Fare dell’esistenza un capolavoro
Ribellarsi alla volontà di Dio è ritardare la propria felicità.
La volontà del Padre è fatta dal cristiano di ora in ora: di minuto in minuto. Egli sa che il tempo messo da Dio a sua disposizione è l’attimo presente; mentre nell’assillarsi per un avvenire carico di minacce sta l’angoscia nera dello spirito moderno.
I sacrifici più ardui sono quelli della volontà. La volontà recalcitra. S’annida in ognuno di noi un germe luciferino di potenza, per cui vorremmo portare tutto e tutti al nostro volere, per dominare. Rinunciare alla propria volontà pare un impoverirsi. E invece è il più libero e ardito atto di volontà mettersi a fare la volontà di Dio. Quel che lui vuole, io voglio: ed egli vuole il solo bene. Non rifletto più; non m’affatico più; mi abbandono a lui – mi metto in buone mani – e godo pace. Se io voglio quel che lui vuole, la mia è la volontà di Dio: io voglio divinamente. Mettendomi in pieno nel solco del suo volere, io m’inserisco con gioia, assecondandolo, nel disegno della mia felicità: ché questa egli si propone. Poiché se mi ribello, e pongo intralci, io ricuso e ritardo la mia felicità. Dio poi vince sempre: e a rifiutarmi poi non faccio che perdere il beneficio del mio assenso, mentre non devio il tracciato della mia vita: aggiungo dolore a una operazione che era di gioia. Aggiungo fatica al lavoro, spine alle rose.
Se si lascia far lui, si scopre che il suo disegno non concorda col nostro desiderio, spesso; che la sua sapienza non coincide con la nostra prudenza, per lo più; e il disegno stesso vien fuori piano piano da eventi imprevisti e non desiderati; ma si sviluppa con direzione stupenda: tutto ciò che egli fa o permette porta a soluzioni le quali stanno al nostro bene più sicuramente della nostra veduta corta d’una spanna. Ché egli vede di là dal tempo, e si vale di mezzi e modi che spesso turbano e sorprendono, ma cospirano a fare dell’esistenza un capolavoro. Non bisogna spazientirsi né abbattersi. Viene il momento in cui ci pare di esser gittati alla ventura o abbandonati da cielo e terra: e anche questo disorientamento e questo abbandono rientrano nella trama paterna. A far la volontà divina concorrono sapienza e amore. Chi ama fa la volontà dell’amato. Chi fa la volontà di Dio, si àncora al principio di tutta pace. Rifiutarsi alla volontà di Dio, vuol dire prestarsi a quella degli uomini, la quale, se non è ispirata e retta dalla legge divina, è volontà di tiranni e ladri ed egoisti e gente mutevole: e allora, sì, ci si uccide o sopprimendosi fisicamente o demolendosi spiritualmente.
(Da: La divina avventura, Città Nuova)