Fasi di passaggio e attacchi di panico
Vi è forse capitato che un parente, un amico o magari tu stesso, abbia avuto un attacco di panico proprio in una fase di passaggio della vita o in cui alcune cose importanti stavano cambiando?
Nelle fasi di transizione aumenta la probabilità dell’insorgenza di un attacco di panico o di un disturbo di attacco di panico. Esso infatti può presentarsi una sola volta nella vita, sporadicamente, oppure con un’alta frequenza in un breve tempo per cui si trasforma in un disturbo.
Tra la tarda adolescenza e i 35 anni è un periodo che corrisponde ad una fase del ciclo vitale caratterizzato dal distacco dalla famiglia d’origine e dall’acquisizione significativa di una maggiore indipendenza, è un momento evolutivo, in cui diventa predominante la ricerca di nuove appartenenze affettive e sociali.
La nota dominante è l’incertezza, in questa fase di separazione la famiglia d’origine dovrebbe essere stata una casa stabile, una presenza affettiva continuativa e allo stesso tempo flessibile consentendo così di ristrutturare la precedenza appartenenza ed elaborarne una nuova. Questo non sempre è così! La prima casa è possibile sia stata più volte “terremotata”, un luogo instabile, dove sono potute accadere anche cose spiacevoli, dove la paura è stata frequente, o anche un luogo del “troppo” amore. In questi casi il passaggio è più complesso. Con gli anni che passano, l’adolescente o il giovane adulto si trova alla ricerca, fuori dalla famiglia, di nuovi punti di riferimento, nuove appartenenze consistenti e allo stesso tempo aperte nelle quali identificarsi e dalle quali differenziarsi contemporaneamente. È un tempo in cui avviene un passaggio dal oikos (un luogo di pochi, della casa), alla polis (luogo dei molti, della città) dell’apertura al mondo.
In questa transizione avviene una profonda ristrutturazione delle propria appartenenza e dei luoghi sicuri, si è esposti a sentimenti di solitudine; ci si sente vulnerabili. Nel periodo di passaggio all’età adulta, questo sfondo sicuro (o più meno sicuro) viene ristrutturato e profondamente rimodellato. L’esperienza della solitudine ha sfumature diverse a seconda dell’esperienza relazionale che ciascuna persona ha sperimentato durante la sua vita. Quando ci si sente soli si percepisce il mondo come un luogo minaccioso e sconosciuto, si rischia una perdita di senso, di priorità e di gusto della vita.
Essere soli di fronte alla complessità del mondo è un’esperienza che richiede il sostegno di legami intimi e di quelli sociali, quindi, di oikos e polis. Riuscire a mantenere ed assimilare questi legami consente di respirare e sopportare la precarietà della vita. Proprio in questa instabilità si possono verificare dei “crolli” improvvisi; si può sperimentare anche l’attacco di panico. A volte si è sospesi tra appartenenze passate che non sostengono più (famiglia d’origine) e appartenenze future che non sostengono ancora (nuove relazioni, gruppi). Potrebbe accadere che l’attacco di panico insorga proprio quando l’autonomia della persona cresce più di quanto cresce il sostegno dato dalle nuove appartenenze, quindi, il distacco dall’oikos non trova adeguato sostegno nella polis.
Il panico come uno tsunami emotivo, investe, in un’esperienza spiacevole e dirompente, facendo credere di poter morire e lasciando la “paura della paura” che si possa ripresentare in un secondo tempo. Il termine “panico” deriva dal nome del dio greco Pan, metà uomo e metà caprone capace di provocare un’inspiegabile ed estrema paura. La solitudine e l’isolamento sono lo sfondo su cui esplode la paura di morire, emerge in modo sconvolgente nell’attacco di panico.
Relazioni d’aiuto, legami sicuri, senso di appartenenza, forniscono la base per attraversare e superare il panico e il senso di solitudine che può caratterizzare queste fasi transitorie che si verificano non solo durante l’adolescenza, ma anche nel passaggio dalla vita adulta a quella più matura e in tutti quei momenti di crisi esistenziale che si possono attraversare. Lo psicoterapeuta Gianni Francesetti scrive: «la capacità di stare nella complessità, nell’incertezza e nella fluidità del proprio appartenere e contemporaneamente di cogliere le appartenenze possibili (fosse anche solo quella di condividere un destino di comune incertezza e sradicamento), costituisce un elemento centrale per un incontro “adattato e creativo” fra l’organismo e l’ambiente nella condizione postmoderna».
Possiamo trovare nuove strade e nuovi sentieri dove camminare, tra il panico che ci sorprende e l’incontro con altri sguardi che a tratti ci sostengono e che proviamo a sostenere.