Fare i conti con la realtà

Dopo le dimissioni di Berlusconi e le manifestazioni di piazza, occorre tornare alla "normalità". Per ricostruire un Paese che sappia andare avanti unito
dimissioni berlusconi

Si è dimesso. Silvio Berlusconi ha lasciato l’incarico di presidente del Consiglio dei ministri. Sabato 12 novembre era il giorno dell’attesa, il Paese tendeva l’orecchio alle notizie che arrivavano da Roma. Ho visto in tv le immagini della piazza, sono tornate negli occhi le contestazioni a Craxi. Solo due leader, nella storia repubblicana, sono usciti di scena in questo modo: quelli più osannati dalle piazze, visti come salvatori della patria, e poi improvvisamente crollati, come se d’un colpo ciò che hanno rappresentato venisse visto con occhi diversi: Craxi e Berlusconi. Attorno a loro, improvvisamente, è cambiato tutto. Non può mutare in un solo giorno, o in poche settimane, il giudizio storico e politico su un leader e su un pezzo di storia del Paese. Non è indice di una democrazia matura e compiuta, capace di dare giudizi sereni.

 

Gli altri leader, gli altri presidenti del Consiglio, sono usciti di scena con maggiore "normalità". Come si conviene ad un Paese normale che ogni tanto – forse troppo spesso – cade nella trappola di un leaderismo esasperato che fa perdere il senso della realtà, la visione reale e normale delle cose, delle persone. E degli eventi. Abbiamo rischiato grosso. Con il “Parlamento dei nominati” abbiamo messo a repentaglio la nostra democrazia. Napolitano ha saputo mantenere con grande rigore la valenza delle istituzioni e del rispetto delle regole democratiche del Paese. Il rispetto della Costituzione: bistrattata, mistificata, non derelitta. Sempre vigente. Per fortuna. Da anni invochiamo le riforme costituzionali, che sarebbero necessarie, ma non le abbiamo mai attuate. Piuttosto, abbiamo dato vita ad una legge di riforma elettorale, che ha via via peggiorato il sistema di indicazione dei propri rappresentanti, aggiungendo l’indicazione di un premier. Eppure il voto diretto, in Italia, non c’è. Non è previsto dalla Costituzione: l’incarico di formare il governo lo conferisce il capo dello Stato, sulla base dei risultati elettorali, ed il governo deve avere la fiducia del Parlamento. Che oggi è il "Parlamento dei nominati".

 

Oggi, con le dimissioni di Berlusconi, torniamo alla normalità. Ora bisogna fare i conti con la realtà, serve rigore ed aderenza alle regole europee. Monti è un economista stimato, il suo nome è apprezzato in Europa, il suo valore incontestato. È anche l’uomo che può tranquillizzare il mondo della finanza e delle banche, che non sono certo esenti da responsabilità nella crisi economica che ha colpito il pianeta. Per scelte errate, speculative. Ora bisogna essere realisti. Lo dobbiamo fare aderendo alle indicazioni della Bce. Monti è l’uomo giusto. Su di lui ci sono mille perplessità, remore, anche giustificate, ma anche mille attese, speranze. La politica è anche tirar fuori il meglio possibile da ciò che hai a disposizione.

 

Le immagini di sabato sera mi hanno fatto male: le comprendo, e non voglio giudicare i singoli. In fondo hanno sventolato qualche bandiera, hanno fatto qualche carosello di auto, hanno fatto il trenino, anziani, giovani e bambini, tutti assieme … niente di male, anzi, ma il sentimento prevalente era la tristezza. Perché un Paese che esulta quando un leader va via non è un Paese normale. Non siamo la Libia. Ci siamo fermati sull’orlo del baratro che ora ci fa rischiare il dissesto economico. La nostra tradizione democratica ci aiuterà a riprendere per mano il Paese reale, allontanando l’ombra del peggio dei partiti. Dobbiamo recuperare coloro che sabato hanno esultato e coloro che oggi si sentono sconfitti. Un Paese normale va avanti unito., con tutte le tessere del "mosaico". Ognuna al suo posto, senza perdere nessuno.

 

C’è qualcosa di più grande dentro di noi che può aiutarci a risollevarci. Non solo economicamente, ma come popolo. Oggi, domani, sul posto di lavoro, saremo quei "cittadini normali" che sapranno costruire, nella fatica quotidiana, il piccolo tassello di storia della loro vita. E della vita di tutti noi. Abbiamo questa forza dentro di noi. L’abbiamo tutti. Vincitori e vinti, esultanti e tristi. Ora dobbiamo andare avanti tutti insieme. Bisogna uscire dai piccoli spazi angusti dell’interesse particolare del proprio partito, del proprio “gruppo di pressione”. Serve un “ravvedimento collettivo” ed il recupero del senso civico dell’appartenenza. Questo è il momento dell’unità. Civile e morale. Poi politica.

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