Felici di fare impresa e di fare il bene

Alle giornate per l’economia di Bertinoro le imprese no profit analizzano successi e crisi: in dieci anni sono cresciute, hanno generato capitali finanziari e sociali e ora chiedono politiche differenti sul welfare  
Giornate di Bertinoro 2013

Lo certifica l’Istat con i numeri. Lo prova la storia di Itaca, una delle cooperativa sociali che con 1.400 addetti è diventata un incubatore d’impresa per idee innovative e giovani. Lo analizzano i maggiori rappresentanti del mondo del Terzo Settore, dell’Università, delle Istituzioni e delle imprese alle giornate dell’economia di Bertinoro. L’economia sociale, il no profit, il profit solidale è una grande chance per la crescita anche economica del nostro paese.

Quale contributo dà l’economia civile alle istituzioni? Quale il suo apporto al mercato? Che tipi di relazione si innescano nelle comunità in cui queste cooperative e imprese sociali vivono e lavorano? I numeri dell’isitituto di statistica italiana sono chiari: crescita del 39,4 per cento di imprese no profit negli ultimi dieci anni, 6 per cento in più di nuove assunzioni, accresciuta presenza nel campo della sanità (più 123 per cento) e dell’istruzione (più 78 per cento). Altro dato importante – specifica Andrea Gradini dell’Istat – è che «oltre alle cooperative sociali (87,2 per cento), circa un terzo delle associazioni (29,6 per cento), delle associazioni non riconosciute (30,3 per cento) e delle fondazioni (34,1 per cento) ricavano in prevalenza risorse dal mercato», grazie alle tante esternalizzazioni dei servizi, in un tempo di notevole contrazione delle risorse pubbliche. La crisi non risparmia il terzo settore, ma i cali registrati sono inferiori a quelli delle imprese: -1,3 per cento a fronte di un -2.2 solo per il 2013.

Sul parterre di Bertinoro c’è spazio anche per le storie di cooperative e per le fondazioni che sanno creare innovazione e nuove imprese ascoltando il territorio. Itaca, in Friuli, con i suoi 1.400 dipendenti si è vista sommergere di richieste di assunzioni: circa settemila in due anni. Potevano essere curriculum da cestinare e invece scommettendo gratuitamente con i soci e con gli enti istituzionali invitati, come spiega il presidente, «a fare la loro parte, a fornire i servizi che devono fornire senza supplementi aggiuntivi», è riuscita a creare un incubatore d’impresa, ma soprattutto una comunità di sviluppo fatta di reti informali tra esperti che forniscono formazione, accompagnamento fino alla nascita e che ha visto già nate varie attività di giovani che hanno puntato alle specificità del territorio o alle novità, come un supermercato alla spina per prodotti liquidi, sia alimentari che d’igiene.

Lo stesso ha provato a fare Gtechnology, una fondazione che opera in ambiente digitale e crea progetti per soggetti svantaggiati come i disabili anziani per i quali ha creato delle app di servizio in collaborazione con centri di ricerca universitari. Nessuno nasconde la fatica dell’intraprendere come pure le criticità. Ne evidenzia alcune l’economista Stefano Zamagni che invita il terzo settore a non frammentarsi ulteriormente, ma ad agire in modo coeso, come hanno fatto Lottomatica con i partner che gesticono i videogiochi: insieme sono diventati un gruppo di pressione che è riuscito a farsi ridurre una multa di diversi milioni di euro. Cosa non scontata per il terzo settore dove la particolarità induce alla frammentazione.

Zamagni invita poi a giocare d’anticipo anche su uno dei settori chiave del no profit: la salute. Investire sugli anziani non solo per le cure e l’assistenza, ma con “creatività sociale”, come ad esempio ha fatto il distretto di cittadinanza di Padova che ha messo insieme pubblico, privato e sociale, utilizzando le risorse delle vecchie generazioni per i bambini e gli adolescenti per accompagnarli nella crescita e sgravare le famiglie da una cura esclusiva e spesso non di qualità per i ritmi di vita.

A Bertinoro si parla anche di accesso al credito, di strumenti finanziari adatti a chi opera nel campo cooperativo per consentire non solo la nascita di nuove attività, ma anche la crescita.

Altro tema è quello della partecipazione civile in grado di influenzare i consumi e quindi di dettare anche le politiche. «È quello che intende fare l’azione di slot-mob – spiega Leonardo Becchetti, docente di economia a Torvergata – che premia gli esercenti che dicono di no alle slot-machine. Inziata in cinque città è già un successo che aggrega cittadini che voglio essere consumatori, cioè protagonisti della spesa». Certo è che i duecento operatori presenti lavorano sodo, si mettono in discussione e cercano nuove strade che producano lavoro e coesione sociale, ma felici di fare il bene e di generare felicità.

 

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