Ferrucci: Rivedere pensioni, Ici e costo del lavoro
Alberto Ferrucci si occupa di promozione d’impresa e scambi internazionali. La sua ricetta:
1. Basta pensioni di anzianità. Tutti a 65 anni da subito, con le ovvie eccezioni per le attività usuranti, prevedendo però assegni di sussistenza per chi rimane disoccupato prima di quella età senza sua colpa. È l’unica soluzione immediata per arrestare il flusso in uscita dalle casse dello Stato. Non ritengo fondata la tesi, sostenuta anche dall’Inps, su un bilancio in positivo nel settore previdenziale. Evidentemente prendono in esame i valori di cassa, di tesoreria e non di competenza. Come sappiamo tutti diventerà sempre più prevalente il sistema contributivo per le pensioni, quello che fa venir meno la solidarietà tra le generazioni con un calcolo basato su tutti i contributi versati durante l’intera vita assicurativa. Si riceverà, perciò solo il frutto di quanto accantonato dal singolo lavoratore. I contributi, quindi, non possono essere conteggiati in una massa indistinta da cui si attinge per pagare le pensioni odierne, ma dovrebbero andare in casse diverse. In questo modo si paleserebbe il disavanzo.
2. Bisogna rimettere l’Ici sulla prima casa, con eccezioni equitative già previste in passato. Una sorta di patrimoniale sugli immobili, come esiste dappertutto. Accanto, occorrerebbe introdurre una patrimoniale sui beni mobili, depositi titoli, oltre i centomila euro. Un prelievo molto modesto sulla ricchezza degli italiani, che però produrrebbe i suoi effetti. Sono misure ragionevoli, tanto che sono a favore della patrimoniale ad esempio anche la Confindustria e, in genere, anche i detentori delle ricchezze. A che serve mantenere il possesso di azioni o obbligazioni in un sistema che entra in crisi e fa precipitare il valore di questi titoli? È chiaro che un certo scetticismo può essere comprensibile se non si è sicuri del buon fine di questi prelievi che potrebbero, cioè, alimentare gli sprechi come i costi insostenibili della politica.
3. Bisogna tassare i credit default swap (cds), strumenti finanziari che sono praticamente delle assicurazioni sul credito ( per un giro di decine di migliaia di miliardi di euro a livello mondiale) finora sottratte alle registrazioni presso le banche. Basterebbe dichiarare che sono contratti validi solo quelli sottoposti ad un regime del genere. Non è affatto vero, come ho sentito dire anche da personaggi di primo piano, che così i capitali scapperebbero in altri Paesi, perché la grandissima parte di istituti finanziari che agiscono rispettando le leggi dovrebbero dichiarare queste esportazioni anche in nazioni considerate paradisi fiscali e gli utili da esse provenienti. Sono riserve e timori infondati, come avviene, per altro, nei confronti della Tobin tax.
Tutte queste risorse andrebbero subito impiegate per abbattere i contributi sul costo del lavoro, incentivando il lavoro dipendente a tempo indeterminato. Praticamente il contrario di quanto avviene con il regime attuale. La tassa sul lavoro è la cosa più controproducente in un momento in cui occorre favorire il rilancio dello sviluppo economico. Per il bene di tutti, quindi anche loro, le classi più agiate, che utilizzano buona parte delle loro risorse nella finanza, rinuncino ad una modesta parte di esse per aumentare la disponibilità finanziaria dei lavoratori e delle famiglie, come incentivo al consumo di beni essenziali.
Si dovrebbero, inoltre, mettere subito a disposizione delle piccole e medie aziende contributi che coprano, entro certi limiti, fino al 90 per cento delle spese necessarie alla loro internazionalizzazione. Se qualcuno ha qualcosa di valido da proporre all’estero, dovrebbe essere sostenuto dalla comunità perchè dà una spinta a favore del lavoro.