Su Facebook anche dopo morti?
A luglio Luca, giovane 22enne cuneese muore scivolando in montagna mentre si allenava per una scalata. Anche Luca, come tanti suoi coetanei, aveva un profilo Facebook, che da quel momento continua a “vivere” attraverso le parole della mamma che posta ed interagisce con i suoi amici a suo nome: è uno dei modi che ha trovato per sentire vicino il figlio tragicamente scomparso.
Fino a quando, pochi giorni fa, Facebook, dopo una segnalazione, le preclude la possibilità di continuare nella sua attività facendo diventare il profilo del figlio “commemorativo”. Una scelta sicuramente poco delicata, che attua le regole sulla privacy che Facebook ha deciso di adottare in materia da qualche tempo a questa parte.
Senza entrare in una vicenda così dolorosa, questa “disputa” tra la mamma di Luca e Facebook apre uno squarcio su quanto la realtà dei Social Network sia entrata, anche se silenziosamente, in modo prepotente nella nostra vita e sulle implicazioni sociali che derivano dal nostro avere un profilo in Rete. Non solo più durante la nostra vita, ma anche dopo la nostra morte.
Così molti non sanno che, come esistono delle regole sulla gestione dei nostri beni materiali dopo la nostra morte, Facebook ha recentemente individuato delle regole per lasciare le nostre “disposizioni” sui nostri “beni digitali”.
Le impostazioni di Facebook per il nostro “dopo digitale”
Nella pagina delle impostazioni di Facebook esiste, sotto la voce “Gestisci Account”, una sezione apposita dove è possibile configurare come si vuole che questo aspetto venga gestito quando non ci saremo più. Due sono le possibilità:
- nominare una persona come “contatto erede”, facendo diventare il nostro profilo “In memoria di…”
- richiedere che venga eliminato il nostro profilo, cliccando sul link “Richiedi eliminazione dell’account”
Se si decide di nominare un “erede digitale”, questo non sarà in grado né di scrivere nuovi post né di leggere i nostri messaggi privati. Potrà scrivere un solo post e fissarlo in alto, in modo che sia visibile a chi ci verrà a trovare nel nostro “cimitero virtuale” e potrà, di tanto in tanto, venire a “cambiare i fiori” sostituendo la nostra immagine di profilo. Attraverso questo sistema i nostri amici potranno continuare a scrivere a loro nome sul nostro profilo, ma nessuno potrà continuare a scrivere a nome nostro, perché questo verrebbe visto come un furto d’identità (digitale, ma pur sempre rappresentativa di un individuo).
Perché si attivi la procedura prescelta sarà in entrambi i casi necessario che qualcuno, nel momento in cui non ci saremo i nostri amici “virtuali” segnalino a Facebook la nostra dipartita, richiedendo così l’attivazione di quelli che prendono il nome di “account commemorativi”.
La Rete non è neutrale
A nessuno fa piacere parlare della propria morte, ma il caso di Luca ci racconta che entrare nel mondo digitale attiva tutta una serie di implicazioni a cui non avremmo mai pensato e che non possono essere liquidate in maniera leggera. L’azione di entrare nel profilo di una persona deceduta, anche quando si tratta di un proprio caro, agli occhi di Facebook viene interpretata come un furto di identità (digitale).
Non siamo ancora troppo consapevoli che avere un profilo su un Social Network implica lasciare dietro di noi dei dati, che qualcuno un giorno si troverà a dover gestire. E che l’identità digitale che ogni giorno costruiamo ha una sua dignità tanto quella “reale”, e come quest’ultima va tutelata.
Possono sembrare in fondo discorsi abbastanza lontani dalla nostra percezione e anche un po’ folkloristici, ma riguardano in realtà le nostre relazioni, spesso le più intime. E, in attesa di regolamentazioni più specifiche, ci ricordano che la comunicazione è una cosa seria.