Fare pace è una maratona
La pace non è uno sprint, “fare la pace è una maratona”. Così May el Khalil, fondatrice e presidente di BMA, Beirut Marathon Ass., l’associazione che ogni anno dal 2003 organizza la Maratona di Beirut. La 14° edizione, dal titolo “Correre più a lungo”, si è svolta domenica scorsa in una bella giornata di sole. I numeri della manifestazione di quest’anno hanno stabilito una sorta di guinnes: più di 45 mila iscritti provenienti da 99 Paesi.
Per il piccolo Libano è un evento unico, e lo è ogni anno da 14 anni. Ormai la sua portata va ben oltre il Paese dei Cedri, perchè la maratona di Beirut è ormai in modo evidente “una piattaforma di pace e unità”, come ha affermato la sua fondatrice. Oltre agli atleti, la partecipazione dei cittadini è incredibile: nella “passeggiata” di 7 km (riservata a chi non gareggia), che scorreva senza fine fra le strade del quartiere di Hamra si potevano incontrare maturi manager dell’edilizia e giovani ragazze sciite col velo, signore cristiane con i bambini e disabili in carrozzella. C’era perfino il primo ministro designato, Saad Hariri, e un buon gruppo di militari del contingente di pace dell’UNIFIL: brasiliani, filippini e italiani. Moltissimi i ragazzi e i giovani delle scuole e delle università riconoscibili per i colori e le bandiere. E una marea di associazioni, espressione della variegata società civile libanese. Lungo il percorso, c’era un’animazione e un servizio d’ordine di ottimo livello.
È molto interessante scoprire la storia di questa manifestazione che cresce ogni anno. May Faysal el Khalil, sportiva e “runner” da sempre, è una donna drusa di grande fascino, sposata con un imprenditore anche lui libanese. È madre e nonna. Nel 2001, proprio mentre stava correndo, venne investita da un autobus. Ripresasi dal coma, restò in ospedale per 2 anni e subì 36 interventi chirurgici. Durante questo tempo, e pensando che lei non avrebbe più potuto correre, avvertì il desiderio di creare una manifestazione di pace in cui tante altre persone avrebbero potuto farlo, senza distinzione di sesso, età e appartenenza.Con l’aiuto del marito, iniziò così a dar vita alla BMA. Alla prima edizione del 2003 i partecipanti furono 6 mila.
Nel 2005, subito dopo l’uccisione del primo ministro Hariri (il padre di Saad Hariri) e in un clima rovente e impaurito, per sottolineare l’unità del popolo libanese, nonostante tutto, invitò la gente a partecipare alla maratona senza alcun segno distintivo (di partito o di appartenenza religiosa): furono 60 mila quelli che parteciparono indossando una t-shirt bianca. E nel 2012 la pioggia non è riuscita a scoraggiare ben 33 mila partecipanti. Per il valore del suo impegno sportivo, la signora Khalil ha ricevuto nel 2011 il prestigioso “Laureus world sports for good”.
Edwin Kibet Kiptoo, il vincitore keniota della Maratona di Beirut 2016, segnata quest’anno da una rinnovata fiducia nel Paese dopo l’elezione del Presidente, ha percorso i 42 Km in 2 ore e 13. Il primo libanese è giunto ottavo. Tra le donne, ai primi quattro posti si sono imposte delle atlete etiopi, con Tigist Girma che ha tagliato per prima il traguardo. La prima libanese è giunta quinta. Un ottimo risultato per un Paese come il Libano, che non ha molte possibilità di praticare lo sport.