Fanuel Nuti

Con Fanuel Nuti – Giorni davanti a Dio – 1921-1940 Elena Bono ci dà il primo dei due tomi che compongono il terzo e ultimo volume della trilogia “Uomo e Superuomo” iniziata quasi cinquant’anni fa. In queste 324 pagine non scandite in capitoli e unitarie come un unico capitolo, il protagonista, dal nome non casualmente biblico (= il luogo dove Giacobbe combatté con l’Angelo), fìglio “bastardo” di una prostituta e forse di un suo cliente, spinto poi al matrimonio con lei dalla propria madre, si racconta dopo aver narrato le vicende dei primi due volumi (Come un fiume, come un sogno e Una valigia di cuoio nero), per i primi diciannove anni della sua vita – sappiamo già da un amico, curatore letterario, che morirà a trentasette – da un letto d’ospedale; dove ha finalmente imparato, superando il suo dramma fondamentale e le insidie delle sue stesse non comuni doti di intelligenza e sensibilità, a liberarsi dal “peso intollerabile che è l’uomo per sé stesso, se non si lascia abitare da Dio”; e a trascendere, in Cristo sofferente, “l’orrore del mondo”. Ma il fortissimo impianto religioso del libro è tutto nascosto, di religione non si parla quasi mai, se non quando la sua urgenza riappare, carsicamente, in una ventina di esplicite asseverazioni, o conclusioni, o commenti, brevissimi, precisi, di fulminante pertinenza (che sarebbe molto piaciuta a Gadda). Fanuel, come gli dirà alla fine di queste pagine una sua rude e perspicace compagna di classe, è un poeta per sua disgrazia, “aristocratico ” ma “disperato e scalognato” coltivatore di tormenti e di sogni. Non è che nella sua infanzia e adolescenza e prima giovinezza succeda chissà che. Ma succede con una nitidezza e un’imminenza di aldilà che quasi mozzano il fiato, e il lettore non inerte si chiede come mai personaggi di lungo campo o di brevissima apparizione, scenari persistenti o particolari fuggevoli, abbiano la stessa e definitiva importanza, la stessa aria di eternità. È che l’arte di Elena Bono, davvero profondamente cristiana (“Io credo nella Parola”, mi ha scritto), non concede e non nega nulla (bisogna trovarle ascendenti solo in Manzoni e, salve le rispettive originalità, in Gadda); appare, se la si considera da opposte unilateralità (naturalismo, decadentismo) spietata o, al contrario, troppo oltrepassante; mentre invece ha, del realismo cristiano, il senso inderogabile dell’attenzione alla salvezza o perdizione di ogni cosa, tempo, luogo; e per sempre. Adesso che si rivede “tra due abissi: disperazione e presunzione di giustificarmi “, Fanuel confessa: “Io non potrei discendere all’inferno della memoria e risalirne senza aggrapparmi allo sguardo infinito di Tuo Figlio “; perché sa, dice, “la parte che ho io nel suo grondare sangue senza fine”. Siamo ad altezze dostoevskiane, e infatti di questa stoffa sono maggiori personaggi con le pagine che riempiono, il contadino Valente (parente occidentale di alcuni subli mi servi della gleba dostoevskiani e tolstoiani) e la nonna paterna, l’umi1e che lo ama, l’unica per Fanuel, in luce d’eternità; alla pari del contadino “ignorante e sapiente” che gli fa scoprire la “cancrena” del voltarsi indietro a scavare le proprie ferite. Ora Fanuel sa, capisce: “Non avevo imparato a contare i miei giorni, che non consiste nel trovare buone ragioni per ogni fatto e finir quindi per assolversi e assolvere tutto, ma nel vedere e giudicare ciascuna azione alla luce di Dio”. Capisce che ha subìto molto male, e ne ha anche fatto, e proprio quando l’errore sembrava più lieve ed evanescente, e invece incrostava, dice, “la mia diffidenza ormai insanabile verso gli altri e me stesso”. Ma ecco la redenzione: appunto nello scorgere, sovrapposto a qualsiasi volto ripugnante (anche il proprio), quello che salva: “(…) quella sua faccia urlante altro non è che l’orrore del mondo e se non fosse che a poco a poco gli si sovrappone il volto di Tuo Figlio e mi manda il suo sguardo di tra i capelli raggrumati, anch’io sarei soltanto un urlo disperato”. Penso alle grandi manovre, che si vanno compiendo, dei premi letterari, mentre la maggiore scrittrice italiana vivente pubblica con un piccolo coraggioso editore di Recco (Genova). Ma è qui, non là, la grande letteratura. E. Bono, Fanuel Nuti – Giorni davanti a Dio – 1921-40, Le Mani, €15.

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