Far soldi per cosa?

La provocatoria domanda del titolo dell’articolo è stata posta dal prof. Benedetto Gui, docente di economia a Padova. Una domanda insolita ma stimolante, dettata dal lungo titolo del simposio: “Felicità e vita civile nell’età della globalizzazione: idee e fatti a partire dall’EdC”. Come ha detto la professoressa Gabriella Baldarelli, del polo scientifico e didattico di Rimini, “tali espressioni rispondono alla sempre più forte richiesta di qualità nell’azienda, nella vita civile, in una società globalizzata”. Quindi un tema di attualità, perché cerca di dare una risposta non solo alle impasse nelle quali la scienza economica sembra essersi cacciata, ma anche alle esigenze di felicità, parola finora estranea al vocabolario dell’economia ma che sta entrandovi di prepotenza, che salgono dalla gente comune, dall’umanità. Il prof. Stefano Zamagni, dell’università di Bologna, pone nella relazione introduttiva le basi teoriche di progetti come quello dell’EdC. La scienza economica è in crisi. Ci si è accorti, per semplificare, che una qualsiasi merce non è semplicemente il prodotto di una combinazione di altre merci, ma anche di relazioni personali e sociali. E tali operatori sono persone con una propria identità, non assimilabile a una merce. Ora, la teoria economica pensava fino a qualche tempo fa di possedere la chiave atta a spiegare ogni movimento e fenomeno sociale ed economico. In questo contesto, ha concluso il prof. Zamagni, “l’EdC è di fronte a una grande sfida: quella di restare un’esperienza di nicchia, oppure di diventare paradigma per il sistema economico nella sua globalità “. Questa sfida richiede una approfondita ricerca economica teorica, accanto al proseguimento dell’esperienza concreta delle imprese di EdC. Far soldi per cosa? Se Zamagni propone di reintegrare l’elemento personale anche nell’economia, Luigino Bruni, professore alla Bicocca di Milano, allarga il discorso, cercando di investigare dalle parti della felicità nell’economia. E scopre che essa funziona appieno solo se si coniuga con la “comunione”, cioè col “vivere insieme” degli operatori economici. In questo contesto l’EdC è ben piazzata per dare qualche risposta alle richieste della società civile. Dunque c’è bisogno di trovare altrove le ragioni di un agire e di un pensare che dia senso al “far soldi”. Ecco quindi il ponte offerto dalla politica, che regola quella “vita civile” proposta dal convegno. Pasquale Ferrara, diplomatico dell’ambasciata italiana presso la Commissione europea e fine cultore di dottrina politica, apre una finestra, analizzando concetti quali comunità e comunione: chi opta per la comunità è per sua natura aperto all’altro. La fraternità è perciò una categoria insieme politica ed economica. Come sempre, viene dato spazio alle concretizzazioni: l’EdC non può e non vuole cantonarsi negli spazi aulici dei circoli accademici. E allora ecco il “Documento di Genova” per una globalizzazione solidale; ecco un accenno alla situazione argentina e all’azione dell’EdC in quel paese; ecco il nascente polo industriale legato alla cittadella di Loppiano; ecco le imprese, attraverso un’indagine svolta nel Triveneto.

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