Felix Tshisekedi eletto presidente

Per la prima volta nella sua storia, la Repubblica democratica del Congo sta vivendo un’alternanza politica avviata attraverso le urne e non con colpi di Stato. La Commissione elettorale indipendente (Ceni) ha proclamato i risultati delle elezioni presidenziali del 23 dicembre. Contro ogni sondaggio, è «l’altro avversario», cioè Felix Tshisekedi, che viene dichiarato vincitore. Avrebbe vinto con il 38,57% dei voti, davanti al suo rivale dell’opposizione, Martin Fayulu, secondo con il 34,8%, ed a Emmanuel Ramazani Shadary, sostenuto dal presidente uscente Joseph Kabila, con solo il 23,8% dei voti.
La reazione di Martin Fayulu non è tardata. Ha parlato di un «colpo di Stato elettorale». I suoi sostenitori hanno manifestato giovedì a Kisangani (nel nord est) contro i risultati proclamati dalla commissione elettorale. Anche la Francia ha messo in discussione questi risultati, ritenendo che fossero «non conformi» e che l’avversario Martin Fayulu fosse «a priori» il vincitore. La Cenco (la Conferenza episcopale nazionale del Congo) ha messo anch’essa in discussione i risultati provvisori pubblicati giovedì dalla commissione elettorale, dicendo che «non corrispondono ai dati raccolti» dalla stessa conferenza episcopale, che aveva suoi osservatori praticamente in tutti i seggi del vastissimo Paese africano. In una dichiarazione, tuttavia, richiama «tutti a mostrare la maturità civica ed evitare l’uso della violenza». La polizia ha sparato gas lacrimogeni e colpi in aria per disperdere la folla in tre dei cinque comuni di Kisangani, hanno riferito dei testimoni.
Felix Tshisekedi, «eletto provvisoriamente» (perché contro i risultati prodotti dalla Ceni si può ricorrere alla Corte costituzionale, che proclamerà i risultati finali) se nulla succederà sarà il quinto presidente del più grande Paese africano sub-sahariano, vasto quanto l’Europa occidentale. Questa è la prima volta che un avversario è stato proclamato vincitore di un’elezione presidenziale dopo le due elezioni di Kabila nel 2006 e nel 2011. È anche la prima volta che il presidente uscente accetterà di dimettersi sotto la pressione della Costituzione e non delle armi. Kabila, infatti, non poteva candidarsi a un terzo mandato. Il voto è stato posticipato tre volte dalla fine del 2016.