Fantasie russe
Ogni tanto fa bene entrare nell’universo musicale russo. Distende e accende nello stesso tempo. Se poi il programma prevede il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov, La sagra della primavera di Stravinskij e il Concerto per orchestra del contemporaneo Rodion Šcˇedrin, allora il viaggio è completo.
All’Accademia romana di Santa Cecilia, dirige Valery Gergiev, icona della scuola direttoriale russa, bacchetta minuscola fremente a dare slancio all’orchestra che lo ama, soffice nell’accompagnare il giovane coreano Seong-Jin Cho. Minuto, gentile, suona in modo stupefacente Rachmaninov, quel concerto “tardoromantico” che snoda fra il tremolo degli archi un tema incisivo e bello, tra dissolvenze e malinconie.
Cho suona nitidamente, tecnica perfetta e – questa è la cosa migliore – anima giusta, sensibile. Non fa spettacolo, anche se nel 2015 ha vinto il premio Chopin. Gergiev, quanto è stato trasparente con Rachmaninov, tanto è scatenato con Stravinskij nella sua onda barbarica, da aurore boreali a squassi tellurici: l’uragano della creazione.
L’orchestra è magistrale pure con la musica di Šcˇedrin, dispettosa, grottesca e piccante. Pubblico conquistato (giovani e famiglie).