Farsi del bene
«L’eroismo è il metro dell’ordinaria amministrazione dell’amore», così per Giordani si arriva a Dio. Punto di partenza: il prossimo. Per l'ultimo appuntamento con Il fratello una difesa appassionata del valore dell'altro
Giordani è stato un rivoluzionario. In un secolo assocpito ed abituato a vedere il prossimo più come un ostacolo per arrivare a Dio, egli, – secondo lo studioso Lo Presti –, ridona «con sorgivo incanto la bellezza di un rapporto autentico con il divino proprio grazie all’amore fraterno».
Nel brano che segue e chiude l’appuntamento con Il fratello di Giordani, il politico di Tivoli arriverà a legittimare il prossimo, con il suo essere «la presenza autorizzata del Padre» al di là della condizione in cui verte. Di seguito il brano.
«Se gli uomini sono fratelli, perché figli dell’unico Padre, sono, per ragioni di nascita, per virtù di natura, dotati tutti degli stessi diritti. In altri sistemi esistono figli e figliastri: creature d’una casta e creature senza casta. Nel cristianesimo invece son tutti figli, e quindi portano tutti la dignità dell’unica origine. E perciò il vincolo che unisce i figli al Padre e i fratelli tra loro è il vincolo di famiglia: vincolo di sangue, che è il sangue di Cristo, il cui calore è l’amore. Non la paura trae i figli al Padre ma è l’amore, come effusione della eguaglianza e come ricostituzione di essa. Nasce da ciò una socialità di creature libere, che si muovono tra il divino e l’umano, e amano nel Padre i fratelli e nei fratelli il Padre: una vita che è produzione di amore, una convitalità che è circolazione d’affetti.
«I fratelli ci sono per sollecitare e consentire questo esercizio dell’amore, che è poi l’azione intima della divinità nell’uomo, essendo Dio amore. In esso l’uomo prova la propria discendenza da Dio. Vedendo il fratello, anche il più umile e il più disgraziato, il facchino e il profugo, il carceriere e l’invalido e persino il re e il magnate dell’industria, riconosce in lui Dio per discendenza, vede in lui Dio per immagine. Poiché ai suoi occhi limitati non è consentito di mirare il sole, di riguardare con pupille deboli quel sole infinito che è Dio, questi concede la vista delle sue immagini, e cioè dei fratelli. (…).I fratelli sono pertanto la rappresentanza autorizzata del Padre. I rapporti sociali prendono così uno svolgimento regolare: vanno dall’Io a Dio passando per i fratelli. Dio, Io, il Fratello: tre punti che determinano il cerchio dell’eterno amore. Per essi passa la vita, dalla fonte alla foce. Come io amo Dio, così amo i fratelli; come amo i fratelli, così amo Dio. Offendendo il fratello, offendo Dio; amo Dio, servendo il fratello.
«E siccome di continuo ho a che fare con creature umane, per il loro tramite, di continuo, ho a che fare con Dio. Sono sempre in religione: sempre in chiesa, anche sul marciapiede, anche in fabbrica, anche in parlamento. E per la stessa circolarità ritorna su me la sanzione del Giudice eterno, che, al giudizio, là dove si sospende l’economia dell’amore per far luogo a quella della giustizia, restituisce a me, in volume infinito, il bene o il male da me fatto a un suo figlio. Come misuro sarò misurato; come giudico sarò giudicato… «Fatevi bene, fratelli!», andava gridando per i vicoli di Granata quell’innamorato dei rifiuti sociali che fu Giovanni di Dio. E voleva dire: Facendo il bene ai fratelli, voi fate bene a voi stessi: ché Dio ve lo restituisce coi frutti della ricchezza infinita.
«Uno fa del bene a sé, facendo bene agli altri: si serve, servendo; s’arricchisce, arricchendo. Chi più dà, più riceve. Chi gitta la sua vita, la ritroverà. L’eroismo è il metro dell’ordinaria amministrazione dell’amore. Se c’è un padre, se ci sono figli, insomma se c’è una famiglia, non può mancare una madre. E Cristo ci ha dato la Sua. La madre di Cristo uomo-Dio è madre anche del Cristo mistico: fontana della gioia, generatrice della pietà, ella mette a circolare, nel flusso dell’amore, la poesia: ella attenua nelle relazioni l’asprezza maschile, sì che, se Cristo è il Logos, la Ragione incarnata, ella incarna il sentimento e sta tra noi, come in un immenso Cenacolo, quale madre dell’Amore: cuore immacolato della casa (…)
«Tutta l’attività giornaliera, anche la più umile, anche la più dotta, diviene, nel ciclo della convivenza e della solidarietà – nel flusso della comunione, che dall’uomo sale a Dio e da Dio torna all’uomo, allacciandoli in un unico nesso di carità –, tutta l’esistenza, fatiche e gioie, lutti e lotte, diviene una multiforme, variata liturgia, dove, per un modo o per l’altro, si dà gloria a Dio. Che mangiamo o che beviamo, che stiamo in casa o per istrada, sempre in casa di Dio si sta, e si esercita sempre l’ascesi, cioè, l’azione, che a lui riconduce (…).
«La circolazione d’amore, che allaccia la terra al cielo, e fa comunicare l’umano col divino, diviene perfetta nell’organismo divino-umano che è la Chiesa, la quale perciò già ebbe il nome di Agape, che vuol dire carità (…) Che si chiede da noi, in sostanza? – Di vivere una vita deiforme, vivendo con la Chiesa, vivendo la Chiesa: Corpo mistico che agisce nel settore sociale, quasi Cristo incarnato nelle nostre volontà e operante nella nostra attività, in quanto la volontà nostra si presta alla sua legge e l’attività nostra si piega alla sua grazia. Allora il corpo sociale è lo stesso Corpo mistico che milita e soffre: percorre il suo cammino della croce; realizza la fase della redenzione (…).
«Ora Satana tenta, in ogni modo, di arenare il flusso della comunione e di recidere le arterie della comunità. E tra i modi impiegati, uno dei più frequenti è stato quello di separare la paternità dalla fraternità, o, in altri termini, i figli del Padre, per renderli tra loro estranei prima e avversi poi, restringendoli in capsule di egoismo, perché l’amore non circolasse più e si riversasse per ciascuno nel foro senza fondo di sé medesimo, generando un vortice d’autoidolatria. Quando all’amore di Dio si sostituisce l’amore di sé, s’estingue la socialità della famiglia e subentra la convivenza della giungla. Ciascuno diventa dio a sé medesimo e produce un nuovo politeismo, in cui, come nell’antico, ogni idolo appetisce sangue di vittime umane, avido d’immolarsi l’universo. L’universo diventa un poliverso, e la sua legge è lotta».