Fede, se ci sei, batti tre colpi
Chi non ha vissuto l’epoca del Concilio Vaticano II difficilmente riesce a rendersi conto dell’aria che si respirava in quei quattro anni a Roma e, di riflesso, nella Chiesa in tutto il mondo. Partito da una scintilla dell’ispirazione profetica del saggio vegliardo Giovanni XXIII, si è sviluppato nel corso delle sue quattro sessioni con un’apertura sempre maggiore nell’autocoscienza della Chiesa («Chiesa, che dici di te stessa?», si domandava Paolo VI con la sua tipica passione), popolo di Dio e comunione di fratelli, non però ripiegata su sé stessa, ma inserita in mezzo al mondo, guardandolo con la simpatia e la misericordia del Dio creatore e redentore e mettendosi al suo servizio.
E come stiamo adesso, dopo cinquant’anni? Un test significativo è una duplice iniziativa lanciata da Benedetto XVI. Dal 7 al 28 ottobre di quest’anno si svolgerà il Sinodo dei vescovi su “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” e il 12 ottobre (50º anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II) si aprirà l’Anno della fede, che terminerà il 24 novembre 2013.
Da queste proposte appare senza ombra di dubbio che Benedetto XVI nutre forti preoccupazioni non tanto per i casi di deviazioni morali di sacerdoti, sui quali i media sono sempre pronti a battere grancassa, ma piuttosto per «la profonda crisi di fede che ha toccato molte persone» (La porta della fede, 2). Una situazione generalizzata, che riguarda i Paesi occidentali di antica cristianità, ma che comincia a intaccare anche alcune giovani Chiese.
Il bilancio del Concilio sarebbe allora negativo, come certi suoi critici hanno sempre ripetuto, invocando il ritorno al passato delle sicurezze dogmatiche e dell’opposizione al mondo in preda al nemico? O piuttosto non ha ragione Giovanni Paolo II, che l’ha definito «la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX»? Da dove allora ha origine la preoccupazione di Benedetto XVI?
È stato pubblicato alla fine di maggio l’Instrumentum laboris (strumento di lavoro), in pratica l’ordine del Sinodo del prossimo ottobre, frutto di un ampio lavoro collegiale di consultazione delle conferenze episcopali, Curia romana, diocesi, organismi dei religiosi/e, comunità e singoli fedeli. Espone con discernimento lucido e coraggioso la situazione della Chiesa di fronte alla sua missione evangelizzatrice, a partire dalla costatazione dell’“apostasia silenziosa” da parte di molti fedeli, che reclama una nuova evangelizzazione. In due sensi: rinnovare e recuperare alle radici la fede a livello di persone e di comunità; offrire con la parola e la testimonianza il «Vangelo che trasfigura l’uomo, il suo mondo, la sua storia» a quelle persone e gruppi che se ne sono allontanati. La “nuova evangelizzazione”, di cui si occuperà il Sinodo, è principalmente diretta infatti a questi soggetti.
Il documento fa un’analisi sintetica ma abbastanza approfondita degli “scenari” che sfidano la nuova evangelizzazione: culturale, migratorio, economico, politico, scientifico-tecnologico, comunicativo, religioso. L’atteggiamento che la guida è onesto e positivo: «In questo quadro, la nuova evangelizzazione vuole risuonare come un appello, una domanda fatta dalla Chiesa a sé stessa perché raccolga le proprie energie spirituali e si impegni in questo nuovo clima culturale per essere propositiva: riconoscendo il bene anche dentro questi nuovi scenari, dando nuova vitalità alla propria fede e al proprio impegno evangelizzatore» (49).
In fondo, la Chiesa si trova in un intreccio complesso di elementi, in parte dipendenti da lei e d’altra parte espressione della società in continua e rapida evoluzione. Nel primo quadro l’Instrumentum laboris elenca l’indebolimento della fede dei credenti, la burocratizzazione delle strutture ecclesiastiche, la perdita di dinamismo e di slancio missionario, le celebrazioni liturgiche formali. Sull’altro versante enumera la secolarizzazione, la mentalità edonistica e consumistica, il relativismo, la pratica espulsione di Dio dalle domande che l’uomo si pone; e, ancora, le disuguaglianze sociali, lo sfruttamento delle risorse naturali, le manipolazioni scientifiche. Mi fermo qui. La brevità di questo articolo è un invito a leggere il documento; ne vale la pena.
È profondamente stimolante ascoltare Benedetto XVI reagire davanti a queste sfide con un atteggiamento di fiducia in Dio e nelle energie nascoste nel cuore dei cristiani: «Anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede» (La porta della fede, 7).