Fari e misteri
«Il Faro era allora una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all’improvviso e dolcemente la sera». Questa citazione tratta dal romanzo di Virginia Woolf Al faro mi viene in mente mentre dalla terrazza della casa dove sono ospite a Genova contemplo il porto costellato di luci in mezzo a cui regina è la Lanterna tutta illuminata, quasi un totem alla “genovesità”. La Wolf ha fatto un capolavoro di un racconto apparentemente semplice, che si svolge fra interni familiari: una gita alle isole Ebridi sempre rimandata nell’adolescenza – periodo della vita nel quale spicca la stupenda e insostituibile figura della madre –, e realizzata solo dieci anni dopo la sua scomparsa, quando i figli ormai adulti si rendono conto che l’unico vero faro di luce della loro vita era stata lei.
Le Ebridi, Genova, i fari… e il pensiero va a queste costruzioni antiche e moderne sparse per il mondo, ognuna delle quali avrebbe da raccontare una sua storia. E storie spesso incredibili sono quelle narrate dalla scrittrice camogliese Annamaria Lilla Mariotti, una esperta nel campo, di cui va segnalato il recente I fari tra storia e leggenda (Susil Ed.): storie di torri salde come rocce che hanno sfidato le tempeste lungo i secoli o, dopo essere state inghiottite in una notte dalla furia del mare, ricostruite a prezzo di enormi sacrifici; storie di uomini soli davanti all’immensità dell’oceano, dediti ogni notte a ricaricare il meccanismo ad orologeria che faceva girare la lanterna, lottando perché vento e onde non la spegnessero.
In principio – e l’accenno più antico lo troviamo in Omero – i fari erano semplici fuochi alimentati sulle coste pericolose per orientare i naviganti quando l’intensificarsi dei commerci li costringeva anche di notte sulle distese marine. Poi divennero costruzioni sempre più elaborate, fino a quelle meraviglie del mondo antico che furono il Faro di Alessandria, prototipo di tutti quelli successivi, e il Colosso di Rodi, quasi un antenato della Statua della Libertà a New York.
Dopo i progressi ottenuti in questo campo dai romani, nel Medio Evo i fari tornarono ad essere semplici torri in cima alle quali veniva mantenuto acceso un fuoco: compito di cui spesso si facevano carico monaci ed eremiti. Continuavano ad essere utilizzati anche i falò costieri per segnalare l’accesso ad un porto. Tutt’altro che infrequenti, però, erano quelli allestiti da individui senza scrupoli in prossimità di scogliere, dove nelle notti di tempesta le navi facilmente facevano naufragio per poi venire saccheggiate.
Probabilmente anche questa piaga, trascinatasi fino all’Ottocento, contribuì a far moltiplicare le torri in muratura soprattutto nei luoghi più remoti e desolati. In effetti il XIX secolo registrò un vero boom dei fari, tanto che risale a quell’epoca la maggior parte di quelli oggi esistenti.
Sempre più luminosi, grazie ai perfezionamenti tecnici apportati dal fisico francese Augustin Fresnel (1788-1827), eretti in posizioni strategiche nei luoghi più inospitali del globo, i fari sono apparsi sempre carichi di forte valenza simbolica, quasi “occhi” luminosi che scrutano le tenebre a rassicurare i naviganti; ed anche indicatori della capacità dell’uomo di dominare le forze avverse della natura. Ciascuno inconfondibile per caratteristiche esteriori, ciascuno con un suo ben preciso segnale luminoso.
Indissolubilmente legata ad essi, almeno fino a un recente passato, era la figura del guardiano: un po’ eremita (non sempre poteva portare con sé la famiglia), doveva essere un tuttofare capace di affrontare la monotonia delle giornate in solitudine e altri considerevoli disagi, specie quando i fari erano ancora alimentati manualmente.
C’erano poi gli imprevisti dovuti ai guasti, alle tempeste che a volte impedivano per giorni e giorni di ricevere i rifornimenti di generi di prima necessità. Da quando però i fari sono stati automatizzati, non è più necessaria la presenza umana; e anche là dove ancora essa è rimasta, la vita del guardiano è diventata certo meno problematica.
Ed oggi? Fatta eccezione per i fari storici, tutelati in quanto monumenti, o per quelli non di proprietà della Marina militare, ritornati in auge come luoghi di vacanze, gli altri conoscono una esistenza precaria e si avviano verso un futuro incerto. Di fari, infatti, bisogna ammetterlo non senza rimpianto, non se ne costruiranno più, oggi che, tramite una rete satellitare, i computer a bordo delle navi consentono di stabilire con grande precisione la propria posizione, rendendo del tutto inutili i vecchi ausili visivi e luminosi. Sì, i grandi fari appartengono a un’epoca ormai passata. Anche per questo li vediamo rivestiti di un fascino che può solo aumentare col tempo.
Per tornare all’ambito letterario, prima e dopo Virginia Woolf una folta schiera di autori, a partire dal Premio Nobel polacco Henryk Sienkiewicz, si è ispirata a queste “sentinelle del mare”. Penso, limitandomi solo ad alcuni dei più recenti, a Simona Soldano di Mare calmo, isolati misteri e alla svedese Camilla Läckberg del Guardiano del faro: romanzi con tutte le carte in regola per mantenere vigile l’attenzione del lettore fino alle ultime rivelazioni. Non per niente – insieme a castelli, cattedrali e abbazie – i fari sono luoghi ideali nei quali ambientare racconti avventurosi, esoterici, mistery e thriller.
È il caso del recente I guardiani del faro della scrittrice britannica Emma Stonex. Edito da Mondadori, si ispira ad una inquietante vicenda legata al faro di Eilean Moor (un’isola delle Ebridi) e alla misteriosa scomparsa, nel dicembre1900, dei suoi tre custodi. Quando la nave adibita al loro periodico rifornimento approdò presso il faro, inspiegabilmente spento, i marinai entrati a controllare trovarono sul tavolo parte dell’ultimo pasto, le lampade ad olio piene ma spente, i letti sfatti, gli orologi fermi alla stessa ora, ma nessuna presenza umana.
Nel romanzo della Stonex, vent’anni dopo la scomparsa dei tre uno scrittore intenzionato a sciogliere quel mistero irrisolto cerca, attraverso il racconto delle vedove, di ricostruire le ultime settimane dei rispettivi uomini, riportando alla luce segreti a lungo custoditi. Suspense assicurata nel dipanarsi di una storia di isolamento e ossessione, al confine tra il reale e l’immaginario.
E per chi non ha la possibilità di viaggiare: Fari, i guardiani del mare di David Ross (ed. Dix). La bellezza multiforme di queste strutture è qui esaltata dalle splendide fotografie di oltre 200 fari di tutto il mondo: funzionanti e in disuso, storici e più recenti, arroccati su isolette o presso porti affollati, in luoghi celebri o in regioni sconosciute del pianeta.