Favino, un Arlecchino nella Rimini felliniana
L’Arlecchino di Pierfrancesco Favino, coi pantaloni alla zuava, ambientato nella Rimini della fine degli anni Trenta, e ribattezzato Pippo, è irresistibile. Non solo per la sua naturale clownerie, ma anche per la capacità di immettere nel personaggio la voce e certe movenze dell’Arlecchino della grande tradizione attoriale: ovvero la maschera strehleriana di Ferruccio Soleri.
Che non è imitazione ma conoscenza e assorbimento dell’Arte della Commedia. Chi conosce Favino solo per la bravura, indiscussa, di attore di cinema, non perda la possibilità di vederlo anche a teatro. In scena mostra straordinarie qualità comiche e mimiche. E inusuali toni e accenti dialettali. Accanto a Favino una corposa troupe d’interpreti altrettanto ferrati – alcuni sono volti noti della televisione, fra cui Ugo Dighero – che formano il Gruppo Danny Rose (un’impresa di compagnia di repertorio con lo spirito di lavorare in tanti, lavorare tutti e con la stessa paga) costituito, qui, da 23 attori che si alternano con due differenti cast nello spettacolo “Servo per due (One man, two guvnors)”.
Il testo è una riscrittura del goldoniano “Arlecchino servitore di due padroni” dell’inglese Richard Bean riadattato nella versione italiana dallo stesso Favino con Paolo Sassanelli (entrambi pure registi), Marit Nissen eSimonetta Solder, anche traduttrice. La girandola di equivoci e scambi d’identità, con prototipi goldoniani di cinici, cialtroni e furbastri, segue, tra segreti, giuramenti e sostituzioni di persona, i destini di due coppie d’innamorati che s’intrecciano alle peripezie di un unico servitore, il quale, attirato dall’idea di doppio salario e doppi pasti, si barcamena confusamente tra le esigenze e gli ordini di due diversi padroni – un piccolo malvivente del Nord e un noto malfattore – all’insaputa l’uno dell’altro. Con l’immancabile lieto fine.
L’infantile semplicità, con quella brama primaria di arrabattarsi tra bisogno e godimento che ne fanno uno dei topoi della tradizione scenica, c’è tutta in questa versione di Favino e company. La trama tutta italiana, con atmosfera balneare e richiami fumettistici, per colori e costumi, al “Corriere dei piccoli”, immette tipologie e umorismi da commedia dell’arte con un rigoroso canovaccio interrotto da gag, tormentoni e improvvisazioni che scendono fino in platea ad ammiccare il pubblico.
Il tutto rimpastato coi ritmi del varietà e dell’avanspettacolo incluse canzonature al fascismo, porte che sbattono, cadute dalle scale, battute a doppio senso, in stile vaudeville. Tra siparietti e fondali dipinti, con anche l’apparizione stilizzata della mitica nave Rex del Fellini di “Amarcord”, si recita, si balla e si canta. E qui, a farne uno spettacolo nello spettacolo, è la piccola band “Musica da ripostiglio” composta da quattro musicisti che trascinano attori e pubblico con le canzonette (da “Pippo non lo sa” a “Il Pinguino innamorato”, da“Maramao” a “ Un sassolino nella scarpa”) e lo swing di quell’epoca.
Lo spettacolo ha una prima parte più scoppiettante e divertente, mentre nella seconda perde ritmo tirando troppo i tempi di alcuni sketch e tradendo una certa disomogeneità. Ma si ride tanto, in un clima di allegra spensieratezza. E tanto basta.
A Firenze, Teatro La Pergola, dal 4 al 9 novembre. In tournée, tra cui a: Perugia, teatro Morlacchi, dal 12 al 16/11; Milano, teatro Manzoni, dal 9 al 31 dicembre; a Ferrara, teatro Comunale, dal 15 al 18/1/2015