Famiglia: che forza!

Se non ci fosse bisognerebbe inventarla. L’Italia, la crisi e noi.
Famiglie

Che mondo sarebbe senza famiglia? Ne sa qualcosa l’Italia. La famiglia, sebbene sottoposta a crisi e tensioni di ogni tipo, continua ad essere l’unico fattore di coesione sociale. L’Italia regge, non ce ne voglia Tremonti, non per la sua legge di stabilità «pianto e stridore di denti», ma perché la famiglia resta il principale ammortizzatore sociale.

 

«Ma quanto a lungo la famiglia avrà la capacità di attenuare gli shock negativi?». Se lo chiede la Banca d’Italia in un recente studio che dimostra come la crisi sul mercato del lavoro sia stata parzialmente ammortizzata dalla famiglia. E anche noi non dormiamo sonni tranquilli e abbiamo qualche domanda da porci. «La caduta dell’occupazione – spiega la Banca d’Italia – ha riguardato prevalentemente i lavoratori atipici (contratti a termine e collaboratori) e si è manifestata soprattutto attraverso una contrazione delle assunzioni piuttosto che in un aumento dei licenziamenti».

 

La logica conseguenza è evidente. I giovani che sono alla ricerca di lavoro non ne trovano. E se i nostri figli non lavorano, trovano rifugio in casa anche a costo di grandi sacrifici per tutto il nucleo familiare. Il tasso di disoccupazione supera il 26 per cento e «se i giovani non si ribellano – scrive Ilvo Diamanti su La Repubblica –, pur navigando a vista, tra disoccupazione e precarietà, affrontando cicli scolastici e universitari dagli sbocchi sempre più incerti, è perché la famiglia li protegge». Il merito, si sa, da noi funziona poco, perché il nostro è un «Paese di compaesani» e il lavoro viene ricercato dai giovani, nel 40 per cento dei casi, tramite l’aiutino di parenti, familiari e affini. Una delle poche agenzie di “cacciatori di teste” che ha ancora pallottole da sparare.

 

Lo stesso vale per il mito della casa. Le case si trasmettono di generazione in generazione, nei secoli dei secoli. E cosissìa. È così da che mondo è mondo. La nostra è una società, «per questo, “stabile” – scrive ancora Diamanti – , quasi immobile, anzi: immobiliare». Con i suoi annessi e connessi: 26 milioni di abitazioni, una cementificazione selvaggia, deturpazione del territorio, ma anche legami sociali. I figli, quando lasciano il nido, nella stragrande maggioranza cercano e trovano casa a poche centinaia di metri dalla famiglia originaria creando una rete di relazione con ricadute positive sull’intera società. Creando quelle “famiglie grappolo” di cui parlano i sociologi.

 

In rete vanno il babysitteraggio dei bambini ad opera dei nonni, l’assistenza agli anziani ad opera dei figli. E tutte le necessità legate a scambi e aiuti di ogni tipo. Si riduce anche il potere d’acquisto per la crisi economica e «nella notte più oscura brillano le stelle»: la famiglia, che per il 90 per cento è considerata dagli italiani il punto di riferimento più affidabile.

Ma se già così è, tanto vale investire sulla famiglia per i valori aggiunti, materiali e immateriali, che apporta alla società intera? Manco per sogno. La miopia sfiora la cecità e al di là dei proclami, molto utili nelle campagne elettorali, la politica e le politiche fanno poco o niente. Le “buone pratiche” in Italia vengono dai piccoli, comuni virtuosi, amministratori locali, province, reti di associazioni di famiglie che collaborano con il settore pubblico e privato. Tra gli esempi virtuosi, tanto per farne alcuni, la provincia di Bolzano con il suo tagesmutter, un servizio a supporto della genitorialità che prevede fino a sei bambini accuditi dalle mamme nelle proprie case, invece che negli asili, in collaborazione con cooperative per garantire la professionalità.

 

L’iniziativa “anziani in affido” arriva dalla Sicilia e il servizio prevede anziani soli presi in carico da famiglie in difficoltà economiche. Molte sono le municipalità virtuose. Da Castelnuovo del Garda con “un piano integrato” di cento progetti, a Parma, Trento, Cuneo, Montebelluna, Roma con soluzioni innovative che comportano la partecipazione di famiglie come attori e controllori delle iniziative.

E nonostante la Conferenza sulla famiglia, tenutasi a Milano, sia stata positiva perché le istituzioni, il terzo settore, le parti sociali, il mondo dell’impresa ormai condividono l’obiettivo di mettere la famiglia al centro delle politiche sociali, molti sono i passi concreti da fare. A partire dall’equità economica, applicando il “Fattore famiglia” di cui si è parlato nel n. 20/2010 di Città Nuova, agevolazioni per la casa da destinare a giovani coppie, servizi per la prima infanzia, attivazione dello “sportello unico” della famiglia, micro-credito per le famiglie che intendono avviare attività imprenditoriali, sostegno delle famiglie immigrate. E così via. Da fare ce n’è.

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