di 40 associazioni italiane diverse (fra cui la promotrice, la Comunità Papa Giovanni XXIII, ma anche le Famiglie nuove – Movimento Focolari, il Movimento per la vita, il Centro studi Livatino) si uniranno per mettere in scena dalle 14.30 alle 17.30, il primo Festival della vita nascente. Con musica, interviste, storie e approfondimenti, verrà narrato lo spettacolo della vita, la bellezza della genitorialità. L’evento – che prende le mosse dalla città di Modena, dove fin dal 2006 si svolge l’annuale fiaccolata ecumenica per la vita nascente ideata da don Oreste Benzi – sarà online su www.giornatavitanascente.org, sul canale YouTube e sulle pagine Facebook delle associazioni aderenti. Tanti gli ospiti che hanno già confermato la loro presenza: Licia Colò, Pupi Avati, il presidente ISTAT Blangiardo, l’economista Leonardo Becchetti e Laura Miola, moglie, mamma e grande influencer.
L’iniziativa laica e apartitica ha lo scopo di promuovere la consapevolezza del valore sociale della maternità e della solidarietà fra generazioni. Per concretizzarlo, è utile essere in tanti, per lottare insieme per un primo obiettivo politico, sociale e culturale: chiedere al Parlamento che venga istituita, il 25 marzo – festa dell’Annunciazione, data in cui la Chiesa ricorda il concepimento di Gesù da parte di Maria – “La Giornata della Vita Nascente”.
La convinzione è che la denatalità, che attanaglia l’Italia e rischia di farla divenire fra anni un Paese di soli anziani, possa essere attenuata, ponendo in atto politiche per la famiglia, ma è di certo giusto dedicare anche una giornata, ogni anno, al sostegno della genitorialità, dando voce, perché no, proprio a loro: alle famiglie numerose e felici. Quelle famiglie che, superando dubbi e precarietà, hanno detto Sì alla vita, più volte, e possono testimoniare la bellezza del divenire genitori come la bellezza d’ogni figlio. Città Nuova ha voluto contribuire all’iniziativa, dando la parola alla famiglia Rota-Mondelli di Parma, facente parte dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose.
Quante volte avete detto Sì alla vita nascente?
Sposati molto giovani, 28 anni fa (se fosse stato possibile l’avremmo fatto anche qualche anno prima), desideravamo 8 figli e ci siamo messi “al lavoro” subito ma, per vari motivi, ci siamo poi fermati a 4. Giacomo è stato il primo, ancora più atteso del previsto, perché arrivato dopo un aborto spontaneo al terzo mese. Sono seguiti, in 13 anni, Mattia, Luca ed Emma.
Come giudicheresti la vostra esperienza genitoriale? Vi figuravate così da bambini?
Siamo genitori “nella norma”, come dice il sottotitolo del mio primo libro Io ti amoro, ovvero sull’arte, in disuso, di essere genitori normali. Diventare mamma e papà era il nostro progetto da subito e il nostro sogno da sempre: insieme l’abbiamo realizzato. Anche quando ero bambina io stessa, m’immaginavo con uno stuolo di pargoletti intorno e ho raggiunto l’obiettivo. A casa e sul lavoro.
Com’è la vostra famiglia “straordinariamente normale”? I ragazzi vanno d’accordo fra loro?
Oggi è una famiglia di adulti e semiadulti, pertanto molto diversa da quella di quando c’erano solo due due giovani genitori e quattro splendidi bambini. È una famiglia impegnativa e faticosa come solo le cose belle e di valore possono essere. I ragazzi sono indipendenti l’uno dall’altro, perché li abbiamo abituati e voluti crescere così, ma hanno il senso dell’unità familiare e non si tirano indietro di fronte ai problemi.
Nel Manifesto sottoscritto dalle associazioni aderenti al Festival per la vita nascente si legge: “Ogni bambino è un dono e ha una missione unica da svolgere nel mondo”. Cosa ne pensi?
Penso che ogni singolo bambino, anche da solo, è tutto ciò che dà senso al mondo intero: la sua missione, quindi, mi sembra chiara.
Oltre ad essere mamma, sei anche una maestra. Quanto incide, secondo te, per una donna che voglia aprirsi alla vita, la propensione ad essere educatrici? Riesci a conciliare con facilità i ritmi lavoro/casa?
Hai detto bene: io non faccio la maestra, io sono una maestra e il mio lavoro coincide in tutto e per tutto con la mia vita. Lo affronto con amore ed entusiasmo e i due mondi di casa e scuola coincidono come impegno, ritmo e scelte. Ora, poi, che i miei figli sono cresciuti, cerco di dare il meglio di me anche con i 25 bambini che ogni quinquennio mi vengono affidati.
Come avete vissuto la pandemia, tutti in casa?
Mi vergogno a dirlo… l’abbiamo vissuta benissimo, lavorando chi da casa, chi recandosi in azienda, senza ammalarci e con un grosso giardino a disposizione: abitiamo in campagna, attigui a due dei quattro nonni, circondati da animali (per la precisione, tre cani e 15 caprette) che ci fanno compagnia, ci rilassano, ci fanno stare a contatto con la natura.
Sei felice? E in cosa consiste per te la felicità?
Sono spesso stanca ma assolutamente felice: non ci manca niente di quanto è necessario e il superfluo non mi è mai interessato. La felicità? Uno scrittoio tutto mio con libri, quaderni, carta da lettere, computer, agenda cartacea e digitale, giornali, due cellulari, tablet, momenti a disposizione da poterci passare tranquilla, ritagliandomeli all’interno di giornate sempre pienissime; sapendo che il resto della famiglia è al sicuro e sereno, in casa con me o per la sua strada, non importa, perché l’autonomia è il primo valore fondamentale che ho cercato di far raggiungere ai ragazzi (e che perseguo con ogni mio singolo scolaro). Il marito/papà, invece, è più chioccia e, su questo punto, spesso, il dialogo fa scintille!
Cosa ne pensi dell’iniziativa del Festival: dedicare una giornata specifica alla vita concepita ma non ancora nata, una “giornata del nascituro”?
Come donna che ha vissuto il dolore della perdita di un bambino, penso che sia il primo passo per educarci tutti a prendere sul serio la meraviglia della Vita che i bambini ci possono aiutare a comprendere. Facciamoci prendere in mano da uno di loro e tutto sarà chiaro. Io lo sperimento ogni mattina.