Fermiamo le stragi della guerra
Il percorso Perugia Assisi, una ventina di chilometri in un paesaggio straordinario, lo hanno compiuto recentemente di notte, il 10 settembre, un centinaio di rappresentanti delle associazioni e realtà, tra le quali il Movimento dei Focolari italiano, che aderiscono alla marcia per la pace e la fraternità 2016 promosso da Tavola della pace e Rete della pace.
La vigilia dell'11 settembre, che ricorda la rottura epocale del 2001, con il crollo delle Torri gemelle a New York, ma anche il colpo di stato in Cile con il bombardamento del palazzo presidenziale e la repressione violenta che ha segnato la storia di tanti Sud del Pianeta.
Cattolici e credenti in tanti altri modi si sono ritrovati la notte sulla tomba di Francesco D’Assisi per rivolgersi a quest’uomo del Medioevo sempre attuale nella sua testimonianza di un povertà che è ricchezza e fonte di pace e fraternità. L’invocazione parte da dati realistici, gli stessi che circolano nei think tank (pensatoi e centri studi) dei più evoluti centri di ricerca: «siamo in guerra Francesco!». Alla vigilia del grande evento di Assisi del 9 ottobre che s svolge in continuità con l’intuizione di Aldo Capitini, esponente di una religiosità esigente e radicale, ma laica e dichiaratamente non cristiana, abbiamo ascoltato padre Egidio Canil, francescano tra i promotori della Marcia e delegato per la giustizia, pace e custodia del creato del Sacro Convento di Assisi.
Avrai seguito la polemica non nuova di Adriano Sofri che considera la Marcia come un'azione buonista. A che serve marciare se, come avete detto, siamo in guerra? Non è il tempo per intervenire per fermare i carnefici?
«Intervenire sì, ma non con altre armi! Di armi ce ne sono già troppe in quelle terre! E poi mi permetto di ricordare a Sofri che il “buonismo” non viene espresso dalle persone che marciano per la pace, ma forse da tante altre, forse da troppe, che, di fronte alle atrocità e alle ingiustizie che si commettono ogni giorno nel mondo, “pur vedendo”, “pur ascoltando”, pur essendo messe al corrente, non spendono una parola, non muovono un passo per farsi vicini, per dimostrare compassione e solidarietà, per segnalare le cause di tali mali o denunciare chi, per avidità e per interessi, approvano o commettono tali delitti e tali barbarie».
Resta il fatto che siamo in questa guerra diffusa, caro padre Egidio…
«È vero: siamo in guerra! Ma chi vuole le guerre? Non sono certo le vittime o la gente a volere le guerre, sono altri! E le vittime sono persone, sono popoli, sono membri sempre più numerosi dell’umanità che, anche se appartenenti ad altre culture, ad altre religioni, di altri continenti, che come francescano, considero e sono miei “fratelli e sorelle”. Sono miei “fratelli e sorelle”, vittime innocenti e inermi, che subiscono queste violenze e, disperate, gridano il loro dolore e manifestano i drammi che vivono. Ebbene: chi ascolta queste grida di dolore? Chi fa proprie queste urla di disperazione?
Papa Francesco ha udito e sta facendo suo questo grido. Continua a denunciare in questi ultimi anni il “silenzio complice” di troppa gente, di tanti benpensanti, di tanti signori che governano il mondo, di tanti nazioni che vivono nel benessere e non si interessano degli altri popoli ridotti alla fame, che muoiono sotto le bombe, che vedono i loro territori e le loro città distrutte e sono costrette a fuggire.
Quelli che marciano per la pace vogliono ascoltare tale grido, vogliono manifestare la loro solidarietà, intendono “non restare indifferenti” o tacere. Magari venisse ascoltata la denuncia di papa Francesco: “La Comunità internazionale non giri più lo sguardo dall’altra parte!”. Io sarò alla marcia Perugia Assisi per ascoltare e fare mio tale grido».
Come si spiega questo silenzio davanti ai conflitti in corso anche a noi molto vicini?
«Troppi sono gli interessi egemonici ed economici delle nazioni forti e ricche! Troppe sono le connivenze, molti i giochi che i potenti della terra stanno tramando alle spalle dei paesi poveri di vaste aree colpite dalle guerre. Sono le nazioni potenti e ricche che continuano a fomentare e a volere le guerre in quelle nazioni. In questo tempo di “guerra diffusa, di guerra a pezzi” occorre muoversi, marciare, dire di no! Il mondo è stanco di guerre! Il mondo ha sete di pace!»
Ma a che serve marciare?
«Certamente non basta marciare. E questa nuova marcia Perugia Assisi si è già data un obiettivo: finita la marcia di recarsi a Roma e varcare i palazzi del potere per richiedere a chi è al governo di smettere di vivere nell’ipocrisia. E a dire ai nostri governanti quanto ha denunciato una giovane donna della Repubblica centrafricana: “L’Africa è piena di armi. Ma in Africa non esistono fabbriche di armi! Le armi provengono dai vostri Paesi, vengono dai Paesi ricchi che aumentano le loro ricchezze con il commercio delle armi! Perché non smettete di inviare questi strumenti di distruzione e di morte nei nostri Paesi?”. Finché le nazioni ricche, compresa l’Italia, non smetteranno di arricchirsi con la costruzione e il commercio delle armi, le guerre continueranno a mietere vittime e a produrre distruzione e morte. Perché l’Europa, grande produttrice di armi, non le usa e le consuma distruggendo le proprie città e i propri territori? Perché Sofri invoca l’invio di ulteriori armi per far smettere le guerre in Africa e in Medio Oriente? Basterebbe non inviarne più in tutti quei Paesi! Non inviandone più i belligeranti verrebbero di sicuro “disarmati”!».
Come è cresciuto nel tempo il rapporto tra i francescani e i promotori della marcia che nasce in ambito laico?
«Noi francescani, fin dall’origine della nostra storia, siamo stati inviati da san Francesco nel mondo a portare il messaggio evangelico della pace. Francesco, appena ebbe 8 compagni, li inviò a due a due a recare nei villaggi e alle città dell’Umbria e poi del mondo il saluto: “Il Signore vi dia pace!”.
La Marcia Perugia Assisi è nata in ambito laico ma, fin dall’origine, il suo ispiratore Aldo Capitini, volle si concludesse ad Assisi perché affascinato dalla straordinaria figura di San Francesco. Nel 1961, anno della prima marcia, scrisse “non possiamo non sentire il forte impulso a far nostri i problemi di una apertura religiosa e sociale che il Santo di Assisi visse nel suo tempo, il Medioevo, soprattutto attraverso la vicinanza alla povertà come elemento di rinnovamento della Chiesa stessa…”. Da parte dei francescani c’è sempre stata piena condivisione degli ideali pacifisti della marcia. Sempre siamo stati accoglienti al passaggio degli uomini e donne che marciavano accanto alle Basiliche papali di S. Maria degli Angeli e di San Francesco. Dopo il 27 ottobre 1986, quando san Giovanni Paolo II convocò le Religioni mondiali ad Assisi per pregare per la pace, e nei primi anni ’90, con il consenso dei superiori, alcuni francescani si proposero di far parte del gruppo dei promotori della marcia stessa e nel 1996, proprio al Sacro Convento, per ispirazione di una frate, padre Nicola Giandomenico, è nata la “Tavola della pace” come luogo permanente di incontro e di scambio sui temi della pace fra tutte le Associazioni e i Gruppi pacifisti, cattolici e laici, promotori della marcia stessa».