Festa del cinema di Roma, cala il sipario

Si chiude la 15esima edizione della kermesse, appena prima della decisione governativa di chiudere i cinema e i teatri per contenere il coronavirus. La scelta contenuta nel Dpcm va a colpire un settore già fortmente in crisi e si scontra con il risultato postivo della manifestazione romana
Il cast di Romulus al Festival del cinema di Roma (AP Photo/Gregorio Borgia)

Lo choc per i provvedimenti governativi che colpiscono pesantemente teatri cinema musica – cioè i luoghi in cui la creatività si può esprimere – è grande, se non altro per le centinaia di persone, spesso giovani, che si ritrovano senza lavoro e prospettive. Eppure, il coraggio della Festa del cinema romano, come quello della kermesse veneziana, ha dato una buona prova di saper affrontare la pandemia con coscienza, nonostante le prevedibili grande assenze, e con buoni numeri sia di partecipanti che di lavori presentati.

Un esempio lo offre il film di chiusura Cosa sarà di Francesco Bruni, un lavoro che dà speranza, per stile e contenuto, una ripresa autoriale del nostro cinema. La storia narrata è vera, ed è capitata allo stesso regista che nel 2018 ha subito un trapianto di midollo grazie al fratello. Qui il regista svagato e un po’ egocentrico Bruno Salvati – interpretato da Kim Rossi Stuart con verità e misura – ha la sorpresa di sentirsi invaso dalla malattia. Sgomento, paura, chiusura verso la moglie e i due figli (la ragazza è forte, mentre il ragazzo è timido) e poi l’ospedale. Gli stati d’animo sono variabili: le paure, le lacrime nascoste e i flashback del passato, come l’infanzia, il rapporto con il produttore, la moglie da cui si separa, si incrociano con armonia con il vissuto del presente, fra cui la scoperta di avere una sorella, frutto di un amore passato del padre. Qui si innesta la verità dei rapporti umani e familiari raccontati con discrezione e ironia, ma dove il regista colpisce la fragilità maschile e dei padri. Invece, la figura della madre morta ritorna consolatrice nei momenti dello smarrimento, ed è forse l’attimo più intenso della storia. Sorriso, commozione sincera, speranza sono le doti di un’opera diretta senza pietismi e vicina alla realtà, immersa in una luce fioca ma pulita e con una schiera di attrici e attori perfetti, tra cui l’umanissimo infermiere barese Nicola Nocella. Un film da rivedere, quando si potrà.

Il regista Francesco Bruni al Festival del cinema di Roma (AP Photo/Alessandra Tarantino)
Il regista Francesco Bruni alla Festa del cinema di Roma (AP Photo/Alessandra Tarantino)

E umano, molto umano è stato il film premiato dal pubblico cioè E’tè 85 di Francois Ozon, di cui abbiamo già parlato. Parla di una storia d’amore fra due ragazzi e una ragazza nel contesto di una passione adolescenziale con i suoi furori e pianti, fragile e forte, tempestosa e immatura nell’inevitabile connubio post-romantico di amore e morte, ma raccontato con misura da un regista attento al dettaglio e ai sentimenti.

Alice in città, la sezione parallela per le giovani generazioni, è da sempre il fiore all’occhiello della kermesse romana, e quest’anno vede vincitrice Miranda July con il suo film Kajiilionaire, un crime drama di ragazzi rapinatori, frutto di genitori tossici, che fotografa una realtà attuale con immagini dolci e spietate al tempo stesso. Ibrahim di Samir Guesmi– premio Camera d’oro Alice- racconta invece del ragazzo sognatore nella periferia parigina che aiuta audacemente il padre a pagare i debiti. Storie dunque di giovani e ragazzi che vivono in un mondo difficile, a tratti però con raggi di sole. Sul più bello si scopre un amore possibile-impossibile tra la più brutta e il più bello della scuola.

Centrale, in questa edizione, la Storia in una città a cui scorre nelle vene non parrà strano che il cinema anche oggi ne riproponga alcuni lavori, dall’antichità fino alla Guerra fredda. Quest’ultima anzi è la protagonista di due opere diverse per stile e contenuto, ma non per atmosfera. La prima è il documentario della regista lituana Guiedre Zickyte intitolato The Jump.

La storia reale è quella di un episodio sconvolgente del 1970. Una motovedetta americana incontra un peschereccio sovietico al largo della costa orientale degli Usa per parlare dei diritti di pesca nell’Atlantico. Un marinaio lituano d’improvviso piomba sulla nave americana chiedendo asilo politico. Le autorità degli Usa sono propense ad accettarlo. Si scatena una furia mediatica che diventa uno scandalo internazionale. Il film rievoca i fatti attraverso i ricordi del protagonista, Simas Kudirka, 86 anni, il marinaio che ha tentato l’impresa. Sfilano immagini fotografiche e televisive, gli ambienti delle prigioni del KGB, le interviste al presidente Richard Nixon. Sembra di venire catapultati in un altro mondo che pochi conoscono. La sofferenza è passata e gli occhi limpidi degli anziani lo dimostrano, ma è valsa la pena ricordarla per non ricadere negli errori del passato.

Ritroviamo la medesima atmosfera sospesa in The Courier, i l film di Dominic Cooke con un grande Benedict Cumberbatch nei panni di un anonimo e quasi alcolizzato Greville Wynne, uomo d’affari con moglie e figlio, che dai servizi segreti anglo-americani viene inviato come bussinessman in Russia a contattare la spia sovietica Oleg Penkovsky, un militare che lavora ai piani alti del governo e ama la libertà e la pace. Sono gli anni Sessanta e la Guerra fredda fra Urss e Usa è al culmine: i due si passano documenti e diventano anche amici. Riescono ad evitare la catastrofe nucleare fra le superpotenze, ma pagano di persona: Greville viene imprigionato, torturato e infine rilasciato, il russo ucciso come un traditore. Il film, freddo e composto come un incastro, fa leva anche sui sentimenti di amicizia pur nel dramma, è ricco di suspence, ma misurato come ricostruzione storica. Da rivedere.

Un balzo indietro nell’VIII secolo a.C. e siamo a Romulus, la serie diretta da Matteo Rovere e presto su Sky. Ad Alba longa, Numitore è spodestato dal fratello Amulio in un mondo arcaico e superstizioso. Tre ragazzi si costruiranno il loro destino, lottando per diventare uomini. Ci riusciranno? Documentato, a quanto pare, parlato in latino arcaico, spettacolare, ha imparato dalle serie di Netflix sesso e crudeltà e decine di comparse. Vedremo. L’inizio non è male.

 

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