Fare Città
Carlo Cellamare - Elèuthera
La città come insieme di immobili da valorizzare e vendere? Oppure bene comune con spazi pubblici che arricchiscono tutti? Se non si vive da estranei, o ridotti a semplici utenti, cresce l’esigenza di partecipare alle decisioni che incidono sulla vita personale e collettiva. Cellamare ci conduce, senza retorica, all’interno di un conflitto urbanistico al centro di Roma, nel Rione Monti, l’antica Suburra, dove il tessuto sociale, fatto di storie e persone reali, è insidiato dalla trasformazione in città‑vetrina composta di luoghi di consumo senza identità. Come la piazzetta a misura di uomo, frequentabile anche da bambini e anziani, che diventa un parcheggio o è invasa da tavolini dell’esercizio commerciale. Il titolo indica la possibilità di una diversa progettazione urbanistica a partire dal vissuto degli abitanti, per recuperare il senso dei luoghi e aprire gli occhi sui beni comuni sotto assedio. Serve l’impegno di reti sociali e di cittadini che si aprono al dialogo, anche faticoso, capace di mettere in crisi politiche urbane consolidate (“il partito del cemento”) per riannodare «il rapporto tra città di pietra e città vivente».