Fame nervosa, come affrontarla?

Come avere un sano rapporto col cibo. L’emotional eating, comunemente noto anche con l’espressione di “fame nervosa" può in alcuni casi cronicizzarsi e diventare la principale strategia di gestione delle emozioni. Occorre sviluppare un atteggiamento aperto e amorevole verso noi stessi
Fame nervosa Foto di Rolf Hassel da Pixabay

Già dalle prime ore di vita, quando il/la bambino/a cerca e ed ottiene nutrimento, si crea uno stretto legame tra cibo ed emozioni. L’atto della suzione genera piacere, calma e spesso favorisce il sonno. Anche successivamente, nel corso della vita, l’atto del mangiare non ha solo la funzione di nutrire il corpo e fornire il fabbisogno energetico, ma assume diversi significati, coinvolgendo pienamente la dimensione emotiva e spesso anche quella relazionale.

Grazie alla sua valenza emotiva, il cibo può essere veicolo per creare o consolidare rapporti.  Condividere un pasto permette alle persone di conoscersi, di fare insieme un’esperienza che è al tempo stesso sensoriale e relazionale, di assaporare un momento piacevole e conviviale.

Il cibo, poi, può assumere un’altra funzione, che è quella di dare sollievo nei momenti di disagio emotivo, di placare l’ansia, o sentimenti di tristezza, solitudine o frustrazione. Questo non è di per sé qualcosa di negativo o problematico, ma può diventarlo quando si trasforma in una via di fuga per non guardare e quindi non affrontare i propri stati d’animo.

L’emotional eating, comunemente noto anche con l’espressione di “fame nervosa” può in alcuni casi cronicizzarsi e diventare la principale strategia di gestione delle emozioni. La persona tende dunque a mangiare in eccesso e/o fuori orario, non per il bisogno di nutrirsi (fame corporea) ma per difendersi dal disagio psicologico e “spegnere” le proprie emozioni negative.

I cibi che vengono prediletti solitamente durante questi episodi di “fame nervosa” sono spesso molto palatabili (cioè particolarmente gradevoli al palato) e ipercalorici, in quanto più legati al circuito del piacere, e quindi capaci di agire, seppure a breve termine, sulla sfera psichica.

Chi mette in atto l’emotional eating spesso non è consapevole di questo meccanismo in quanto vi è proprio una difficoltà ad auto-osservarsi ed a notare cosa sta accadendo nel proprio mondo interiore.

Spesso si crea un circolo vizioso, per cui, l’aver mangiato in eccesso o l’aver consumato cibi “spazzatura” genera sentimenti di colpa e di vergogna, e giudizi negativi verso se stessi. Tutto ciò può diventare a sua volta un fattore che scatena nuovi episodi.

Come affrontare l’emotional eating?

La prima arma è la consapevolezza. Quando ci capita di aprire la dispensa in cerca di qualcosa di buono da sgranocchiare, proviamo a chiederci:  “Ho veramente fame? O sono stanco, stressato, nervoso, triste?”  Se il bisogno che ci sta spingendo verso il cibo è di tipo emotivo, fermiamoci un attimo, premiamo il tasto “Pausa”.

E proviamo a metterci in ascolto del corpo e della mente. Osserviamo le sensazioni e le emozioni che si manifestano, e cerchiamo di accettarne la presenza. Certamente non è facile, perché una parte di noi vorrebbe liberarsi subito del nostro dolore psicologico e preme per farlo.

La mindfulness rappresenta una risorsa particolarmente utile in queste situazioni. Attraverso di essa, infatti, impariamo a prestare attenzione al presente e alle nostre esperienze interiori, ai pensieri, alle emozioni e alle sensazioni fisiche che si presentano in noi, senza giudicarli.

Quando siamo disponibili a questo “ascolto interiore” diventiamo più capaci di trovare la strada migliore per affrontare ciò che ci disturba. Forse abbiamo bisogno di una passeggiata o di una corsa? Di chiarire un’incomprensione lasciata in sospeso? Di cantare sotto la doccia o di meditare?

Non sempre la consapevolezza delle nostre emozioni in un dato momento ci aiuta a bloccare un episodio di emotional eating, ma lo rende certamente meno automatico ed impulsivo, dandoci così un maggiore controllo delle nostre azioni.

A volte possiamo decidere consapevolmente di concederci uno spuntino che possa “tirarci su” in un momento per noi difficile. In questo caso, è importante mangiare lentamente, masticare bene il cibo, notandone il sapore e la consistenza, prestando attenzione alle sensazioni di fame e sazietà, così importanti per guidare i nostri comportamenti alimentari e per dirci quando è il momento di fermarsi.

Una pratica molto utile in tal senso è quella che prende il nome di “mindful eating“. Si tratta di prestare attenzione a tutte le sensazioni, visive, tattili, gustative, propriocettive (cioè le sensazioni interne del proprio corpo)che proviamo quando ci accostiamo al cibo. In questo modo impariamo ad essere pienamente presenti mentre mangiamo.

Un altro suggerimento importante, a tal proposito, è quello di non mangiare davanti ai dispositivi elettronici (smartphone e TV) o mentre siamo impegnati in altre attività (incluso lo smart working) perché questo ci porta facilmente a mangiare in modo automatico, perdendo contatto con le sensazioni corporee, e quindi a mangiare in eccesso.

Un atteggiamento aperto e amorevole verso noi stessi e la capacità di accettare le nostre emozioni è dunque la chiave per avere un sano e piacevole rapporto col cibo.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons