Federalismo fiscale, ampio sì e un nodo
Favorevoli 156, contrari 6, astenuti 108, votanti 270, presenti 271. Questo è il sorprendente esito della votazione al Senato, registrato dai resoconti lo scorso 22 gennaio, sul disegno di legge relativo al federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione. Quattro mesi di febbrile lavoro all’interno di una maxi-commissione (ben tre commissioni congiunte: un’assoluta novità) dove, lontano da telecamere e microfoni, è avvenuto ciò che tanti speravano che avvenisse: un confronto rivelatosi molto costruttivo tra maggioranza e opposizione. Il testo licenziato dalla tri-commissione – e poi approvato dall’aula con pochi aggiustamenti – contiene infatti modifiche molto significative rispetto a quello varato dal Consiglio dei ministri, il che testimonia apertura e volontà di dialogo: la strategia dichiarata e perseguita dal ministro Calderoli. Governo e maggioranza incassano la prima approvazione su una riforma di enorme portata, capace di mutare i connotati della Repubblica e, se ben impostata, di rafforzare il legame tra cittadini ed istituzioni, partendo dal basso. Il Pd (astenutosi assieme all’Italia dei valori) ha visto accolte le sue proposte: dalla commissione parlamentare che esaminerà i decreti attuativi al patto di convergenza per colmare gradualmente le disparità territoriali sui livelli dei servizi. Dall’armonizzazione dei bilanci pubblici alla dotazione di strumenti di autonomia tributaria per comuni e province, a una programmazione pluriennale per il Mezzogiorno. Resta tuttavia indefinita una questione tutt’altro che marginale: l’entità dei costi dell’operazione. Su questo nodo l’Udc ha principalmente motivato il proprio voto negativo. In effetti, l’impatto del federalismo fiscale sulla finanza pubblica non è stato quantificato. Anzi, il ministro Tremonti ha rinviato l’operazione ai decreti attuativi. Ma Banca d’Italia e Corte dei conti hanno già espresso grandi perplessità. I lavori alla Camera saranno utili anche per far luce su questo aspetto. Godiamoci ora, comunque, la soddisfazione civica di assistere ad un’aula che fa onore al proprio mandato. Ha rilevato compiaciuto il presidente Schifani: Il confronto, il dialogo, la sintesi devono avvenire in Parlamento. E facciamo nostri gli auspìci giunti da più parti, durante il dibattito, tra i reciproci ringraziamenti: che questo sia solo l’inizio di una stagione di riforme condivise.