Il Festival del Giornalismo di Perugia si chiude con numeri da record

I temi a cui è stato dedicato maggiore spazio sono stati la guerra in Ucraina, il fenomeno migratorio e la persecuzione ai giornalisti investigativi. Un appuntamento Made in Italy in cui vince la vera comunicazione.
Quattro degli oratori del Festival durante l'incontro "Ucraina, il percorso verso l'Europa e la resistenza contro l'invasore". Foto: Candela Copparon.

Grande soddisfazione alla chiusura della 17esima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, tenutosi a Perugia dal 19 al 23 aprile 2023. Un incontro che ha radunato grandi esperti dell’informazione e della comunicazione provenienti da tutto il mondo, una cifra non indifferente di 500 speaker tra cui anche premi Nobel e Pulitzer, che hanno approfondito temi di attualità scambiando pareri, esperienze e sapere.

In tutto si sono svolti 200 eventi, dalla prima mattinata fino a tarda serata, aperti non solo ai giornalisti ma a tutta la popolazione che vi ha voluto partecipare. Difficile è stato scegliere tra le diverse conferenze di un programma ben articolato e ricco di contenuti che ha suscitato un ampio interesse, tanto da vedere persone in lunghe file di attesa per ascoltare gli oratori, indipendentemente che fosse un sabato sera o una domenica pomeriggio.

Alcuni degli oratori del Festival alla fine di uno degli incontri, domenica 23 aprile 2023. Foto: Candela Copparoni.

Evento riuscito come risultato di un grande impegno e di una fantastica organizzazione che hanno attirato pubblico sia nazionale che internazionale. A riguardo Arianna Ciccone, cofondatrice del Festival Internazionale del Giornalismo insieme a Chris Potter, afferma che «quest’anno è stata un’edizione straordinaria, la migliore in assoluto di questi 17 anni», e aggiunge che «la diversità, la capacità di ospitare più voci, da più Paesi, e far incontrare anche culture e approcci al giornalismo diversi è la chiave dell’importanza di questo evento».

I temi trattati hanno toccato la realtà dei 5 continenti, analizzando le situazioni specifiche dei diversi Paesi, così come le questioni globali che ad oggi stiamo affrontando. Dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale al come i giovani consumano l’informazione e al come raggiungerli, dalle sfide del cambiamento climatico a quelle per i diritti delle donne, passando dal come prendersi cura della propria salute mentale e dalle nuove narrative per raccontare e risolvere i conflitti.

Come sottolineato da Ciccone, il Festival è stato caratterizzato dai reportage legati all’invasione russa in Ucraina e alla violenza e le minacce perpetrate verso i giornalisti investigativi. In relazione a questi, anche il fenomeno delle migrazioni ha avuto uno spazio centrale. Uno dei vari incontri in cui si è parlato di guerre e migrazioni è stato l’intervista alla giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi, già inviata di guerra in Afghanistan, Siria, Libia o Ucraina, che evidenzia che «raccontare la guerra è sempre frustrante. Ti rendi conto che la tua testimonianza non vale niente, viene equiparata per una assurda degenerazione del nostro sistema mediatico all’opinione di un altro». Secondo la scrittrice, poi, le parole che usiamo oggi per parlare dell’attualità non sono più aderenti alla realtà, «raccontano un mondo che non esiste più», per cui avverte che «dobbiamo proprio ripensare il lessico della sofferenza»; e aggiunge che «la gentilezza è l’unica arma che abbiamo per sottrarci dal veleno con cui abbiamo riempito il dibattito pubblico».

A sinistra la giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi, intervistata dalla cofondatrice del Festival Arianna Ciccone. Foto: Candela Copparoni.

Particolarmente toccanti sono state anche le testimonianze dei reporter ucraini che sin dall’inizio hanno raccontato la guerra e che continuano ad adattare il loro modo di produrre informazione alla drammatica situazione di conflitto, così come dei giornalisti russi in esilio minacciati a causa del loro impegno contro il regime.

Dai differenti dialoghi tra gli esperti di comunicazione sono emersi alcuni punti fondamentali sul come svolgere la professione giornalistica oggi. Ad esempio è stata sottolineata l’importanza di lavorare in rete con altri attori impegnati nello stesso settore – anche a livello internazionale –, di raggiungere il pubblico giovane nei luoghi da loro frequentati – con speciale attenzione ai social network –, di essere consapevoli dei rischi per lavorare in sicurezza, di continuare a raccontare la situazione in Ucraina per porre fine alla guerra, e di ascoltare la testimonianza di chi la sofferenza la vive in prima persona per dare una lettura veritiera degli accaduti.

Dialogo tra Daria Bignardi, Vera Gheno e Loredana Liepperini su “Come le scrittrici hanno cambiato il mondo”, presso la Sala dei Notari, al Palazzo dei Priori di Perugia. Foto: Candela Copparoni.

In più si è posta l’attenzione sulla rilevanza di un cambio di narrativa, di un giornalismo basato sulle soluzioni che dà visibilità alle azioni positive che le persone mettono in atto per far fronte ai conflitti, offrendo così una storia completa e uno sguardo di fiducia.

Particolarmente gettonati sono stati gli eventi del sabato sera. In primo luogo l’intervista di Corrado Formigli a Roberto Saviano nell’Auditorium San Francesco al Prato di Perugia, dove si è parlato in un clima di assoluto silenzio ed enorme attenzione della politica migratoria adottata dal governo italiano e della correlata campagna di terrore che definisce l’accoglienza dei migranti come “invasione pianificata” e “sostituzione etnica”. Oltre alle gravissime morti nel Mediterraneo –che in altre conferenze del Festival sono state definite come “buco nero” per la mancanza di accesso all’informazione e il trattamento delle morti come “segreto di Stato”–, Formigli ha denunciato che «in Italia chi oggi fa delle domande o delle critiche non è un giornalista, è una controparte, è un politico di opposizione». Da parte sua, Saviano ha incoraggiato il pubblico a fermare la propaganda della paura mantenendo gli occhi aperti e la libertà di pensare, assicurando che «ciascuno di noi può fare la differenza». Dopo questo momento di incontro, l’appuntamento con l’informazione è continuato fino a oltre la mezzanotte con il programma in diretta Propaganda Live, che ha anch’esso colmato l’Auditorium.

Roberto Saviano, intervistato all’Auditorium San Francesco al Prato di Perugia da Corrado Formigli. Foto: Candela Copparoni.

Intervistata da Città Nuova a conclusione del Festival, Arianna Ciccone afferma che l’interesse risiede nel «riuscire a portare esperienze diverse a confronto, e soprattutto fare incontrare il pubblico con chi fa informazione, perché soltanto in questo modo si può migliorare nel confronto, nella conversazione e nello scambio il giornalismo, che è uno dei pilastri più importanti della democrazia». Con questa pretesa, Perugia è diventata ancora una volta capitale globale dell’informazione, e ha visto le sue strade riempite da migliaia di persone provenienti da ogni latitudine. Un’esperienza interculturale che, come chi l’ha vissuta in prima persona testimonia, ha portato più di una volta a chiedersi in quale Paese ci trovassimo dato il costante e naturale passaggio da una lingua all’altra.

L’appuntamento per il 2024 è già stato annunciato: si svolgerà dal 17 al 21 aprile, sempre nella capitale umbra.

Chiusura del Festival del Giornalismo 2023 con un reading musicale intitolato “La resistenza delle donne”. Foto: Candela Copparoni.

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