Fede e competenza per un nuovo Sud

Il vescovo di Lamezia, Luigi Cantafora, spiega le ragioni per cui ha pensato a questa scuola, battendosi contro qualche sospetto. “Il Vangelo non è asettico” la sua risposta
Luigi Cantafora

Mons.Luigi Antonio Cantafora è il vescovo di Lamezia Terme, in Calabria. La sua diocesi soffre dei malesseri del Sud: poco lavoro, giovani in fuga, criminalità organizzata che prova a soffocare le piccole imprese, mentre il cristianesimo fatica a conciliare pratica religiosa e testimonianza quotidiana. Conosce sulla sua pelle le minacce per alcune sue prese di posizione a favore della sua gente. Lui ha voluto fortemente una scuola di economia civile e di comunione, sfidando sospetti e pregiudizi. Lo chiama “laboratorio” perché è un esperimento in cui si incontrano tanti elementi e i risultati, magari imprevedibili, possono davvero restituire speranza e opportunità alla sua gente. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente, in vista dell’inaugurazione di oggi

 

Una scuola di economia civile e di comunione per giovani ed imprenditori calabresi. Perché questa scelta?

Imprenditori e giovani sono due settori a rischio in questo momento di crisi economica ed emergenza educativa. Noi abbiamo pensato alla nostra scuola come un laboratorio esperienziale, in cui ci sia un confronto con altri imprenditori sul campo, con persone che ce l’hanno fatta. La settimana sociale ha sottolineato il bisogno di riaccendere la speranza nel nostro contesto ed è quello che vogliamo fare.  Non una scuola di chi ascolta, ma di chi si mette si in gioco, acquisisce contenuti e agisce sul territorio.

 

Perché proprio una scuola dell’Economia di comunione?

Il percorso è lungo. Noi abbiamo già quattro scuole formative, quella più antica è quella legata all’Edc. In questi anni abbiamo svolto tanti forum che ci hanno preparato a conoscere ed approfondire il progetto. Siamo partiti con un itinerario di formazione: ci sono già quattro scuole formative su più ambiti, la più antica è questa di Lamezia dove si fa formazione legata all’Economia di comunione.  A noi non servono solo soluzioni tecniche, per risolvere i problemi del lavoro in Calabria, ma ci vuole un contributo di testimonianza. Il cristiano, per resistere in questo contesto, deve avere una forte esperienza di fede, un’esperienza interiore e di testimonianza , ma poi deve essere professionale, quindi ci vuole anche la competenza.

 

Accennava prima al contesto calabrese. Mi spieghi meglio questo connubio fede-competenza, in questo territorio…

Il nostro territorio necessita di un grande progetto di riscatto, che l’aiuti ad uscire dall’assistenzialismo, dalla rassegnazione, dal tirare a campare. Spesso ci si rinchiude nella concezione che nulla possa cambiare. Questi sono indubbiamente aspetti negativi, ma l’Edc non ne fa un problema, ma una parte del percorso di formazione: li guarda in faccia per vincerli, ecco perché la sentiamo un’esperienza non estemporanea al nostro contesto. Ribadisco il binomio vincente: fede e competenza. Formare, informare e aiutare a crescere accende la speranza e non è vero che non cambia nulla.

 

Allora il Vangelo ha qualcosa da dire anche all’economia in terra calabrese?

Senza il Cielo non si va da nessuna parte come dice san Paolo. Senza reciprocità nelle relazioni come ci ha insegnato Chiara Lubich, non si costruisce nessuna città a misura d’uomo. Il vangelo rende l’economia umana, abbatte quel concetto di homo homini lupus. Noi cristiani unendo maturità di fede e competenza dobbiamo riportare il vangelo come regola della vita sociale, economica e politica della nostra città e della nostra nazione.  Basta guardare ai primi tempi della vita cristiana, basti guardare a Clemente, sapiente ma aveva dentro la vita cristiana quotidiana. Basta con il cristiano che sta solo in chiesa preoccupato di salvarsi l’anima o il cristiano che fa soltanto il politico: bisogna metterli insieme, allora il Vangelo diventa  efficace, ci vuole la sintesi, la lacuna più grande è l’aver separato queste realtà. Se ci mettiamo nell’ottica di Chiara Lubich, ad esempio, che ha voluto l’economia di comunione vediamo che questa donna, non è stata una presenza asettica, ma uno strumento di Dio nella storia e che questa storia l’ha lievitata e cambiata.

 

Ma deve essere proprio un vescovo a pensare ad una scuola di formazione e non un’istituzione altra?

Abbiamo cominciato cinque anni fa con dei forum di formazione e all’inizio siamo stati guardati con sospetto. Tanti si chiedevano cosa volevamo fare, dove volevamo arrivare. Siamo diventati 200 e chi non capiva si è reso conto che questa partecipazione non si improvvisa: le persone vengono per imparare, per entrare in un circuito della dottrina sociale della chiesa vivo, quotidiano e questo ha fatto interrogare. Oggi l’amministrazione è impegnata a tappare troppi buchi, senza un progetto unitario. Uso l’immagine di un malato che ha tanti malanni, se ci si limita a curarli uno alla volta, non basta. Bisogna andare al cuore. Se si guarisce il cuore, si guarisce tutto.

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