Femminilità senza tempo
È proprio vero che tendiamo a confondere la femminilità con la bellezza? E se così fosse, non dovremmo prima definire di che bellezza stiamo parlando, proprio per non incorrere in un’equivalenza pericolosa, che ci porterebbe a credere, quando la bellezza sfiorisce, che non possiamo più essere femminili? Non esiste una sola bellezza, ma più bellezze: fisica, intellettuale, spirituale, affettiva, comportamentale. Se non riduciamo la bellezza e la femminilità al solo aspetto esteriore, riusciamo a cogliere come le donne siano diversamente dotate e femminili.
Molte volte mi sono interrogata su come la femminilità venga trasmessa alle giovani ragazze, già sin dall’infanzia, attraverso il modo di prendersi cura di sé e di mostrare agli altri le proprie caratteristiche esteriori e d’animo. Altre volte mi è stato chiesto come mai nel corso degli anni alcune donne tendano a non curarla più, a non esprimerla, quando arrivano tappe importanti della vita come dopo il matrimonio, dopo la nascita dei figli e dopo la menopausa. Queste tre fasi di passaggio sono importanti: si entra in relazione, in modo diverso, sia con se stesse che con gli altri. Richiedono, quindi, di volta in volta, un nuovo riassestamento personale e, di conseguenza, tempo.
Per comprendere la femminilità abbiamo bisogno, a mio avviso, di tenere in conto i seguenti aspetti:
- la funzione educativa delle donne che fanno parte della cerchia degli amici e dei conoscenti. Funzione non sempre diretta, ma anche indiretta, che può essere permissiva o restrittiva e che dovrebbe permettere a ciascuno di scoprirsi e conoscersi fin nel profondo;
- il modo con cui, nel corso della vita, si risponde ai propri bisogni. La capacità di ascoltarsi e darsi il permesso di realizzarli, ma anche il modo con cui questi bisogni vengono nutriti attraverso le relazioni intime con altre persone;
- il livello di soddisfazione personale percepito, ovvero l’attribuzione di senso che la donna dà alle scelte e agli accadimenti della sua vita;
- i mutamenti ormonali che avvengono ciclicamente e che influenzano atteggiamento e umore.
Per alcune donne può essere difficile lasciarsi guardare o far venire fuori parti di sé. Magari semplicemente non ci sono abituate. Altre rifiutano di essere osservate solo come oggetto fisico, vogliono essere apprezzate (o guardate) per ciò che sono dentro, ovvero nella loro bellezza integrale. Le prime non hanno ancora scoperto la loro femminilità, e forse una parte di loro la teme, magari perché in vari modi gli è stata negata. Le seconde conducono una battaglia interiore per sentirsi libere di essere semplicemente se stesse. E quando la bellezza comincia a sfiorire e l’età avanza, molte donne ne approfittano per riscoprire e nutrire parti di sé trascurate nel tran tran della vita lavorativa e familiare.
Insomma, quando parliamo di “espressione di femminilità” dobbiamo contestualizzare e non generalizzare. Può capitare di avere giorni sì e giorni no, e che questo si rifletta sul proprio modo di essere in contatto con la propria interiorità e di conseguenza sull’espressione della femminilità. I giorni no, così come alcune fasi di passaggio della vita, possono magari divenire l’occasione per volersi più bene e farsi coccolare, per tornare a ricontattarsi. Ci sono alcuni bisogni socio-relazionali – ricevere attenzione, sentirsi compresa, considerata, rispettata e rassicurata –, che quando sono soddisfatti creano una generale condizione di benessere psico-emotivo nella donna, benessere che la induce a sentirsi bella e amata. Presupposto importante per non cadere lei stessa nell’equazione “femminilità uguale bellezza”.
Da quanto detto, emerge la grande componente sociale e relazionale che ha la femminilità. Per questo motivo, se dovessi dare una mia definizione di femminilità, direi che essa è fondamentalmente la capacità della donna di stare in relazione: con se stessa, con l’altro e con il mondo.